“Theatre Of The Absurd Presents C'Est La Vie”: cominciare dallo stravagante titolo è la cosa migliore per presentare la nuova follia musicale dei Madness, quantomeno per scrollarsi subito di dosso l'ansia di dover scrivere la parte più complicata. Il resto poi viene da sé, d'altronde chi segue la band dal lontano 1979, anno d'uscita dell'epocale “One Step Beyond...”, dovrebbe ormai più o meno sapere a cosa va incontro.
Rispetto alla line-up originale sono rimasti il carismatico frontman Graham “Suggs” McPherson, “Monsieur Barso” alle tastiere, “Chrissy Boy” Foreman alla chitarra, “Bedders” al basso, “Woody” alla batteria e “Kix” Thompson al sassofono, all'appello manca solo l'altro bassista Cathal “Chas Smash” Smyth che nel 2014 aveva abbandonato la ciurma per tentare l'avventura solista col discreto “A Comfortable Man”. Poco male, così riorganizzato il pazzo sestetto di Camden giunge difatti in forma smagliante all'appuntamento col primo disco interamente autoprodotto. La succulenta novità è che adesso tutti i membri coinvolti sembrano veleggiare nella stessa direzione, contrariamente a quanto spesso accaduto in passato, quando a causa dell'acuirsi di gravi divergenze interne, il gruppo pareva aver definitivamente smarrito la rotta. Allo scioglimento del 1988 aveva fatto seguito sul finire del decennio successivo un'inaspettata reunion dagli esiti altalenanti, che ha partorito nel corso del tempo sì episodi discutibili (le modeste “Dangermen Sessions”, “Oui Oui, Si Si, Da Da, Ja Ja” e l'ultimo noiosetto “Can't Touch Us Now” del 2016) ma anche l'ottimo “The Liberty Of Norton Folgate” del 2009, ideale modello di riferimento da cui oggi i superstiti cercano di riprendere le fila.
Si tratta della tredicesima fatica in studio di Suggs e compagni ed è stata concepita durante l'isolamento forzato da Coronavirus, che anziché complicare i piani alla combriccola ne ha semmai cementato lo spirito di squadra. Le registrazioni hanno preso il via all'inizio del 2023 in un'area industriale dismessa a Cricklewood con l'ausilio di Matt Glasbey, ingegnere del mix già al fianco di Ed Sheeran, Taylor Swift e Peter Gabriel, che ha messo mano a quasi tutte le tracce, ad eccezione di “In My Street”, affidata invece allo storico team di collaboratori composto da Alan Winstanley e Clive Langer. Ne è nato un ambizioso concept-album strutturato a mo' di opera in tre atti e dedicato alla memoria dell'amico Terry Hall, leader dei The Specials, mancato appena un paio di settimane prima che la cricca si rintanasse in sala prove, e che assieme a Bad Manners, The Beat, The Selecter e agli stessi Madness aveva contribuito in maniera fondamentale allo sviluppo del movimento Two-Tone.
Col cambio di millennio e l'incalzare delle nuove mode le direttive ska-punk del periodo d'oro si sono affievolite ma mai del tutto spente, così alcune delle linee guida che avevano contrassegnato il leggendario nutty sound dei primissimi lavori sopravvivono a sprazzi anche in questo “Theatre Of The Absurd Presents C'Est La Vie”: ne sono testimonianza ottoni a go-go, testi sarcastici, arrangiamenti baldanzosi e certe ritmiche velenose che permeano la scaletta nei suoi cinquantasei minuti circa di durata.
E allora benvenuti alla commedia più nera e crudele, signori e signore.
Si spengono le luci e l'attore Martin Freeman - noto per i ruoli nelle serie tv “The Office” e “Sherlock” ma anche per quello al cinema di Bilbo Baggins nella trilogia de “Lo Hobbit” - sale sul palco per recitare “Prologue: Mr. Beckett Sir...”, che si rivolge cordialmente al drammaturgo irlandese (“Mr. Beckett Sir, it's time, your audience awaits”). La sua narrazione parlata, inserita a intervalli regolari tramite pièce di una manciata di secondi, serve a enfatizzare le dinamiche da music-hall: più avanti si potrà udire anche in “Act One: Surrounded By All Sides”, “Act Two: Damsel In Distress”, “Act Three: The Situation Deteriorates” e “Epilogue: And So Ladies And Gentlemen...”, ma intanto con la quasi title track “Theatre Of The Absurd” attacca lo spettacolo vero e proprio. Il brano decolla grazie ai fiati e al pianoforte di Barson ed è un malinconica macchietta a tinte beatlesiane dove, per tradurre alcuni dei versi più significativi, “gli attori inciampano con le maschere ma senza una vera trama, non ci sono segnali d'uscita e tutte le porte sono bloccate”.
Il progressivo sfacelo della realtà londinese è un topos ricorrente nel catalogo della band, come lasciato presagire anche stavolta dai nuvoloni grigi che nella foto di copertina si addensano alle spalle dei protagonisti. Organo e percussioni funkeggianti spadroneggiano invece in “If I Go Mad”, di taglio corale, e nella avvilente storiella di ladruncoli a sfondo autobiografico “Baby Burglar”. Dal prologo si passa finalmente al primo atto, imperniato su tre pezzi venati di rabbia mista a rassegnazione, ossia l'altra semi title track “C'Est La Vie” (dall'andatura reggaeggiante e dalla melodia vocale che a tratti ricordano vagamente “Guns Of Brixton” dei Clash), “Hour Of Need” e “What On Earth Is It (You Take Me For)?”, quest'ultima cantata a sorpresa da Thompson su groove danzerecci.
Il secondo atto è più breve ed è costituito dalla sola “Round We Go”, una canzone pop più classica e rilassata, mentre il terzo atto è inaugurato da “Lockdown And Frack Off”, che riporta mestamente le lancette ai giorni della pandemia e invita a staccare la spina denunciando i danni da abuso di social media.
Come da Dna, non ci sono hit sensazionali ma l'ascoltatore può godere di un'immensa varietà espressiva: ora si spazia con disinvoltura dal synth-pop di “The Law According To Dr. Kippah” alla yacht-ballad “Beginners 101”, passando per la soffice disco-soul di “Set Me Free (Let Me Be)” e le garbate striature jazzistiche di “Is There Anybody Out There?” e “In My Street”, che restaura le diapositive British del vecchio tormentone “Our House” trasformandole in speranzosi ritratti d'attualità.
A questo punto un piccolissimo spoken, denominato “Fin: “Ladies And Gentlemen”, annuncia che lo show è terminato: ora può calare il sipario, ma l'impressione è che “Theatre Of The Absurd Presents C'Est La Vie” girerà a lungo sul piatto. Ci voleva il genio di sei musicisti d'esperienza per incanalare la frustrazione in un songwriting colto, audace e spregiudicato, non per nulla l'album ha debuttato in testa alle classifiche inglesi. Se escludiamo dal conteggio un paio di compilation (solo “Complete Madness” nel 1982 e “Divine Madness” nel 1992 erano riuscite nell'impresa) a quasi quarantacinque anni dagli esordi anche questa è una prima volta da festeggiare. Così è la vita, chi lo avrebbe mai detto?
02/12/2023