Troppo spesso, parlando di muse punk e new wave, ci si dimentica di lei, l’ineffabile Catharina Hagen, per gli amici Nina. Una vita a sbattere in faccia al mondo le sue invettive blasfeme, i suoi deliranti mantra femministi e le sue sardoniche satire sociali, con lo sberleffo compiaciuto di chi non ha mai avuto paura di ritorsioni, neanche quando, giovanissima, accusava il fidanzato di aver dimenticato il rullino a colori della macchina fotografica (“Du hast den Farbfilm vergessen”), ridicolizzando sottilmente il grigiore di quella Ddr da cui presto sarebbe espatriata assieme al patrigno, il dissidente Wolf Biermann. Anche noi, a dire il vero, l’avevamo colpevolmente trascurata, finora, sulle nostre frequenze. Forse anche perché personaggio troppo complesso e polimorfo, sfuggente e in definitiva indecifrabile. Fatto sta che, a dispetto delle sue sessantasette primavere e dei dodici anni di pausa seguiti al precedente “Volksbeat”, che pareva aver fatto calare il sipario sulla sua epopea, la cantante berlinese è tornata a dar voce alle sue infinite incarnazioni con intatta energia, pubblicando sul finire del 2022 questo composito patchwork di nome “Unity”, che di coeso e unitario ha solo il titolo.
Niente di nuovo sotto il sole, intendiamoci. Nina Hagen ha smesso da tempo di illuminare con le sue rasoiate punk o con le sue stralunate galoppate funk-dub. Riesce a conservare, tuttavia, quel suo bizzarro “mestiere” unito a una imprevedibilità che le consente l’impensabile. Tipo mescolare citazioni bibliche e inni politici, atmosfere robotiche di marca kraut (non a caso il disco è uscito su Grönland) e vibrazioni reggae, riflessioni profonde e oltraggi kitsch.
Non mancano alcuni episodi più centrati (se il termine può mai adattarsi a lei): l’ouverture elettronica di "Shadrack" in cui radiazioni industrial, vocoder e una sbilenca andatura panzer assecondano la storia biblica di tre uomini ebrei salvati dalla morte da Dio; l’inquietante “Atomwaffensperrvertrag”, scandita da un insistito twang di chitarra (con sample di un intervento di Hagen nel 2009 al Festival della Libertà delle Nazioni Unite e un discorso all’Onu del politico americano Dennis Kucinich); gli esperimenti di “Gib Mir Deine Leibe” – tutta giocata su vocalizzi a incastro su un tappeto sonoro rarefatto – e “Venusfliegenfalle”, con l’Iggy Pop di “The Idiot” nello specchietto retrovisore; ma soprattutto il sinistro synth-dub della title track, in collaborazione con la leggenda funk George Clinton (Funkadelic), per un omaggio al movimento Black Lives Matter nato dopo l’uccisione di George Floyd, con versi come “positive vibrations surround the world’s nations” e la citazione di Coretta Scott King dal libro My Life with Martin Luther King Jr. (“Freedom is never really won/ You earn it and win it/ In every generation”): un nuovo, sentito inno politico dei suoi, sicuramente più efficace della bislacca ode reggae-punk femminista di "United Women Of The World", che pure porta la firma nobile di Lene Lovich, assieme alla cantante giamaicana Liz Mitchell dei Boney M.
C’è poi il capitolo delle cover, che, come da copione, dimenticano ogni debito di fedeltà con gli originali. Si spazia allora dal soffocante andazzo country-folk di “16 Tons”, in cui Nina ripesca lo storico brano di Merle Travis sulla travagliata esistenza dei minatori del Kentucky (“muscoli, sangue, pelle e ossa”) sfoderando un ringhio rauco alla Tom Waits, a una caracollante versione della “Redemption Day” di Sheryl Crow, impantanata in un midtempo senza verve, fino all’apoteosi kitsch della improbabile cover tedesca di "Blowin' In The Wind" di Bob Dylan (“Die Antwort weiss ganz allein der Wind”). E se “Geld, Geld, Geld” suggella un altro tributo ai santi numi del kraut-rock (Neu!?), il sommesso duetto acustico con Bob Geldof in "It Doesn't Matter Now" chiude il disco con inaspettata sobrietà. Perché Nina Hagen, in fondo, resta una persona seria. Non è mica un caso che una sua canzone (proprio la succitata “Du hast Den Farbfilm vergessen”) sia stata scelta dalla ex-cancelliera tedesca Angela Merkel come colonna sonora del suo commiato.
03/12/2023