Per un progetto come quello dei Calibro 35, nato con l’intento filologico di rivitalizzare un genere musicale strettamente legato al cinema, le colonne sonore dei film poliziotteschi, affrontare uno spicchio dello sconfinato catalogo del Maestro Ennio Morricone è un passo a dir poco ovvio. Nelle interviste rilasciate di recente, hanno rivelato che nel 2007, quando iniziarono a provare assieme, il brano dal quale prese il via il loro personalissimo laboratorio fu proprio una composizione di Morricone, “Trafelato”, non di rado eseguita dal vivo, ma finora mai incisa dai Calibro 35. Includerla nel primo volume del tributo al compositore due volte Premio Oscar è quindi l’ideale chiusura del cerchio, per quella che viene rappresentata come una virtuale - e ragionata - partita a scacchi contro il Maestro, un grande appassionato di questo gioco.
La nuova indagine messa in campo dai Calibro 35, sempre alla minuziosa ricerca delle meccaniche idonee a far funzionare il matrimonio fra spartiti e pellicole, è interessata a definire l’essenza del suono, architettando le versioni nel rispetto delle partiture, concedendosi qualche libertà. Accade così che nella riproposizione del tema di “C’era una volta il west” affidino la linea vocale che fu di Edda Dell’Orso ad Antonio Diodato, che la sviluppa secondo le proprie attitudini. L’altro featuring di rilievo è a inizio scaletta, dove per “Arena” (dallo spaghetti-western “Il Mercenario”, diretto nel 1968 da Sergio Corbucci) fischio e chitarra che furono di Alessandro Alessandroni passano a Matt Bellamy, senza che nessuno possa in qualche modo riconoscerlo: pare più che altro il nome di un amico importante (Colliva ha collaborato in passato con i Muse) da sventolare fra i credits, piuttosto che una reale esigenza artistica.
Vanno invece sottolineate le meno sbandierate ma decisive partecipazioni di fiati e archi: Giuseppe Scardino (sax baritono), Mirko Cisilino (tromba), Chiara Ludovisi (viola), Giovanni Volpe (violoncello), Yoko Morimyo e Samuele Bianchi (violini). Doveroso menzionare anche gli interventi di Sebastiano De Gennaro alle percussioni e di Valeria Sturba al theremin, per un ensemble che funziona a meraviglia sia quando scivola sul velluto di temi ultra-famosi, da tempo parte della cultura popolare (“Il buono, il brutto, il cattivo”), sia quando osa su territori jazzy o sperimentali (“Un tranquillo posto di campagna” risale al periodo avanguardistico condiviso con il Gruppo di Improvvisazione Nuova Consonanza). Ma la partita a scacchi al momento pare vinta da Morricone, che scrisse molte di queste arie oltre cinquant’anni fa, con un piglio - lui sì - modernista e rivoluzionario, come mai nessuno prima.
Essenziali e fedeli, dicevamo, coraggiosi con rispetto, i Calibro 35 stano allestendo uno spettacolo per eseguire dal vivo questi contenuti, assicurandosi visibilità e partecipazione. Mossa furba, perfetta per confermare le immense qualità di una formazione che, con perizia e grande qualità, assembla però un disco di cover come se si trattasse di una tribute band, anche per via del repertorio ritenuto intoccabile. Meglio non inasprire i fan, ma una loro versione più “Calibro” sarebbe stata stimolante: di sicuro non avrebbero deturpato le fonti qualora avessero optato per una via alternativa meno aderente agli originali. Sarebbe stato apprezzabile anche comporre materiale proprio ispirandosi al lavoro del Maestro, come fecero ad esempio i Baustelle (guarda caso con l’ausilio di Enrico Gabrielli) in alcuni frangenti di “Fantasma”. Invece l’eccesso di cautela genera l’ultimo disco che consiglieremmo a chi non ha mai ascoltato i Calibro 35. Restiamo in attesa della seconda partita...
16/06/2022