L'enorme discografia di Paolo Conte non è certo avara di album dal vivo. Dai "Concerti" del 1984 al "Live all'Arena di Verona" del 2005, fino al recente "Live in Caracalla" che celebrava i cinquant'anni di "Azzurro", l'Avvocato astigiano, un tempo persino restio a salire sui palchi, non ha mancato di ricordarci quanto siano strepitose le sue apparizioni dal vivo. Lockdown permettendo, del resto, Conte negli ultimi anni sembra vivere in una sorta di tour permanente con un cartellone di date in costante aggiornamento nelle location più belle d'Italia e - talvolta - d'Europa.
Prodotto da Rita Allevato e Milo Fantini, il "Live at Venaria Reale" è però qualcosa di più di una nuova testimonianza dal vivo del grande bardo piemontese, quantomeno nelle sue ricchissime versioni deluxe (un box limited edition con doppio vinile e cd) che raccontano un Paolo Conte a tutto tondo e che non lesinano contenuti esclusivi quali il featuring con Mina nel brano "'a Minestrina", una copia dello spartito di "Via con me" e una stampa originale numerata e autografata.
Limitandosi al concerto in sé, registrato il 30 settembre 2021 e in seguito trasmesso in esclusiva streaming su ItsART, si nota subito come la scaletta ricalchi in toto quella del tour degli ultimi mesi. Nella reggia sabauda entrano i grandi strumentisti che accompagnano abitualmente Conte, grandi musicisti quali Nunzio Barbieri, Lucio Caliendo, Claudio Chiara, Daniele Dall'Omo, Daniele Di Gregorio, Luca Enipeo, Francesca Gosio, Massimo Pitzianti, Piergiorgio Rosso, Pierre Steve Gino Touche e Luca Velotti.
L'apertura è dedicata all'unico inedito della tracklist, "El Greco", un ritratto dalle tinte forti come la l'arte del protagonista del brano. "Con le mie mani dentro la pioggia/ arraffo un cielo esasperato, oscuro/ buio per farlo stridere di luce", "sono un latino estremo/ io sono per qualche amore supremo", "io sono antico, sono un fantasma azteco/ giuro, però il mio nome è El Greco" sono stralci che ben raccontano la potenza visionaria del brano, un omaggio contiano all'amata arte figurativa.
Della versione di "Hemingway" colpisce il crescendo orchestrale con cui si chiude da sempre il pezzo, mentre "Sotto le stelle del jazz" mantiene intatta la sua grazia sorniona. Dal lato più agrodolce del canzoniere di Paolo Conte ci si rianima con il foxtrot sbarazzino di "Come di", un pezzo da novanta immancabile nei concerti dell'astigiano, capace di alleggerire l'atmosfera con assi nella manica ormai cristallizzati al di fuori del tempo.
In "Alle prese con una verde milonga", che con "Aguaplano" forma una sorta di parentesi tutta sudamericana all'interno della scaletta, la novità degli ultimi tempi è il suono del vento evocato da Conte al termine della canzone, come a disperdere ogni ipotesi di realtà per riportare il tutto nella dimensione del sacro e dell'effimero, di un qualcosa che va tramandato a voce, anzi sottovoce, senza lasciare tracce.
Che "Max" sia tornata a essere uno dei fulcri delle esibizioni di Conte lo dimostrano la posizione centrale nella scaletta e la struttura stessa del brano, uno dei più potenti e visionari nell'incessante susseguirsi di intrecci strumentali. Meno magniloquente ma egualmente ispirata, "Gioco d'azzardo" prende il testimone sui rintocchi di contrabbasso e inaugura una nuova sotto-sezione, quella in cui l'Avvocato esplora le mille sfaccettature del sentimento amoroso: così in "Dancing", e ancora in "Madeleine".
Il finale è un perfetto miscuglio di grandi classici - "Genova per noi", "Via con me", "Gli impermeabili" - e di divagazioni francesi: "Reveries", "Le Chic Et Le Charme". Difficile, forse impossibile, non lasciarsi travolgere ancora una volta dalle emozioni - talvolta contrastanti - suscitate da Paolo Conte e dal suo ineguagliabile canzoniere.
12/12/2021