Quinto full-length per i rumorosi Pop. 1280, il secondo nella formazione a tre che vede ai synth Matthew Hord, affiancato come sempre dai membri fondatori Chris Bug e Ivan Drip. È anche il secondo album in cui i newyorkesi calcano la mano sulla componente elettronica, lasciando sullo sfondo le sfuriate chitarristiche che avevano caratterizzato le loro prime produzioni.
Fin dall'iniziale title track, scandita da battiti Ebm old school, è infatti evidente il consolidamento di questa sterzata: del resto, il percorso è sempre stato contraddistinto da una notevole dose di eclettismo. Musica che difficilmente può essere catalogata in un ambito preciso, con coordinate sonore che sovente travalicano i confini del noise-rock in direzione darkwave, e viceversa.
La Wax Trax, etichetta di Chicago portabandiera dell'industrial Usa negli anni Ottanta e Novanta, così come certi lavori dei Cabaret Voltaire, sono sicuramente presenti tra le influenze, ma i Pop. 1280 restano gli indiscussi architetti del loro sound.
Questa volta la voce di Chris Bug, seppur reminiscente dei Jesus Lizard, è meno isterica che in passato, e declama come sempre testi che combinano fiction e paranoia, modulandosi al servizio del nuovo impianto sonoro.
La chitarra resta tagliente, ma si amalgama con l'impalcatura costruita da sintetizzatori digitali e analogici (non sono stati usati suoni generati da software); a tratti si delineano le coordinate di una vera e propria industrial dance (le ritmate "Brennschluss" e "Human Factor" su tutte). A conferma di questa ulteriore "svolta", in chiusura del disco troviamo "Force Majeure", declinazione in salsa Pop. 1280 delle sonorità synth-pop ottantiane.
Oltre dieci anni di attività e cinque album alle spalle: con "Museum On The Horizon" la band di Brooklyn si conferma portabandiera di un post-punk viscerale, privo di compromessi e sinceramente underground.
19/01/2022