Se seguite l'hip-hop di frontiera e avete un debole per gli outsider, allora vi sarà certamente capitato di inciampare in Joseph Murphy e nel suo hip-hop citazionista, folle il giusto e sapientemente cesellato. Attivo dal 2017 e già artefice di un buon numero di dischi più o meno ambiziosi e validi, Murphy ha probabilmente trovato la quadra con questo "Paper Cut From The Obit", zeppo di echi settantiani (dunque jazz e funk mano nella mano, ma anche groove bombastici e profumi di pomeriggi passati a guardare i Jefferson in tv) e di beat che sembrano provenire da e andare in tutte le direzioni (Madlib porge i suoi più affettuosi saluti), il tutto condito con un rapping che sta a metà strada tra la declamazione di un profeta su di giri e il ghigno sardonico di uno che ne ha viste tante, prima di decidere che la cosa migliore da fare è raccontare, non agire.
Impreziosito da una produzione tanto densa quanto minuziosa nel dare il giusto peso a ogni singola tessera del puzzle, "Paper Cut From The Obit" è il classico disco che unisce al piacere dell'ascolto (munirsi di cuffie, please!) le delizie dell'indagine microscopica, cosicché tra il vertiginoso jazz-funk orchestrale di "Erfurt Latrine" (la cui prima parte mi ha fatto pensare addirittura ai No Trend, ovviamente a quelli fuori di testa di "Tritonian Nash - Vegas Polyester Complex") e il climax enfatico di "Babies", con featuring di MC Paul Barman e versi quali "Make eye contact and repeat back gibberish/ Parents tend to pretend they're bigger fish/ than little kids just because inside they denied an inner wish" (a dire, tra le righe, che è dei bambini il regno del desiderio più profondo, il regno della visione poetica), cosicché, si diceva, tra l'alfa e l'omega di questi solchi si distende una no man's land di punti di fuga, di beats & rhymes che si affastellano come in un luna park da ultimo giorno dell'umanità, quando insomma tutto è concesso, soprattutto la superbia della megalomania che non di rado sfocia in magniloquenza, perché magari abbiamo trascorso la vita intera a definire la nostra identità, il che, a conti fatti, equivale a dire che abbiamo escogitato un modo più raffinato di sopravvivere: "You had your dreams and places to go/ Tryin' to survive - it's a talent of mine", si ascolta nella languida ballata di "Tithes", Armand Hammer e Moor Mother a dare man forte.
E cos'altro, ancora? Il beat asimmetrico e il sample di pianoforte ottuso che innervano "Jettatura", una "AM PM" che stratifica sample e visioni per trasformare la catchyness in vera e propria paranoia, dunque la presenza baffuta anche di Maestro Zappa in "NEET Daughter", l'ipnotica "Gravid Patch" (in cui Murphy condivide il microfono con Defcee e R.A.P. Ferreira) e, ancora, "Mantindane" (ritornello etereo incastonato dentro un solido jazz-funk) e la seconda parte in sci-fi mode di "Paintings Of Panspermia", che discute di "anarchismo epistemologico" ("Einstein disproven, epistemological anarchism spawned/ All theories can be wrong, so show me phenomenon/ Entertainment matrix, you pay to be the greatest") e che in un universo parallelo qualcuno avrà sicuramente usato per sonorizzare la versione blaxploitation del quarto episodio, "Jupiter And Beyond The Infinite", di "2001: Odissea nello spazio".
Tutto questo per dire, o almeno per provare a dire, che "Paper Cut From The Obit" merita decisamente la vostra attenzione.
08/08/2023