Non è di certo recente la fascinazione per i sintetizzatori da parte delle
Mansfield.TYA, esperto duo di Nantes attivo ormai da quasi due decenni. Questa però è forse la prima volta che Julia Lanoë e Carla Pallone sfruttano al massimo le potenzialità dello strumento, rendendolo il punto focale della propria esplorazione estetica e sonora. Se quindi un album quale “Corpo inferno” ibridava la peculiare forma-
chanson del binomio alla luce di bordate sintetiche e spunti industriali, in “Monument ordinaire” la conversione può dirsi pressoché compiuta, a favore di un suono cupo, ossessivo, a tinte gotiche, che non sacrifica la dimensione pop di partenza, caso mai la convoglia in ambientazioni diverse, tanto fosche quanto audaci, nell'avanzare ipotesi danzerecce e nel complimentare le abilità strumentali della coppia, a suo agio anche in un contesto pulsante, più spedito. Nel già affollato scenario synth-pop francese, questa è un'aggiunta di assoluto valore.
Un singolo come “Auf Wiedersehen”, accompagnato da un suggestivo
clip medieval-fantasy in salsa
queer che complimenta perfettamente la canzone, non potrebbe rappresentare una migliore cartina al tornasole per certificare la trasformazione del duo, ormai alle prese con scansioni ritmiche serrate, complessi incastri sintetici e un'irrefrenabile atmosfera da
dark-club, impostata su un melodismo ciononostante leggiadro, agile, che sa come farsi ricordare anche in assenza di un ritornello vero e proprio.
Altrove la situazione sa essere ancora più ardita, anche e soprattutto ricordandosi il ricco passato chamber-pop del duo, il talento esecutivo di Carla Pallone. Striature di archi filtrano già nel chiudersi del
futurepop minimale di “Ni morte ni connue” (peccato per la scelta di inserire versi in italiano, davvero sotto la media) e permeano molti dei momenti più interessanti dell'album, che siano contributi più in sordina (gli accenni di cui dota “Le parfum des vautours”, con un disegno produttivo che lascia sconfinare i tappeti minimali in curiose evasioni prossime alla cosmica tedesca) o decise commistioni synth-cameristiche, avvolte da una densa coltre neoclassica (i tocchi in scia Projekt di cui si ammanta l'inverno di “La montagne magique”).
Il baricentro, comunque, al netto di rapidi interludi che poco aggiungono all'album (anche in virtù dei contributi vocali maschili degli Odezenne e di François Guillemot dei Bérurier Noir piuttosto anonimi, loro malgrado), rimane del tutto sintetico: che punti al febbricitante minimalismo punk degli
Young Marble Giants (“Les filles mortes”, arricchita di lievi sovratoni
jazzy) o che irrobustisca il comparto ritmico con
beat più martellanti (il curioso avvicinamento alla
synthwave più cinematica di “Les sang des mes veines”), il duo è perfettamente conscio di quanto fa, guarda al presente senza dimenticarsi del passato, della sua ossuta essenza
chansonnier. Anche con qualche piccolo intoppo di mezzo, la conversione può dirsi pienamente realizzata: più oscure e conturbanti che mai, le Mansfield.TYA sanno smuovere di nuovo il nostro interesse.
07/03/2021