È dato certo che i Subsonica fossero una band storicamente avvezza a curare, in modo molto preciso e raffinato, il sound delle loro produzioni. Molto meno scontato pensare che il gruppo torinese potesse arrivare, in un tetro periodo dell'apocalittica fase di lockdown, alla pubblicazione ufficiale di un intero album completamente strumentale. Il titolo è efficace: "Mentale strumentale", per ora edito solo sulle piattaforme digitali e non su supporto fisico.
Ancor prima di analizzare gli avvenimenti che hanno portato alla realizzazione di questo stuzzicante lavoro, è giusto premettere la decisione di devolvere tutte le royalties del disco a sostegno della Fondazione Caterina Farassino, impegnata con il progetto "Respira Torino" a supportare gli ospedali di Torino e Asti, mediante la fornitura di dispositivi utili a gestire al meglio l'emergenza sanitaria.
Le peculiarità di questo progetto sono considerevoli. In un excursus a ritroso nel tempo, torna alla mente che gli esordi dei Subsonica, fatti di serate nei club e nei locali più di tendenza della città sabauda, erano costituiti da affollati e seguitissimi set prettamente strumentali costruiti su ampie sperimentazioni. Il passaggio allo schema "canzone", con l'importante riscontro del primo omonimo album, ha giustamente proiettato il progetto verso direzioni di quel tipo, con estremo e oggettivo successo.
"Mentale strumentale" è stato (davvero) realizzato nel lontano 2004, in seguito alla pubblicazione dell'altalenante "Amorematico", datato 2002 e del materiale live relativo al tour che lo ha accompagnato ("Controllo del livello di rombo", 2003) e fatto invecchiare in una barrique per sedici lunghi anni.
I Subsonica presentarono il coraggioso progetto "Mentale strumentale" alla Mescal, la casa discografica che fin dagli esordi li aveva sotto contratto e con la quale, dopo gli strepitosi risultati di vendite dei dischi pubblicati, i rapporti erano divenuti tesi. L'etichetta monferrina, capitanata da Valerio Soave, reputò la proposta non commerciabile ("cit.: disco di soli rumori") e la rifiutò categoricamente, acuendo il già traballante rapporto tra le parti, conclusosi inevitabilmente poco dopo. La band restò particolarmente delusa perché convinta di avere in mano un prodotto sperimentale, certamente inconsueto, ma di qualità superiore e coerente con il palmares.
Il gruppo, dopo i fasti dei dischi precedenti, sentiva la necessità di andare oltre e di staccarsi dai propri canoni. L'estro e la genialità, un po' schiacciati dalle logiche commerciali, dovevano finalmente emergere in modo incontrastato e non convenzionale, un po' riprendendo ciò che stava succedendo in quegli anni nel panorama musicale circostante, dove progetti certamente poco immediati come quelli di Notwist, Boards Of Canada, Aphex Twin e soprattutto Radiohead stavano ricevendo molti più consensi del previsto.
Ecco che l'idea di "pensare" un disco come un lavoro collettivo senza barriere e senza schemi o preconcetti divenne il filo conduttore del progetto.
Un tentativo di proporre brani puramente strumentali, o poco più, era apparso già nei titoli "Atmosferico I, II, III e IV" inseriti proprio nel disco precedente "Amorematico", probabilmente embrionale viatico all'idea di valicare i canonici schemi. In circa due settimane di lavoro il disco vide la luce. Boosta, Max Casacci, Samuel, Vicio e il Ninja registrarono e pensarono come autentico organico e non come classico gruppo con ruoli distinti e circoscritti.
La band effettuò sessioni di effettiva sperimentazione, nei famosi studi "CasaSonica" di Piazza Vittorio, dove tutti i membri, gasati ed eccitati per la pianificazione in corso (con l'ausilio dei fidatissimi Ale Bavo in veste di assistente di produzione e Gianni Condina come tecnico), si impegnarono a suonare strumenti non propriamente identificativi del proprio ruolo: Boosta alle chitarre e tutti gli altri componenti indaffarati alle tastiere e synth di ogni tipo, cablati in modo analogico e con pochissimo uso di batteria. Una sontuosa jam-session cosmica.
