Iniziare una recensione di una band che tanto sta facendo parlare di sé come i Møl, tirandone in ballo un'altra, che in fin dei conti ha un background molto diverso da quello dei danesi, è quasi fargli torto. È però utile a selezionare, tra coloro i quali non hanno mai sentito parlare della formazione di Aarhus, quelli che potrebbero esserne interessati.
Quest'anno i californiani Deafheaven hanno sorpreso un po' tutti con un quinto disco che ha quasi integralmente abbandonato la componente post-black-metal (se non in un paio di frangenti debitamente screamati da George Clarke) in favore di quella più puramente shoegaze, talvolta addirittura lambendo sequenze di arpeggi jingle-jangle. L'operazione è riuscita molto bene alla band, che però, così facendo, ha lasciato un considerevole vuoto per tutti quanti si aspettavano, insieme ai wall of noise melodici dello shoegaze, la consueta dose di violenza e palpabile disperazione.
Messo da parte il più acre debutto "Jord" (Holy Roar, 2018), i Mol di questo "Diorama" (esordio della band su Nuclear Blast) sembrano la risposta perfetta a questo vuoto. Va da sé, però, che si tratta di due band profondamente diverse, che agiscono secondo dinamiche divergenti e che, dunque, considerare i Mol degli emuli dei californiani sarebbe un errore grossolano.
L'equilibrio tra furore e grazia della traccia d'apertura "Fraktur", che prima si avvita su eterei arpeggi post-rock e poi dà sfogo alla sua violenza attraverso gorgheggianti chitarre black-metal e allo scream di Kim Song Sternkop, mette subito in chiaro quanto le parti del blackgaze dei danesi siano in equilibrio e come questo blend possa conquistare ben più che gli appassionati di metal estremo. La successiva "Photophobic", molto probabilmente il capolavoro del disco, svela invece le capacità dinamiche e la versatilità della band.
La batteria è una mitragliatrice, la chitarra ora azzanna l'ascoltatore al collo ora marcia al passo marziale dello sludge, growl e scream si avvicendano schizofrenicamente, gli snodi post-metal della canzone conducono a un finale onirico allietato dagli svolazzi lirici di una voce femminile - quest'ultima ritorna nella closing track "Diorama", un episodio in scia degli Anathema e decisamente tra i più melodici del lavoro.
Il brano più legato al black-metal è senz'altro la belluina "Serf", mentre "Vestige", pur violenta e rapida, è costantemente attraversata da un accecante fraseggio melodico di chitarra elettrica. Languidi arpeggi post-rock fanno invece da innesco a "Redacted", un pezzo interessante e mutevole che oltre al consueto scream (qui davvero vicino a quello di Clarke dei Deafheaven) sperimenta una via di mezzo tra growl e spoken word. Un'altra considerevole scarica di adrenalina è il brano posto prima del finale, la rutilante "Tvesind", che tra chitarre a zanzara e ritmica ulcerante si impenna in un crescendo epico e verticale.
"Diorama" non conosce cali e pur calcando scenari talvolta triti riesce, grazie alla straripante personalità della band, a renderli personali e rinnovati. Se ne è accorta la Nuclear Blast, che ha fortemente voluto la formazione nella propria scuderia, e se ne accorgeranno sempre più ascoltatori desiderosi di fragore e straripante emotività.
18/11/2021