Fujii Kaze

Love All Serve All

2022 (Universal Sigma / HEHN)
j-pop, dance-pop, r&b

È davvero complicato, considerato il dominio pressoché incontrastato di girl- e boyband fatte con lo stampino (sul serio, basta guardare le prime posizioni settimanali della Oricon degli ultimi anni), emergere in Giappone come voce solista e riuscire pure a imporsi. Ancor più difficile bissare il successo del primo album e piazzarne un secondo che superi di slancio i risultati del primo, bissandoli senza grossi patemi. Certo, con una voce come quella di Fujii Kaze, soulman di stazza, l'indifferenza sarebbe stata ancora più strana, visto però l'andazzo generale non ci sarebbe stato da sorprendersi. Eccoci però qua, dopo i chiaroscuri più seriosi di “Help Ever Hurt Never”, il frutto della passione dell'autore di Okayama per il jazz e il piano-rock, con le tinte albeggiate di “Love All Serve All”: il cambio di prospettiva è di quelli che parlano chiarissimo. Ancora deciso a dare lustro alla plastica vocalità del musicista ma mosso da un afflato ben più immediato e ballabile, l'album offre una briosa visione (j-)pop, tanto attraversata da spigliate nervature funk quanto pronta a lasciarsi andare e correre incontro alla dance. Sorridere, come da copertina, è un attimo.

Nessuno spazio a introduzioni, a ipotetici sipari per preparare l'orecchio: si parte a bomba col flessuoso synth-funk di “Kirari” (ad oggi, il singolo di maggiore successo per Kaze) e l'energia che la contraddistingue, pura esplosione di vitalità dance, si mantiente costante per tutto l'album, anche nei momenti più raccolti e nelle sparute ballad. Kaze aggredisce i suoi brani, con la forza di una voce che qui non manca di ribadire ancora una volta tutta la sua grinta, sfoderando addirittura qualità rock in momenti più pieni quali “Damn” o “Moeyo” (non avrebbe problemi a giocarsela anche in contesti apertamente power-pop).
Non si pensi comunque a una grana artatamente irruvidita, l'autore interpreta i brani senza mai dimenticare la sua estrazione più jazz, gestisce meglio i volumi sapendo imporsi senza stravolgere le sue migliori qualità. La sua passione per l'enka e per la tradizione giapponese funge da supporto per uno spigliato numero r&b come non se ne sentivano da anni a quelle longitudini (“Hedemo ne-yo”), viaggia di pari passo a un effervescente ritorno alle attitudini urban di voga nei primi anni Zero, in una “Matsuri” che sfrutta nuovamente elementi anticati per trasportare negli anni Venti il pathos Y2K di calibri di prim'ordine quali Hikaru Utada, MISIA, Ken Hirai.

Anche con una “Soredewa” che paga pegno all'irrinunciabile lentone orchestrale, Kaze concepisce un disco tanto esplosivo quanto dotato di una sua innata eleganza, capace di esprimersi in un'articolata congerie di contesti e registri ma sempre conscio del proprio baricentro.
Non è di certo una rondine a fare primavera ed è lecito aspettarsi pochi scossoni generali nello stato comatoso del j-pop contemporaneo. Che dischi così però riescano a fare breccia e raggiungere risultati degni di nota non è comunque un dato da sottovalutare: al giovane cantautore il merito di essersi ritagliato, anche grazie a un controllo pressoché esclusivo sul proprio materiale (sua è l'etichetta con cui incide, la HEHN) una nicchia che si spera possa fare da esempio.

28/12/2022

Tracklist

  1. Kirari
  2. Matsuri
  3. Hedemo ne-yo (LASA edit)
  4. Yaba.
  5. Moeyo
  6. Garden
  7. Damn
  8. Lonely Rhapsody
  9. Soredewa.
  10. Seishunbyou
  11. Tabiji




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