Spesso, la pubblicazione di greatest hits ha come obiettivo principale quello di tracciare una linea, una sorta di sommatoria sul percorso compiuto fino a quel momento. Le motivazioni che spingono a proposte di questo tipo sono numerose: il rispetto di sontuosi contratti discografici, il venir meno di quella vena artistica che ha contraddistinto la costruzione del proprio repertorio, la condivisione multidisciplinare delle opere con altre forme artistiche o più semplicemente la sacrosanta voglia di donare ad alcune vecchie composizioni una veste diversa.
Con la presentazione del progetto "Songs Of Surrender", gli U2 toccano un po' tutte queste casistiche. La formazione dublinese attinge appieno nella dorata discografia che ha sfornato, nel corso dell'ultra-quarantennale carriera, autentiche gemme di oggettiva bellezza e importanza.
La profonda rilettura compiuta nei quaranta brani che compongono questa mastodontica collezione suddivisa in quattro dischi, ognuno dei quali denominato, a titolo rappresentativo, con il nome di un componente della band, ha regalato a motivi perlopiù storici un nuovo sound, più intimo e scevro da tutte le peculiari ossature che si erano rese protagoniste delle versioni originali. Solitamente i nostalgici della prima ora tendono a storcere il naso di fronte a operazioni di questo tipo.
I nuovi arrangiamenti, curati in prima persona da The Edge, con la collaborazione di Bob Ezrin, posseggono caratteristiche che forniscono, nella maggior parte dei casi, nuove chiavi di lettura a pezzi consegnati ai posteri con attributi differenti.
Lo stesso chitarrista ha dichiarato che il progetto "Songs Of Surrender" è partito con il chiaro obiettivo di analizzare il risultato finale ottenuto sulle canzoni trattate, a seguito dell'eliminazione di ogni elemento considerato strutturalmente prescindibile.
I più addentro alle vicissitudini di Bono & C. avranno certamente notato il forte legame identificativo che collega il titolo di questa raccolta con il libro intitolato "Surrender: 40 canzoni, una storia", tomo che lo stesso frontman aveva pubblicato lo scorso novembre ripercorrendo la saga della band proprio lungo quaranta brani, non esattamente gli stessi di questa raccolta, approfondendo in particolar modo questioni filosofiche, religiose e politiche.
Lo stesso Bono, in queste nuove riproposizioni, pilota il proprio ruolo con un diverso piglio interpretativo, più consono alle garbate atmosfere imposte dagli arrangiamenti.
Com'è ovvio che sia, alcuni episodi sono apparsi, già in sede di prima indagine, meglio predisposti all'obiettivo e non hanno avuto necessità di importanti stravolgimenti stilistici: hit come "One", "With Or Without You", "All I Want Is You", "I Still Haven't Found What I'm Looking For", "Stuck In A Moment You Can't Get Out Of" e "Peace On Earth" conservano, anche in questo frangente, quella presa empatica e magnetica già sprigionata nei raffinati mix originali, anche se il risultato finale appare alquanto trascurabile.
Sono situazioni come "Pride", cantata e suonata quasi come se ci si trovasse attorno a un falò, "Vertigo", "Electrical Storm", la dolente "Sunday Bloody Sunday", le folkeggianti "I Will Follow" e "Desire", persino "The Fly", con il suo emblematico messaggio scagliato verso imperituri e boriosi saputelli, che volano ad accaparrarsi stilla d'inedita percezione.
Un discorso a parte merita "Walk On", per l'occasione accompagnata dal sottotitolo "Ukraine", già presentata dagli U2 in questa nuova versione e con testo appositamente modificato (non l'unico brano della tracklist ad aver ricevuto questo tipo di variazione) per sostenere la campagna "Stand Up For Ukraine" di Global Citizen, una raccolta fondi per il popolo martoriato dalla guerra, che lo scorso anno aveva coinvolto numerosi artisti di fama.
"Songs Of Surrender" nulla toglie (ed è già una notizia positiva) e nulla aggiunge alla bacheca degli U2. Dopo più di quarant'anni di storia e di soddisfazioni planetarie, sia di critica che di pubblico, il quesito che ci si pone è se sia meglio gustare delle evergreen spogliate e rivestite con abiti differenti, in grado di riportare, con una diversa chiave di lettura, la mente a tempi passati o presentare delle insignificanti proposte inedite che corrono l'alto rischio di scalfire quanto di prestigioso si è costruito anteriormente (senza andare troppo lontano, basti pensare ai due loro album d'inediti più recenti).
Detto ciò, è assai probabile che questo pur rispettabile progetto vada ben presto a posizionarsi in un antro dimenticato dello scaffale che i fan hanno riservato alla discografia degli U2, tra quei dischi che difficilmente potranno essere riesumati fra qualche anno, in luogo di quelli che, al contrario, hanno scritto pagine indelebili del pop-rock mondiale e che periodicamente si sente la voglia di tirare fuori e rimettere sul piatto, nella loro forma originale, volumi che, chissà come mai, di polvere posizionata sulla costa del supporto ne posseggono davvero poca.
19/03/2023