Jlin - Akoma

2024 (Planet Mu)
footwork, idm, sperimentale

Terzo album per la produttrice statunitense Jlin, sette anni dopo la maestosa complessità di “Black Origami”. La lunga pausa dagli album di studio è stata animata soprattutto da varie collaborazioni, con artisti come Björk, Sophie e Holly Herndon e due Ep: nel 2021 il breve “Embryo”, pieno di frenesie techno e suoni esteticamente collegabili al mondo dei videogame; nel 2023, da un più corposo Ep di sei brani altamente ritmici, concentrati su mitragliate di snare e sovrapposizioni di vari pattern in un’atmosfera di visionario futurismo tribale (“Duality”). La pubblicazione di “Autobiography”, una soundtrack di un balletto del 2018, ha aperto un ulteriore fronte da esplorare, di avvicinamento alla musica classica con una traiettoria atipica dall’elettronica più ritmica e contemporaneamente ricercata. “Akoma” è al contempo un gradito ritorno a quell’imprendibile miscela di footwork, Idm, jazz e musica africana che aveva già disorientato tutti noi alcuni anni fa, ma anche una ulteriore evoluzione, che smussa alcuni angoli, calando di una tacca la frenesia e prediligendo mutazioni organiche delle composizioni, con maggiori iniezioni di musica classica.

Questa volta le composizioni cangianti di Jlin si trasformano seguendo traiettorie sempre difficili da prevedere ma secondo logiche più simili a cicli di vita in forma di puzzle musicali. L’iniziale “Borealis”, che vede collaborare Bjork, è un workout elettronico e tribale per voci frammentate e mitragliate ritmiche, che sussurra e s’affanna, si contrae e si espande fino a ridursi a un battito cardiaco.
È una musica di un futuro remoto, quella di Jlin, digitale e neo-primitiva, che gioca costantemente con la velocità e la densità, gli stili e le epoche. In pochi minuti è techno e videogame music, una misteriosa melodia orientaleggiante e un reggae per robot, come in “Speed Of Darkness”, oppure può partire da un ossessivo insistere di archi per costruire una zoppicante danza di classica meccanizzata, come in “Summon”.

Le possibilità sembrano inesauribili, perché intorno a uno spunto Jlin dispiega mondi sonori: da un synth azzannato dal phaser prende il via una danza scatenata e lirica (“Iris”); da un borbottio una techno scatenata con squarci di wobble bass e melodie sognanti di pianoforte (“Open Canvas”); da una danza africana uno studio sui ritmi tra digitale e primordiale (“Challenge (To Be Continued II)”) o tra la dimensione collettiva tribale e quella individuale della compositrice sperimentale (“Eye Am”, titolo non casuale); dal volteggiare dei violino del Kronos Quartet germoglia un frenetico incastrarsi di drum machine che sembra recuperare la dimensione del balletto già sperimentata.

“The Precision Of Infinity” coinvolge il pianoforte di Philip Glass e un coro liturgico, integrandoli chissà come nel suo modo personale di fare footwork. È il sigillo di un’artista ambiziosa e matura, attaccata alle proprie radici ma aperta al mondo, una forza della natura che costruisce e decostruisce una musica brulicante di pulsazioni, frammenti melodici e voci dosate con sapienza.
“Akoma” non ha l’impatto di “Black Origami”, che come ogni grande album non si poteva ripetere, ed è piuttosto un nuovo percorso, un’esperienza che si rivela più profonda e complessa ascolto dopo ascolto. Da studiare, esplorare, ammirare.

27/04/2024

Tracklist

  1. Borealis feat. Björk
  2. Speed of Darkness
  3. Summon
  4. Iris
  5. Open Canvas
  6. Challenge (To Be Continued II)
  7. Eye Am
  8. Auset
  9. Sodalite feat. Kronos Quartet
  10. Granny's Cherry Pie
  11. The Precision of Infinity feat. Philip Glass


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