Il disco è inaspettatamente affascinante e variopinto. Una passeggiata nei meandri siderali dello spazio e dell'infinito.
Si parte con la fase di lancio della navicella e quindi "Decollo - Voce Off" apre l'itinerario con una sognante e fluttuante trama elettronica, dove una voce robotica indica l'imminente fase di partenza per sfociare in un vigoroso grind-industrial a caratterizzare l'esplosività del decollo dal cosmodromo. Interessante il quieto inserto ambient che fa strada alla deflagrazione indiavolata del finale.
Di tutti i brani sono stati realizzati specifici progetti visivi, definiti dal gruppo "visual autogenerativi" che dall'immagine di copertina si tramutano in veri e propri strumenti di navigazione spaziale.
Suoni primordiali e rarefatti, misti a vocalizzi stranianti di Samuel, conducono a "Cullati dalla tempesta", dove una chitarra dilatata incornicia raggelanti suoni sintetizzati attorno a un ritmo percussivo ancestrale. Decisamente più soft si presenta l'apprensiva "Artide 3 A.M.", dove basso e chitarra reggono in modo sommesso e liquefatto inserimenti elettronici di matrice kraut.
L'ipnotica e inquieta "A Nord di ogni lontananza" fa avanzare il viaggio galattico su suoni di basso corposo che delineano trame di puro space-synth, approdanti su un perfetto intreccio bass-guitar. Una chitarra classica annuncia e pilota "Detriti nello spazio", brano in puro stile Air d'annata, ove risultano evidenti i riferimenti alle celebri sonorizzazioni di Brian Eno. In questo brano si percepisce la presenza di accordi utilizzati in seguito ("Coriandoli a Natale", 2006).
Ancor più irreale e visionario è il viaggio di "A di Addio". Tornano alla luce alcuni stralci cari al Battiato sperimentatore del periodo "Clic"/"Sulle corde di Aries", impreziosite dall'incorporea voce di Madame Mystere, che sembra provenire da galassie limitrofe.
Si ritorna su sound più ossessivi e penetranti in "Tempesta solare", dove la turbata congiunzione di suoni industriali, ad andamento disgiunto, ipnotizza sospiri ambient affogati nel nucleo cosmico.
"Delitto sulla Luna" è come un noir vintage con scena del delitto ambientata nell'oscurità della parte invisibile e sinistra del nostro misterioso satellite. Un lugubre incipit percussivo lascia spazio a elettroniche cangianti su chiaroscuri stilistici.
Un po' troppo slegato, invece, il diradato puzzle "Strumentale", dove alcune gustose idee appaiono incastrate in modo meno omogeneo.
L'itinerario spaziale si chiude con il "Rientro in atmosfera", notoriamente momento di suspense, magistralmente raffigurato nelle appuntite trame synth, a tratti noise, alternate in un flusso denso e armonico che riporta i passeggeri a toccare il suolo terrestre al termine dell'impegnativo percorso.
"Mentale strumentale" è un disco a tratti frammentario ma di sorprendente attrattiva, pubblicato con saggezza in un momento storico dove la riflessione e il raccoglimento interiore hanno raggiunto vertici massimi. Un disco che appare quindi molto attuale, seppur registrato ad inizio secolo. Fortunatamente la band ha evitato di danneggiarlo inserendone o incastrandone dei frammenti nei dischi successivi, fatto che avrebbe svilito la compattezza del progetto, anche se è indubbio che il repertorio pubblicato successivamente alla stesura di questi brani assume ora un significato più comprensibile. L'entropia che contraddistinse il discusso "Terrestre", edito nel 2005, è stata certamente concepita sulla forte esperienza vissuta per la realizzazione di questo particolarissimo e speriamo non isolato progetto sperimentale. Che il viaggio mentale possa cavalcare quello strumentale.
05/06/2020