Nessuno è perfetto, tranne Lisa Gerrard, a quanto pare. Ogni volta che lei e Marcello De Francisci si ritrovano fianco a fianco i risultati non tradiscono mai le attese. La prima collaborazione insieme era stata nel 2010, con “Departum”, che guardava all'area mesopotamica e alle regioni del Nilo. Adesso hanno deciso di riunire le forze per un progetto ispirato significativamente alla Spagna del Medioevo e all'odissea delle tribù sefardite. Proprio a quelle latitudini, infatti, tra Siviglia e Madrid, il compositore di origine italo-argentina aveva completato il percorso accademico prima di trasferirsi definitivamente a Los Angeles, dove la sua carriera sarebbe decollata nel 2006 grazie alle musiche per il videogioco adventure “God Of War” e a quelle prestate via via in licenza a un'interminabile serie di spot pubblicitari e trailer di vario tipo (su tutti basti ricordare “Mission Impossible III” di JJ Abrams, “Prince Of Persia” di Mike Newell e “Avatar” di James Cameron).
“Exaudia” nasce durante il Covid ed è un ritorno che sa di antico: avrebbero voluto chiamarlo “Sephardia”, mai poi l'etichetta Atlantic Curve che lo produce ha preferito un termine che veniva usato, come campeggia in sovraimpressione nel video del brano omonimo, “quando il monarca concede udienza ai sudditi acconsentendo a esaudirne un desiderio”. “Ho conosciuto Marcello mentre componevo per il film 'Kings' e mi è subito piaciuto come persona, aveva meravigliose capacità ingegneristiche e abbiamo pensato di cogliere l'opportunità per sbloccare le nostre visioni insoddisfatte”, ha spiegato alla stampa l'australiana che, lontano dal fido partner nei Dead Can Dance Brendan Perry, non sembra patire sindromi da abbandono e si è convertita anzi da sacerdotessa della darkwave in una delle più acclamate interpreti al mondo di colonne sonore, con tanto di Golden Globe e nomination all'Oscar nel palmarès per la Ost de “Il Gladiatore”. “Nella costruzione il disco è molto fisico”, ha inoltre specificato, “e gode di un senso di raffinatezza potenziata”. Nulla di diverso, insomma, rispetto alle recenti performance hollywoodiane a carattere epico-sacrale, ma in fondo è così che lo avevamo immaginato: il solito mix seducente di grandeur e arcaismi, buono per ogni stagione. Ciò che sorprende è semmai l'accessibilità delle melodie, tra le più immediate e orecchiabili del fatato repertorio.
In “Fallen” (è la più lunga del concept, dura oltre sette minuti) pare di vederle quelle popolazioni ebraiche in fuga disperata dopo l'espulsione dalla penisola iberica (formalizzata nel marzo 1492 col decreto dell'Alhambra, ndr). Ora si disperdono attraverso lande deserte dipinte da suggestivi arrangiamenti minimalisti, ora si ricongiungono nelle canne di una voce che diviene oasi di pace e terra promessa.
La ninna-nanna trionfale “Stay With Me” e la supplichevole litania arabeggiante della title track “Exaudia” (offerta in chiusura di scaletta anche in versione reprise) raccontano la complicata relazione tra un uomo e una donna vittime di una catena di eventi avversi, con orchestrazioni invece floride e sfarzose che crescono come le maree.
Dalla rassegnazione, però, fioriscono la speranza e un messaggio ottimista: non importa quanto sia accidentata la strada, gli amanti troveranno sempre un modo per incontrarsi e in “Until We Meet Again” le delicate cadenze quasi trip-hop à-la Portishead (viene in mente “The Rip”) ben si sposano a un'ugola dal contegno regale con qualche velleità da hit (non a caso nello scorso giugno ha fatto da singolo di lancio).
Gli archi sono di Farhad Behroozi, il violino di Astrid Williamson e il violoncello di Daniella Arbizzi, mentre Bahar Shah dà il suo contributo vocale nella tenera “Stories Of Love, Triumph & Misfortunes”, dove il canto mistico di Lisa Gerrard segue ancora la via dell'Oriente trasfigurata da insoliti trattamenti digitali e cambi di volume.
In ultimo, la traccia d'apertura “When The Light Of The Morning Comes”, che penetra flebile tra le fessure come l'alba in una stanza gelida e diviene man mano accecante sino a sciogliere i sensi nell'impetuoso crescendo di basso e ottoni. Un arazzo da fin-de-siècle elegante e completo, fatto di paesaggi ora dinamici, ora evanescenti, ora rasserenanti, incorniciati da quell'incomprensibile glossolalia che sa parlare all'anima: se cercassimo il pelo nell'uovo, diremmo che è tutto già sentito, eppure non ci stancheremmo mai di ascoltarlo.
19/10/2022