Ci sono anni Novanta e anni Novanta. Fuori dai riflettori del rock alternativo o mainstream si sono sviluppate proprio in quel periodo feconde, estreme e irriducibili nicchie di musica “post” industrial. Ad esempio, gli Mz.412 sono stati un progetto seminale che è riuscito a coniugare l’estetica e lo spirito vero di un certo black metal scandinavo con l’industrial noise più abrasivo, non disdegnando paesaggi dark-ambient e incursioni marziali. Immaginatevi un perverso connubio tra Throbbing Gristle e Mayhem. Sotto l’ala della leggendaria label svedese Cold Meat Industrial, il trio formato da Henrik “Nordvargr” Björkk, Jonas “Drakhon” Aneheim e Jouni “Ulvtharm” Ollila realizzò dischi di culto come “In Nomine Dei Nostri Satanas Luciferi Excelsi” (1995) e “Burning The Temple Of God” (1996), solo per citare i più famosi e importanti.
Oggi, dopo ben tredici anni, la corazzata degli Mz.412 torna con un nuovo album, confermando il loro dominio incontrastato come maestri oscuri del black industrial, genere creato da loro stessi. “Svartmyrkr” esce per la label inglese Cold Spring ed è un disco ispirato al regno di Hel, uno dei nove mondi della cosmologia mitologica scandinava, dimora dei morti indegni di sedere affianco ad Odino nel Valhalla.
Helheim è anche il luogo più basso e tenebroso della mitologia norrena, tanto che “Svartmyrkr” in svedese arcaico significa proprio “oscurità nera”. L’ethos e lo spirito rimangono quelli di sempre e l’album mette in scena un po’ tutti gli elementi classici del progetto svedese: dalle deflagrazioni rumoriste di stampo death industrial di “Öppna Hegrind” all’incedere marziale del singolo “Ulvens Broder”, passando le granulosità rumoriste di “Codex Mendacium”.
Allo stesso tempo, “Svartmyrkr” non rinuncia a far evolvere il suono dei Nostri. In questo senso, il brano atmosferico e melodico “Burn Your Temples, True Change” sorprenderà non poco i fan hardcore dei Mz.412. Tutto sommato, anche qui ci non si discosta moltissimo da certe atmosfere dungeon synth del primo Mortiis, quello che usciva proprio su Cold Meat Industry nei primi anni Novanta, qui però sporcato da un drone ambient alla Lustmørd.
Altro episodio importante dell’album è l’enfatica e programmatica “We Are Eternal” che monta inesorabile in un tripudio percussivo infernale, attraverso una visione del tempo ciclica propria di un uroboro, un serpente che si morde la coda. In vari punti si sente l’influenza di progetti come In Slaughter Natives o dello stesso Nordvargr: è il caso dell’apocalittico finale di “Lokastafr Ablaze With The Thorns Of Death” che si avvale anche della chitarra del norvegese Kristoffer Oustad.
Da segnalare anche l’ottimo artwork dell’album realizzato da Axel Torvenius, un apprezzabile omaggio al classico film “The Wicker Man” ma anche un’immagine che rimanda ai giganti della mitologia nordica, tra cui vi era anche la gigantessa Angrboða, madre della dea della morte Hel. Gli Mz.412 sono tornati con un album valido e capace oggi di confermare lo status di cult band seminale, progetto essenziale per capire cosa è successo dagli anni Novanta ad oggi nell’ambito della musica post-industrial sotterranea, non soltanto svedese. Gruppi come Mz.412 hanno avuto infatti un’importanza notevole anche per l'immaginario di artisti italiani come Runes Order e Atrax Morgue.
La stessa Cold Meat Industry oggi è più viva che mai, dato che Roger Karmanik ha riesumato la label e sono già in programma nuove uscite a firma Brighter Death Now. Due album classici di Raison d'être ("Prospectus" e "Enthralled By The Wind Of Loneliness") sono stati ristampati per la prima volta in vinile dall'italiana Old Europa Cafe e nel 2018 Deutsch Nepal ha realizzato un ottimo disco assieme ai russi Reutoff.
Non c’è che dire, la scena industrial svedese emersa nei Novanta continua a fare scuola e molti progetti recenti, come ad esempio Trepaneringsritualen e Alvar, stanno creando interessanti ponti tra passato e futuro. In quest'ottica, il ritorno dei Mz.412 fa veramente ben sperare.
07/03/2019