The pearly white buds are falling from the sky
Shaped like little teeth in the water floating by
(“Little Teeth”)
Sorvolare il proprio mare magnum di pensieri negativi e lasciarli scorrere come se nulla fosse. La solitudine intesa come cura. E non come palliativo. Una botta di vita che libera e lascia cadere il velo sulle piccole cose, su tutto ciò che conta per davvero.
Non è l’incipit di un’annotazione, a tratti fin troppo generica, di uno psicoterapeuta di periferia. Ma la suggestione diffusa da Natalie Jane Hill nel suo secondo disco, “Solely”, nomen omen di un percorso che la cantautrice texana ha intrapreso nell’autunno del 2019 e che l’ha portata nell’inverno del 2020 a tu per tu con i propri demoni, sparsi come fiori neri nell’incantevole esordio: “Azalea”.
L’eccessiva introspezione del debutto muta per l’occasione in una crescita interiore che guarda con rinnovato spirito all’esterno. La musicista originaria di “Wimberley” non rinuncia però al suo delicato fingerpicking, anzi ne intensifica la progressione, mentre violoncelli, pianoforti e violini irlandesi tracciano solchi sul terreno alla stregua di un aratro trainato da cavalli.
La visione è più o meno questa: Nick Drake e Sandy Denny chiusi per giorni interi in uno studio di registrazione costruito al centro di una fattoria del Texas. Da soli. Senza nessuno che rompe i coglioni ("If I were a willow, I would sway with every breeze keep you shaded from the heat").
Le canzoni di Natalie, infatti, non appartengono a quest’epoca. C’è una melanconia sepolta che sboccia a ogni accordo, in ogni singola parola scritta e cantata. La vulnerabilità di un animo nobile, che appare spesso indifeso, cozza inoltre con la necessità di uscire da un tunnel pericoloso di azioni, direzioni e scelte corrosive. Un vortice maligno che crea dipendenza e da cui è lecito emanciparsi a gambe levate; magari osservando "banalmente" la natura, tutto ciò che circonda il corpo, come ben esplica “Plants And Flowers That Do Not Grow Here”.
Basterebbe poi la "liberatoria" open track, “Euphoria”, a far intendere la necessità di tale approccio. In “Too Feel Alone” appaiono addirittura fantasmi badalamentiani, che ondeggiano nella stanza di Natalie come dei Casper in cerca di una nuova chimera. E cosa dire dei cambi di tono della title track, o dello sguardo rassegnato, eppure rassicurante, di “Pretty View”?
In “Solely”, si susseguono una dietro l'altra dieci ballate semplicemente perfette; tra le sue pieghe prende forma un folclore che esorta la crisalide Hill a compiere nel giro di mezz'ora la propria missione. Insomma, una manna dal cielo. Oggi più che mai.
26/12/2021