L'antefatto è questo: un giorno del 2013, in quel di Londra, l'artista Brad Feuerhelm riceve in dono una copia in vinile di "Cannibal Ferox", colonna sonora dell'omonimo film del 1981 di Umberto Lenzi approntata da Roberto Donati. Incuriosito, Feuerhelm decide di fare visita all'amico Lee Tesche, all'epoca già chitarrista degli Algiers, a cui propone di ascoltare insieme quei solchi. I due vanno in brodo di giuggiole, salvo poi scoprire che, accidentalmente, hanno ascoltato il disco a velocità rallentata. Poco male, perché grazie a quell'imprevisto nasce in loro il desiderio di registrare la propria colonna sonora da film horror. Il progetto, però, ci mette un po' prima di ingranare. Per non perdere il filo dell'ispirazione, Feuerhelm si cimenta, nell'immediato, con un libro di fotografie intitolato "Mondo Decay" e basato su scatti raccolti in quel di Atene, la "città natale della democrazia" trasformata dalla spaventosa crisi finanziaria della Grecia in un luogo di abiezione, in un potente simbolo del lento ma inesorabile declino dell'Occidente. Quando Tesche vide quelle foto volle immediatamente provare a dire la sua, ovviamente in musica e ispirandosi non solo all'opera di Donati ma anche alle colonne sonore del cinema exploitation italiano degli anni Sessanta e Settanta e soprattutto ai cosiddetti "cannibal movie".
Così, chiamati a raccolta una manciata di ospiti e il fido Ryan Mahan, che degli Algiers è il bassista ma che qui si occupa, al pari del suo sodale, di sintetizzatori, percussioni e diavolerie varie, prese a registrare diversi brani, utilizzando una tecnica battezzata "goth & screwed" (evidentemente ispirata al "chopped & screwed" di Dj Screw) e consistente nel registrare a velocità regolare un brano prima di manipolarlo e rallentarlo a seconda del caso. Il risultato è una musica sinistra, minacciosa, psicologicamente destabilizzante, in cui l'esotico non ha più nulla a che vedere con terre lontane e inospitali, ma con ciò che ci è più vicino e che, oggi come oggi, appare come l'incomprensibile e l'inquietante per eccellenza.
Tutto questo è evidente fin dall'opener "The Spectre", le cui atmosfere plumbee e dilatate, in orbita synthwave e solcate dalla voce dello scrittore, editor e visual artist Michael Salu, risultano perfette per sonorizzare il tramonto della Tradizione, anzi la sua progressiva decomposizione. Contro le distorsioni del capitalismo si scaglia invece "Stealth Empire", che fonde dub e free-jazz (al sax lo stesso Tesche) sotto l'egida del maestro di cerimonie Mark Stewart, la cui voce filtrata sembra quella di una divinità implacabile che ha improvvisamente scoperto la passione per il djing.
Questo gusto distorto per una musica che, all'occorrenza, sa essere anche ballabile, lo ritroviamo in "Gold Mine", dal sofisticato taglio poliritmico, mentre, quando la voce abbandona quasi del tutto la scena, si finisce per danzare in equilibrio instabile tra post-industrial e doom-jazz con la fragorosa "Beef Diet". All'opprimente deformazione e alterazione sensoriale di "More Viscous Than Dawn", fa da contraltare la cupa desolazione del sassofono che domina "Excusable Homicide", laddove "On Neurath's Boat" si staglia come il momento più pop del disco, complice un groove pronunciato, un piglio catchy e la coolness vocale di di Farbod Kokabi, che ha rivelato di aver pensato molto spesso, durante le registrazioni, a Paul Haig dei Josef K.
Se, quindi, l'eco di Dj Screw si sente ancora più forte e chiara nell'hip-hop pachidermico di "The Aesthetics Of Hunger", "Under The Throne" esibisce una passione per il funk e il roots-reggae dei Settanta. Le ultime tre composizioni vanno a costituire, infine, una sorta di piccola suite, con gli spazi che si dilatano a perdita d'occhio e la musica che si fa specchio di un'odissea interiore ("Addio zio Sam"), muovendosi sommessa tra penombre orchestrali e corali operistici ("I Used To Wear A Face"), prima di risolversi negli oltre dieci minuti di "America addio", che apre con un sample di Georgia Bea Jackson (madre dell'attivista delle Pantere Nere George Jackson, ucciso nel 1971 in carcere da un secondino: le sue parole sono una dura condanna della violenza a stelle e strisce) e chiude con una lunga coda in drone-mode che potrebbe tornare buona, prima o poi, come funereo requiem della nostra civiltà.
14/10/2021