Giunti al third difficult album, gli Snowpoet restano uno degli enigmi più affascinanti del panorama neo-jazz. Lauren Kinsella, incurante dei vari riconoscimenti e dei premi conquistati con merito (tra gli altri il prestigioso jazz/Fm Award), modella la voce con fare proteiforme, sottraendosi alla prevedibilità delle molte vocalist jazz prestate all'arte della canzone. Il fido Chrys Hyson fluidifica la materia sonora, sottolineando le interessanti intuizioni melodiche con rarefazioni strumentali d'insolita eleganza, grazie anche all'apporto di musicisti dal tratteggio sonoro narrativo mutevole.
Non paghi delle creative esternazioni disseminate nei due album precedenti, gli Snowpoet abdicano in parte alla comunicatività del passato, in favore di arrangiamenti più articolati e maturi. "Wait For Me" è un album difficile da definire e descrivere, sussurri e frammenti sono la materia prima delle composizioni, che spesso rasentano il misticismo espressivo e lirico.
La tentazione del critico è quella di sintetizzare le dodici tracce come chamber-folk-jazz, ma gli Snowpoet spingono la rarefazione al limite, senza fuorviarne il vigore emotivo. Per Chrys e Lauren la musica è ancora una forma d'arte: semplicità e stravaganza procedono in sincrono tra contrappunti ritmici e vocali, raffinatezze strumentali e armonie decantate sottovoce che creano inconsuete mini-suite ("Roots") o si adattano al formato canzone conciliando minimalismo e incisività ritmica ("The Wheel"), adagiandosi su crepuscolari neo-sinfonie ("Here's The Thing") e tessendo intensi dialoghi tra violino (la talentuosa Alice Zawadski) e sax (Josh Arcoleo) nell'elegante folk-jazz di "Burn Bright".
L'elemento più disarmante resta la voce di Lauren Kinsella, spesso recitante alla maniera di Laurie Anderson ("Face Time"), a volte drammaticamente espansiva al punto da ricordare Björk ("Sky Thinking").
Ci sono momenti in cui la musica si eleva verso una dilatazione jazz più sperimentale, che Lauren suggella con una poetica simile a un amplesso (l'evanescente "Early Feelings"), anche se il canto non sovrasta mai il tessuto lirico e armonico, piuttosto lo conduce tra anfratti sonori che si tingono di esotici elementi world ("Tiers") o accennano tribolazioni hip-hop miste a un poliedrico swing ("With You"), fino a lambire le grazie dell'improvvisazione ("Wool, Cotton, Lace & Snow").
Resta stupefacente come gli Snowpoet riescano a tramutare ritmi pulsanti sotterranei, accordi schematici di pianoforte, graffi di synth e tremori vocali in lussuosi esemplari di chamber-folk-jazz ("A Chance To Hear The Rain"), senza mai inciampare negli eccessi di molta musica d'autore ("Floating Practice").
È pura alchimia di elementi vocali e strumentali, quella degli Snowpoet, e "Wait For Me" è un disco che rasenta la perfezione pur senza mai alzare i toni, un progetto che profuma di antico e nuovo senza limiti né di genere né di stile.
10/04/2021