Era da tempo che attendevamo un album così da Julia Steiner e David Sagan - il vero compimento del loro percorso artistico, che coniuga immediatezza, potenza e raffinatezza di scrittura e arrangiamento. Nonostante il talento della band di Chicago, sembrava quasi avessero perso il treno del revival anni 90 di questi anni, non abbastanza accattivanti, non abbastanza diversi.
E invece "Printer's Devil" denuncia la necessità di professionalità e passione indipendentemente dal genere di riferimento, di una crescita artistica che si noti anche nella ricchezza degli arrangiamenti e del suono. Così scompare anche la nostalgia per un pezzo irresistibile come "Charlie Bernstein", sulla scia dell'esemplare guitarwriting di questo disco ("Victorian Slumhouse"), che sa dosare dinamismo e melodia e accontentare il suo pubblico con non pochi riffoni d'annata, che quasi sconfinano nell'assolo ("I Go Out At Night", la radiofonica "Anj").
L'impronta generale si discosta dalla quasi timida e abbozzata sovrapposizione tra il cantautorato di Julia e gli arrangiamenti guitar-rock anni 90 dei primi dischi, per approdare a uno stile più organico - dall'impatto martellante nei primi due brani - che ricorda i primi Foo Fighters ("Alien With A Sleep Mask On", "Look To").
A uno stile full-band più definito fa eco anche un repertorio stilistico e di registro ben più completo che in passato, con l'orecchiabile pop travestito da alt-country di "My Hands Grow" e "Listening" a fare da padrone.
In generale, un album di altissima qualità media, che proietta i Ratboys nel panorama delle grandi band rock contemporanee.
05/03/2020