I Jesus Lizard (Chicago, 1987-1999) furono con i Fugazi (dei quali rappresentano il lato più heavy) tra i gruppi post-hardcore fondamentali degli anni 80 e tra i fondatori del sound heavy-underground degli anni 90 (quello che giungerà in classifica con Rage Against The Machine, Marilyn Manson, Korn, Deftones ecc.). Il suono dei Jesus Lizard parte dalla via industrial al post-hardcore dei Big Black, per approdare (eccola la gemellarità coi Fugazi) nell'epoca del secondo post-hardcore (quello della seconda metà degli anni 80, che risponde all'hardcore di DRI e Bad Brains; il primo post-hardcore è quello di Fear e Minutemen in risposta al primo hardcore dei Germs), fino al post-rock degli Slint. I contenuti di quel suono (i testi) sono invece anomali sia per il panorama post-hardcore sia per quello post-rock (che hanno testi per lo più introversi e inoffensivi), programmaticamente e gratuitamente trattando delle nefandezze più ripugnanti, sconvolgenti e asfissianti. Sono l'eco della voce dei Jesus Lizard: quella di un animale allo stato brado che senza alcuna tecnica rivendica giustamente lo stato di artista per l'effetto ora trash, ora ancestrale, sempre devastante e inintelligibile che riesce a infondere. Rage Against The Machine, Marilyn Manson, Korn, Deftones, il nu-metal e via di questo passo sarebbero impossibili senza i Jesus Lizard, Jesus Lizard che ovviamente sono meglio (in pratica, di un altro pianeta) rispetto a tutti costoro messi assieme.
Tra il 1988 e il 1990, preso nella morsa tra il minimalismo di Slint, Fugazi e Jesus Lizard da una parte e l'iper-trash dei Royal Trux dall'altra, viene a franare il classicismo noise dei Sonic Youth. I Jesus Lizard sono tra i pochi classici a sostituirsi, dopo averlo negato, al classicismo allora imperante nella musica underground da mezzo decennio (1982-1988): quello Sonic Youth. Coniano così i Jesus Lizard un nuovo sound (e un nuovo classicismo) che passa, oltre che da Albini e dai Minutemen, anche dallo stoner-metal rivoluzionario dei Melvins e dal garage-core dei concittadini Naked Raygun (nonché dallo slo-core dei Rites Of Spring), ma giunge a un serioso formalismo, quasi da musica classica che peraltro si distingue da quello consimile di Slint e Fugazi per un programmatico negativismo e per un tono tra il senile e il truculento, più prossimo al vomitativo di Marilyn Manson che ai trasognamenti post-indie.
Il classicismo dei Jesus Lizard è tuttavia tragico (conteso tra contrari) non perché risultante dalla formula "violenza nella musica più violenza nei testi e nel cantato" (Marilyn Manson), ma perché risultante da una musica sostanzialmente jazz-core che contiene o s'accompagna a grida squarcianti e bestemmianti: è la tragedia cultura-animalità, che genera uno scenario primitivistico molto più tragicamente speculativo degli ormai stanchi ritornelli di violenza, violenza e violenza (o, sul fronte Sonic Youth, di ghirigori, ghirigori, ghirigori). Con una sofisticatissima semplicità, i Jesus Lizard hanno spiegato (in un indistinto) l'origine e la fine della natura umana.
I Jesus Lizard si formarono quando la prestigiosa sezione ritmica costituita dal batterista Rey Waysham e dal bassista David Wm. Sims lasciò gli Scratch Acid (Austin, TX, 1982-1987) per trasferirsi a Chicago alla corte di Albini (Rapeman, 1988-1990). A Chicago li seguì David Yow (al microfono negli Scratch Acid) che col fedele Sims mise su, tra l''87 e l''88 i Jesus Lizard: alla chitarra ebbero Duane Denison (ex Cargo-Cult; poi nei Sally Timms e ora nei Tomahawk). L'ensemble si distinse subito per la tecnica, lo stile e la classe di Sims e Denison, tanto grandi quanto distanti da concepire la grandezza in modo non-artistico (a colpi di noiosi riff o tecnicismi, insomma). Inoltre, la mancanza di un batterista e l'uso della drum machine vedevano protagonisti i Jesus Lizard proprio quando la loro fonte di ispirazione (Albini) aveva sciolto i Big Black (con drum machine) per formare i Rapeman, un gruppo con un batterista, prendendolo, ironia della sorte, dagli antenati dei Jesus Lizard, gli Scratch Acid.
Dal 1990, i Jesus Lizard avranno un notevole e composto batterista, Mac McNeilly (ex Phantom 309): una batteria era quello che ci voleva per stornare i Jesus Lizard dal rischio di essere degli epigoni dei Big Black; non a caso una batteria fu quello che ci volle ad Albini per passare dai Big Black ai Rapeman e così non fossilizzarsi su se stesso.
