Lungo le sedici tracce, Clark esplora in profondità il concetto dell'infanzia, dell'innocenza perduta, giocando metaforicamente con rappresentazioni fantastiche e mitologiche che gareggiano sulle gravi condizioni ambientali nelle quali è versato il pianeta, soggetto che in più di un'occasione ha manifestato essere una sua grande angustia. Al contrario di ciò che si potrebbe ipotizzare, Clark si è accinto a tali argomenti sfumando la cupezza di elementi ambient, modern classical e pura elettronica con dilatate divagazioni melodiche, ispirate dagli studi compiuti da Scott Walker circa la fusione di blocchi orchestrali, sintetizzatori e rumori ambientali, come dall'esotismo quasi religioso dei Popol Vuh e dal misticismo cosmico dei Tangerine Dream.
Per la realizzazione del disco, il musicista di St. Albans ha radunato una nutrita schiera di collaboratori di spicco, solo per citarne alcuni: il violoncellista Oliver Coates, Chris Taylor e il suo clarinetto (Grizzly Bear), il puntuale violino di Rakhi Singh dei Manchester Collective e le voci di Kieran Brunt, Afrodeutsche, alle quali si è unita quella del dodicenne Nathaniel Timoney, timbro vocale perfetto per gli interventi volti a descrivere scenari di rassegnazione nell'osservare il più bel parco giochi esistente - il nostro mondo - annegato dall'insipienza dell'essere umano, evocativa figurazione perfettamente riassunta nell'immagine di copertina.
Brani come "Lovelock" - affrescata dal solenne violoncello di Coates - "Citrus" e "Lambent Rag" conservano uno stampo neoclassico, sul quale compaiono sottili elementi d'elettronica in sottofondo, mentre in sequenze quali "More Islands", "Already Ghosts" e "Aura Nera" emerge la celebre essenza dell'elettronica tipica di Clark, costruita su riverberi e sintetizzatori analogici.
"Small" si staglia invece dal novero per l'intensità regalata dalle voci di Nathaniel Timoney e Kieran Brunt, sulle quali gelide note di sintetizzatore tratteggiano oscure visioni, perfetta introduzione alle ectoplasmatiche angolature esposte in "Disguised Foundation" e alle inquietanti sfumature sintetiche di "Earth Systems", laddove la mostruosa distopia di "Shut You Down" cede poi il timone a "Life Outro", occupata a chiudere in modo epico i battenti.
L'elemento chiave è l'abilità di Clark nel curare gli arrangiamenti in ogni minuzioso particolare; i pezzi cambiano spesso direzione, agevolando un metodo narrativo decisamente sperimentale, dedicato agli amanti dell'emotività più genuina e della commistione più tentacolare tra l'elettronica e la modern classical. "Playground In A Lake" offre quindi contesti straordinari comandati da un veterano del settore, che dimostra per l'ennesima volta quanto su di lui si possa sempre fare affidamento per non assecondare l'ordinario.
(01/04/2021)