La Lovegang126 è un collettivo romano che ha traghettato la nostra scena hip-hop degli anni Dieci verso il mainstream, coniando al contempo una propria cifra estetica malinconica, quotidiana e stradaiola. Il più prolifico, e il primo a farsi conoscere da un pubblico più ampio, è stato Ketama126, ma la superstar della crew è stato Carl Brave, che ha pubblicato “Polaroid” (2017, doppio disco di platino) con Franco126, un album malinconico, al confine tra intimismo e poetica urbana, che ha ridefinito l’idea di pop-rap nell’epoca dell’it-pop. Questo risultato non ha avuto un seguito all’altezza né nella carriera di Carl Brave, che poi si è allontanato dalla crew, né in quella di Franco126. Un tentativo di radunare le forze di tutti i membri (oltre ai già citati, anche Pretty Solero, Drone126, Asp126, Ugo Borghetti e Nino Brown) è stato “Cuore Sangue Sentimento” (2019), l'album d'esordio del producer Drone126. Questo “Cristi e diavoli” arriva come un più ambizioso tentativo di esplorare il pop-rap dall’angolazione peculiare della crew in 18 canzoni e con molti ospiti, da Gemitaiz a Danno fino ai Tiromancino.
Simile nella struttura al cult “Ministero dell’inferno” (2008) dei concittadini TruceKlan, con tanto di ospitate e di Gel e Gemello, è un album che riparte dalle strade romane, dai pomeriggi dell’adolescenza lunga e soprattutto dall’amore condiviso per l'hip-hop capitolino tra i due millenni, che accomuna tutti i membri.
Al freddo sound digitale moderno, fatto di voci robotiche e rapstar egocentriche, si contrappone una musica basata sui sample e sui rapporti d’amicizia tra sette uomini che amano fare rap e stare insieme. "Cristi e diavoli" ci catapulta tra vicoli, sampietrini, "gente mia", "storiacce amare" e dolenti ricordi di "chi se n'è andato via", con le voci che, come in un montaggio serrato, articolano le strofe come altrettanti flash sulla vita all'altezza del marciapiede. A questo racconto verace si affianca quello più malinconico, rassegnato di "Marciapiedi", introducendo l'altra faccia, quella più drammatica, della brulicante metropoli.
Dondolandoci tra ansiogene cartoline ("Spacciasogni", "Morto in foce", "Triathlon") e polaroid nostalgiche ("Tic tac", "Classico", "Doppio filo"), incontriamo "Mani sporche", un ipnotico jazz-rap notturno che fluttua come i fantasmi urbani di cui racconta:
I miei sbandati hanno la luna di traverso
Le scarpe e i sogni consumati dal cemento
Anche brani più sentimentali, come "Sintonia" e "Confini", sono ectoplasmatici, cullati dai riverberi e rassegnati a "lasciare correre o correre via" o ad aspettare quando "passerà l'oscurità". Ad alleggerire, c'è l'epica urbana della cronaca, raccontata in "Fattaccio", o l'erotismo (involontariamente?) caricaturale di "Sexy".
La Lovegang ha scritto un nuovo manifesto dell'hip-hop romano, portandoci in un viaggio dove le ombre lunghe della città, le ferite inferte dalle droghe e dalla perdita degli amici più cari sono fulcro di brani sempre attenti a raccontare, senza filtri, istantanee di vita vissuta. Questi racconti emozionano anche grazie all'amalgama di jazz-rap e ricordi hardcore con cui Drone126 e Il Tre colorano, a tinte crepuscolari, le produzioni, rievocando Colle Der Fomento e Wu-Tang, oppure la New York minacciosa e spietata di Nas. L'approdo di questo viaggio alla fine della notte è la toccante "Tinta unita", dedicata a due amici assenti ma presenti, due storie per due voci intrecciate nello stesso sentimento, in parti uguali nostalgia, malinconia e speranza:
Chissà che cosa hai fatto in tutti questi anni
Io non ho fatto neanche in tempo a salutarti
E fammi un fischio quando passi da queste parti
Che sono in giro a fare tardi con tutti gli altri
(13/05/2023)