Tutti i lavori dei Jesus Lizard dal 1989 al 1994 saranno prodotti da Steve Albini per l'etichetta indipendente più importante di Chicago, la Touch & Go (nata nel 1981, annovera: Killdozer, Didjits, Butthole Surfers, Die Kreuzen, Big Black, Laughing Hyenas, Slint): e si ricordi che stare sotto un'etichetta indipendente significa essere in una qualsiasi misura accomunati a tutti gli altri artisti scelti da quell'etichetta (che per questo li ha scelti). Per gli ultimi due album (1996-1998) i Jesus Lizard passeranno alla major Capitol (nata a Hollywood nel 1942, è l'etichetta di Beatles e Frank Sinatra: dal 1998, con Virgin e Chrysalis, fa parte del colosso britannico Emi, dal quale fu rilevata nel 1954) e Albini, infuriato, li lascerà.
I Jesus Lizard, come i Fugazi, e come tutto il post-hardcore (e in fondo anche come l'hardcore, che così si distingue dal punk), partono dal dato di fatto del nichilismo come unica verità e su di questo costruiscono un'arte che non è né di protesta, né di rivalsa, ma solo di descrizione. Solo che mentre i Fugazi e tutta la maggior parte dei gruppi post-hardcore di seconda generazione mirano a liricizzare e umanizzare quella descrizione, i Jesus Lizard puntano a renderla mostruosa, disumana e orripilante. Per volere e per mezzo soprattutto di Yow che, in un contesto strumentale talora da camera-jazz, continua nei suoi bestiali riti di autoflagellamento vomitando, grugnendo e dispensando male parole incurante di ciò che lo circonda nonché di comunicare alcunché di rilevante o diversificato (giacché, come del death-metal o nel grind-core, rutta monocorde e piatto a ogni piè sospinto, così che per troppi shock non riesce più a shockare). Yow è in ciò debitore a John Brannon dei Laughing Hyenas che, tecnicamente molto dotato (si può dire la prima voce "death"), stava nei medesimi rapporti con il proprio gruppo blues/post-hardcore.
Superfluo parlare di meglio o di peggio dinanzi a un'arte che sta nell'annullamento di tutte le categorie estetiche, morali e valutative; arte in questo senso spietatamente (perché unicamente) descrittiva. Bisogna vedere di che cosa: retoricamente potremmo dire del tutto, che è nulla. Non solo: per quello che è, anche se nulla, lo è dolorosamente: di un dolore tremendo, coltre così spessa da poterci speculare sopra. A priori va così detto che non ci sono, per gruppi come i Jesus Lizard (ma anche per Albini o i Fugazi) canzoni migliori e canzoni peggiori; l'arte di costoro è fatta per dirti: questa canzone è brutta (o monotona, o stonata o sconclusionata o priva d'idee e intenti)? Bene, è proprio quello che volevo, è perfetta. I Jesus Lizard hanno sempre ragione perché non la vogliono mai.
I Jesus Lizard sembrano dei Fugazi che non hanno ascoltato gli Slint. Potrebbero essere meglio quindi (portatori di anche più originalità), ma hanno ascoltato troppo Albini. I Pere Ubu invece costituiscono il punto di riferimento più classico e prestigioso sia per i Fugazi che per i Jesus Lizard, che da loro partono e a loro (che col post-garage hanno un decennio prima inventato il post-rock), giungono passando per i vari Albini e Minutemen (scarso in proporzione invece l'apporto Sonic Youth, onnipresente in quell'epoca, come nell'attuale).
Come i Fugazi, dopo il 1991 i Jesus Lizard (tra la morte del rock e la sindrome del terzo album) non hanno avuto più nulla da dire, insistendo, per quanto perfettamente ed elegantemente, sul medesimo tasto.
I Fugazi e i Jesus Lizard sono poi accomunati da una medesima croce: quella di aver istituzionalizzato un nuovo pentagramma, ma di non essere riusciti, tuttavia, a comporre con quel pentagramma una sola opera in grado di entrare nell'olimpo più esclusivo del rock. Insomma, gruppi dall'importanza storica determinante, grandi musicisti, ma incapaci di un album da top 10 di sempre. Non vuole questo essere un rimprovero (del resto i 10 che possono permettersi di entrare in una simile classifica sono l'eccezione, non la regola); casomai un rammarico. Difatti, in quella top 10, sono da inserire proprio degli epigoni dei Fugazi e dei Jesus Lizard, epigoni che con i medesimi strumenti sono però stati in grado, guarda caso nel 1991, di innalzare un capolavoro definitivo che da loro stessi prende il nome: "Drive Like Jehu" (opera qualitativamente del pari di "Songs of Leonard Cohen" o "In The Court Of The Crimson King").
