La triste esperienza del lockdown è stata senz'altro un trauma da tanti punti di vista. Questo non poteva che ripercuotersi sulla vita di tutti noi e su quella degli artisti. Non penso sia esagerato dire che praticamente ogni disco dell'ultimo anno e mezzo sia figlio diretto o indiretto di questa esperienza. Una leggenda del rock e del noise come Lee Ranaldo (Sonic Youth, Glenn Branca) non fa eccezione e ci regala un nuovo Ep ideato e registrato proprio durante il lockdown del 2020, in un sera di settembre nella sua casa a New York.
"In Virus Times" - fondamentalmente una suite di ventidue minuti divisa in quattro parti - è una sorta di intimo diario personale acustico fatto di solitudine e sensazione di incertezza. Ranaldo fa suonare gli accordi abbandonandoli a se stessi, lasciando più spazio possibile all'improvvisazione. Emergono brevi arpeggi che danno l'impressione di non essere portati a conclusione, ma lasciati lì, in attesa che la mente trovi la forza di riprenderli in tempi migliori per completarli in ogni loro parte. È come se Ranaldo fosse cosciente che la mente di un artista costretta all'isolamento non possa completare e dare forma compiuta alle proprie idee.
"In Virus Times", trasmette le sensazioni negative della pandemia senza rabbia e senza pretendere di avere una (falsa) verità da urlare all'ascoltatore. La voce di Ranaldo di conseguenza scompare per trasformarsi in fischio occasionale, le note di chitarra dipingono colori sfuocati come un quadro impressionista che deforma una realtà incomprensibile e indescrivibile.
C'è forse qualcosa del primitivismo del John Fahey di "Fare Forward Voyagers" (1973), con le corde basse che vibrano come se stessero parlando, senza la tecnica maniacale di Fahey ma con sonorità a volte accostabili, seppur in un contesto decisamente più minimale.
22/11/2021