Dolore, morte, smarrimento, lutto: i Darlingside proseguono il loro racconto sulla malinconica quotidianità dell’essere umano. “Com'è possibile che tutto ciò che vive un giorno morirà?”, si interroga il gruppo americano in “Sea Dogs”, guidato dalla profonda consapevolezza che ogni essere vivente appartiene anche alla morte, in quanto evento naturale, ogni cosa nasce, muore, muta e rinasce. Come quando osservando le nuvole si intravedono lupi marini, aquiloni e palloni, allo stesso modo la natura rigenera se stessa. E’ dunque l’inevitabilità della morte e del cambiamento il punto di partenza per trovare in se stessi la pace.
La sfida di “Everything Is Alive” è raccontare la poesia e la bellezza del mutamento e del rinnovamento. Nell’affrontarla la band sceglie un diverso approccio creativo da quello finora usato per i precedenti album. L’affascinante armonizzazione delle quattro voci - Don Mitchell, Auyon Mukharji, Harris Paseltiner e David Senft – continua a essere l’elemento distintivo della band, ma ognuna delle canzoni nasce da una voce solista, offrendo a ognuno dei membri l’occasione di esternare con più forza una personale visione poetica e musicale, che alfine diventa sempre corale, fino a raggiungere rare apoteosi armoniche e liriche, che raccolgono l’eredità (spesso trascurata) di Crosby, Stills, Nash & Young, di Simon e Garfunkel, dei Pentangle e, perché no, dei Lindisfarne.
Ennesimo gioiellino destinato all’oblio di critica e pubblico, “Everything Is Alive” mette in fila slanci acoustic-folk immersi in atmosferiche dissonanze e intrecci di strumenti acustici, synth, voci e percussioni che regalano nuove sfumature a emozioni come malinconia e meraviglia (“Lose The Keys”) o gentili accordi di piano che accolgono una voce solitaria per poi aprirsi a uno dei riff più travolgenti del disco (“All The Lights In The City”).
E’ in verità difficile indicare una canzone, tra le dodici incluse nel disco, che prevalga sulle altre. L’intensità delle voci e il raffinato arrangiamento alla Blue Nile di “How Long Again”, la fragile dolcezza dell’articolata eppur semplice struttura orchestral-baroque-folk di “Down Here”, i richiami al folk inglese del madrigale stile Amazing Blondel di “Darkening Hour” e il fluido e sontuoso intreccio ritmico e melodico in chiave folk/country di “Baking Soda” sono perle di raro fascino, che hanno pochi eguali nel panorama contemporaneo.
La grande risorsa dei Darlingside è senza dubbio il prezioso intreccio tra le voci dei quattro musicisti, ma è facile cogliere elementi sonori altrettanto peculiari, come le originali rifiniture delle percussioni e delle tastiere nell’avventurosa ballata folk “Right Friend”, l’incantevole nenia rituale del gioioso canto a più voci di “Eliza I See” o il delicato fingerpicking di “Can't Help Falling Apart”.
Come accennato nelle premesse, “Everything Is Alive” è un album che vive di fluttuanti contrasti tra dolore e gioia, un susseguirsi di emozioni allo stesso modo naturali, vitali, vive. Anche quando piano e voce prendono per mano la melodia della conclusiva “The Breaking Of The Day”, è difficile non percepire l’intensità che si cela dietro ogni canzone del gruppo di Boston, protagonista dell’ennesimo elegante affresco della tradizione americana.
16/09/2023