Con oltre 10 anni e 8 pubblicazioni assieme, i Jesus Lizard vanno considerati tra i gruppi più longevi della storia del rock (e questo basti a considerare quanto siano instabili o quanti apporti e assestamenti interessino i gruppi rock).
Pure (Ep), 1989, 5 brani, 14: 18.
Il capolavoro è "Bloody Mary" (2:00), a posteriori dei Nirvana (la voce sembra quella del Cobain più isterico) passati attraverso il raffinato raziocinio robotico di Albini.
Gli altri brani sono "Blockbuster" (3:31), che apre la strada al metal lo-fi dei Type O Negative, "Rabid Pigs" (2:09), un aggiornamento dei Big Black (ma più per l'elevato ritmo della drum machine che per altro, ossia per le costruzioni che su di esso s'innalzano), "Starlet" (2:43) dominato da una chitarra classicheggiante in un pulsare elettrolitico, "Happy Bunny Goes Fluff Fluff Along" (3:55), strumentale nero ghiaccio più desolato dei Suicide.
Head (Lp), 1990, 10 brani, 27: 21. Alla batteria Mac McNeilly (ex Phantom 309).
I capolavori sono quattro: "One Evening" (3:02), una filastrocca feticista sublimata in un elegantissimo giro di chitarra, "S.D.B.J." (2:28), quintessenza della lentezza piena di costipazione del suono Jesus Lizard e del masochismo calibrato di Yow, "If You Had Lips" (3:35) la pagina più estrema e tumorale, "Good Thing" (1:45), una tracolla cadenzata nel tono approssimabile al narcisismo maledetto dei Rolling Stones di "Between The Buttons".
Gli altri brani sono: "My Own Urine" (3:09), tra stacchi metal e salmi Laughing Hyenas; "7 Vs. 8" (3:14), ancora un giro di valzer tra gli sproloqui di Yow e la ieraticità della strumentazione; "Pastoral" (3:30), squisito quadretto di bieca tenerezza tra Slint e Birthday Party; "Waxeater" (2:09), perversione che trova redenzione solo nel funambolismo tutto esistenziale della strumentazione; "Tight N Shiny" (2:12), rocambolesco strumentale dove si sublima l'acerbo e piombato naif della chitarra di Denison (tra le più notevoli del rock e di scuola Squirrel Bait); "Killer McHann" (2:17), un saggio per le dissonanze singhiozzanti della sezione ritmica e la deflagrazione di chitarra e voce.
Un'oscena cataratta che parla sempre di volgarità senza (grazie all'arte) esserlo mai.
Goat (Lp), 1991, 9 brani, 30:28.
I capolavori sono quattro: "Then Comes Dudley" (4:23) che sublima gli spartiti di Albini con una sezione strumentale che non ha rivali (se la chitarra schiaffeggia ora Albini ora i Sonic Youth ora rozzi riff hard-rock, la batteria ridetta le coordinate di mezzo secolo di rock: e poi si osa parlare di Korn …); "Mouth Breather" (2:17), gran pulsare di chitarra (che rivisita il rock n' roll: altra lezione di Albini), lamenti di Yow, sezione ritmica a erigere cattedrali nel deserto (nel '91 usciva una pietra miliare del rock che faceva cose simili: "Strong Reaction" dei Pegboy); "Monkey Trick" (4:19), un galattico, avveniristico, elegantissimo blues della dissonanza (vedasi le radici sudiste dei Jesus Lizard) con riff epici e sezione ritmica fustigante; "Karpis" (3:10) dove i quattro dimostrano di essersi definitivamente affrancati dallo spettro di Albini sul suo stesso terreno (qui un'ambientazione per gangster, smorzata ora da una chitarra demenziale ora da una sezione ritmica devastante: i Birthday Party quadruplicati). Quando i Faith No More ritenteranno cose simili saranno fatti passare per geni.
