La ragione sociale prescelta lascerebbe presagire sciagure imminenti, e anche diversi titoli disseminati lungo lo sviluppo dell’album non richiamano certo lo slogan “andrà tutto bene” tanto in voga in tempi recenti. Quello che incrociamo nell’esordio dei Dead Visions è piuttosto un maledettismo che si posiziona a metà strada fra il gitano à-la Willy DeVille e il sex-and-drugs-and-rock’n’roll di tipetti come Stooges (“Dust”) o Gun Club (“To Love Who Burns”), spinto fino in prossimità dei Doors (“Boys & Girls”) e dei Clash/Libertines (“Death Knocks On My Door”).
Ma gli elementi stilistici non sono gli unici aspetti interessanti dentro “A Sea Of Troubles”: sfogliando le note di copertina scopriamo che il disco è stato registrato, interamente in presa diretta, presso gli studi di Alberto Ferrari dei Verdena. La produzione è stata invece affidata a Iacopo Bigagli, che in passato è stato dietro il banco di regia per band come Soft Moon e Dirty Fences. Il cantante è Francesco Mandelli, noto anche come attore, sceneggiatore, regista, scrittore e conduttore televisivo. Il resto della line-up, due chitarre, basso e batteria, è composta da esperti musicisti dell’area toscana.
“A Sea Of Troubles” è un disco garage-rock suonato con attitudine punk, un album che scorre veloce, di quelli che non annoiano, grazie al minutaggio contenuto delle dieci tracce contenute, quasi tutte entro i tre minuti. Dentro ci sono le ferite della quotidianità e la polvere delle sale prova, la moquette che odora di birra e i chilometri macinati per il prossimo concerto, l’amore per la musica e le ansie che ci imprigionano.
Un consiglio su dove partire? Provate con la “Dead Visions” che dà il nome al gruppo, una rincorsa a perdifiato che si chiude in meno di due minuti, lasciando il desiderio di ricominciare tutto da capo.
04/06/2020