Esplorare il senso del sacro attraverso il suono. Si potrebbe sintetizzare in questo modo il processo di ricerca attivato da Gianluca Becuzzi a partire dal 2020 con “In Between” e che con la pubblicazione di “Black Mantra” si cristallizza definitivamente in una monolitica quadrilogia profondamente evocativa. Le singole produzioni, oltre al formato - tutte doppie uscite curate da St.An.Da , una delle tante costole della Silentes di Stefano Gentile – e al tema di base, condividono il ripescaggio di istanze estratte dall’avanguardia novecentesca, riviste e perfettamente fuse a principi compositivi contemporanei.
Minimalismo, echi etnici e drone music intersecano chitarre doom taglienti in un insieme scurissimo dedicato al mito di Kali, la dea indù della morte, del tempo, del potere supremo, della distruzione e del cambiamento. Quello messo in scena è un rituale nero fatto di bordoni sinistri e ritmi profondi, un territorio ibrido che si muove costantemente tra asperità metal e litanie care alla tradizione indiana, permeato da modulazioni maschili e femminili che squarciano un tessuto sonoro fitto, rifinito con notevole cura.
Alle traiettorie più stringate e sfaccettate del primo disco – dalla percussività di “Devotional Prayers” e “Dance And Revelation” alla liturgia essenziale di “Evening Star” – si contrappongono i tre paesaggi sconfinati della seconda parte, oceani di pura desolazione arricchiti dagli intarsi di harmonium indiano e chitarra acustica preparata cesellati sapientemente da Antonio Tonietti. Tutto si fa tetro e assoluto, lasciando deflagrare in tutta la sua maestosità il potere immaginifico di un’opera compatta, estesa ma dotata di indiscutibile fascino.
17/01/2024