Il dadaismo pulsante di Stephen Mallinder sembra aver ritrovato la giusta dimensione, al di là del tempo passato e di quello perduto (la continuità non è mai stata nelle corde del poliedrico artista originario di Sheffield, già co-fondatore dei Cabaret Voltaire). Così, tra pandemie varie e reclusioni forzate, Mallinder si è rimesso subito in moto registrando in Cornovaglia questo “Tick Tick Tick”, album che esce a tre anni di distanza dal precedente “Um Dada” (sempre su Dais Records). Lo ha fatto in compagnia di Benge (Ben Edwards), ormai suo fidato collaboratore.
Il musicista inglese riparte dalle coordinate presenti nella precedente esperienza, rendendole tuttavia più corpose e meno concettuali: quello che ne deriva è un prodotto dal maggior peso specifico, nel quale si rincorrono suggestioni minimal, house, elettro-funk (“Guernica Gallery”) e proto-industrial (il cupo incedere di “Shock To The Body”), all’interno di un contesto generale che lo stesso compositore ha definito di matrice wonky disco (“The Trial” rappresenta forse l’esempio più calzante in tal senso).
È una ricerca interiore, quella di Mallinder, un percorso che lavora per sottrazione attraverso un groove tanto gelido quanto sensuale: episodi come “Ringdropp” (con deviazioni Detroit techno) o “Hush” (un notevole notturno cibernetico) testimoniano quanto detto, scatenando un’ipnosi modulare non indifferente (“Wasteland” aggiunge persino un tocco di eleganza all’insieme).
Ogni brano mette in evidenza uno spirito che si disseta inesorabilmente alla sorgente, costeggiando a tratti quella linea retta Zurigo-Sheffield che già fece la fortuna dei Cabaret Voltaire. Nel 2022, tutto suona meno originale e entusiasmante, ma bisogna dare atto a Stephen Mallinder di essere riuscito ancora una volta a rinnovare con gusto e intelligenza la sua totale libertà di espressione. Sofisticato.
13/07/2022