Gli altri brani sono: "Numb" (2:30) con distorsioni a tornado della chitarra (in effetti slide che oggi ricordano addirittura Ben Harper), sezione ritmica sventrante e Yow a fare boccacce (il tutto in tono vagamente new wave); "Seasick" (3:11) dove Yow tenta (è una costante dell'album, parallela all'affrancarsi di questo da Albini e all'accondiscendere in maggior misura agli Slint) di calarsi a modo suo (bestialmente) in David Thomas e il resto del gruppo passa il tempo a frustarlo; "South Mouth" (3:03): i Black Flag che fanno il funerale ai Butthole Surfers a suon di accordi Slint: i Jesus Lizard sono più che mai se stessi, ma adesso la loro capacità espressiva ed esecutiva è zenitale; "Lady Shoes" (2:42) dove trova massima evidenza la peculiarità dei Jesus Lizard che consiste, come rarissimamente accade nel rock, nell'avere una musica che va per conto suo rispetto alla voce, di avere una musica classica e una voce bestiale, di avere una perfezione e una deficienza cronica, di avere un elefante in una cristalleria; "Rodeo in Joliet" (4:49) cupo, lento, asfissiante te deum alla Laughig Hyenas (o alla Lou Reed? o alla Tom Waits?: oggi, poveretti, ci hanno riprovato i Muse…), impreziosito da una tecnica e un'inventiva sopraffine (Yow s'innalza addirittura in una scorata melodia).
Un album più fresco, vario e ancor meglio suonato, ma meno essenziale ed esiziale del precedente.
Dopo il 1991 i Jesus Lizard, da buoni gemelli e inevitabilmente, seguono la sorte dei Fugazi: i loro sempre tra gli album migliori dell'anno, ma fatalmente (vuoi per la fine del rock, vuoi per la fissazione sulla medesima formula; d'altronde quando si cambia formula sarebbe bene anche cambiare nome del gruppo) sempre inutili (ma cos'è utile, dopo il '91, nella musica popolare, se non l'elettronica? … e c'è chi compra album "rock" nel 2004!).
Liar (1992), Down (1994), Shot (1996), Blue (1998), quattro statue granitiche nel vento del vuoto. Gli anni 1992, 1994, 1996, 1998 non vedono album rock superiori a quelli dei Jesus Lizard (perché questi sono, con Slint e Fugazi, tra gli ultimissimi a fare vero e proprio rock, anche se detto post-rock). Ma gli anni 1992, 1994, 1996, 1998 non avrebbero dovuto vedere album rock.
Come tutti i dischi più gloriosi della formazione texana, anche Rack (2024), loro settimo episodio discografico, è un incendio. Scoppiato all’improvviso per giunta, dopo una pausa discografica di ben 26 anni – il penultimo disco della band, Blue, è datato infatti 1998.
Nell’ultimo decennio, pur suonando di quando in quando e con una ferocia che non sembra volersi ammansire con gli anni, i Jesus Lizard non sembravano interessati a cacciare nuovo materiale. E invece eccoci qui, ancora una volta con i timpani in frantumi.
Come ci hanno abituato i lucertoloni, Rack non è un disco che vive di episodi, al contrario è una sassata violenta, di quelle che mandano in frantumi il parabrezza, dall’inizio alla fine. Certo, ogni brano ha i suoi connotati e le sue caratteristiche, ma tutti feriscono il colpo come ci si aspetta.
C’è “Hide & Seek” un inno punk forse fuori tempo massimo, che però infuria a dovere. Così come c’è una “Dunning Kruger” con le chitarre che suonano la carica. Il noise-rock della band assume connotati espressionisti, invece, in “Armistice Day” e nella straordinaria “Alexis Feel Sick”: nella prima la chitarra di Duane Denisos serpeggia dolente, nella seconda mima un malato che striscia per raggiungere la sua ingannevole panacea.
Nel mezzo del solito, amato baccano, intorno ai proverbiali grugniti di Yow, è impossibile però non scorgere tessiture da togliere il fiato e prodigi tecnici rimarchevoli. Le rocce glaciali e aguzze disegnate dalla ditta Denisos/Sims in “What If?” e scale di armoniche impervie e cangianti nella conclusiva “Swan The Dog”, per citarne un paio.
Tanto familiare quanto coinvolgente, Rack non è un disco registrato per sorprendere. È a tutti gli effetti un ritorno, sotto le stesse spoglie di quando ci avevano lasciato. Che ci ricorda, se ce ne fosse bisogno, perché i Jesus Lizard siano la prima band da menzionare quando si parla di noise-rock.
Contributi di Michele Corrado ("Rack")
Pure Ep (Touch and Go, 1989) | 7 | |
Head (Touch and Go, 1990) | 8 | |
Goat (Touch and Go, 1991) | 8 | |
Liar (Touch and Go, 1992) | 7 | |
Lash EP (Touch and Go, 1993) | ||
Show (Collision Arts/Giant, 1994) | ||
Down (Touch and Go, 1994) | 7 | |
Shot (Capitol, 1996) | 7 | |
The Jesus Lizard Ep (Jetset, 1998) | ||
Blue (Capitol, 1998) | 6 | |
Bang (Touch and Go, 2000) | ||
Rack (Ipecac, 2024) | 7,5 |