Jon Hopkins

RITUAL

2024 (Domino)
elettronica, new age, ambient

Jon Hopkins deve averci preso gusto. Certo, non tanto quanto l'alpinista ed esploratore austriaco Heinrich Harrer, che, come ampiamente noto, durante la Seconda guerra mondiale decise di rifugiarsi per sette anni in Tibet, ma ci siamo molti vicini. Quantomeno sul piano spirituale. Perché l'ex-allievo di Brian Eno, dopo aver provato a scalare gli stati superiori della mente e della coscienza con "Music For Psychedelic Therapy", in "RITUAL" punta dritto all'anima, un po' come già capitato con il poco riuscito "Singularity", dando vita stavolta a quello che potremmo definire un mantra elettronico diviso in otto movimenti.

Accompagnato dai collaboratori di lunga data Vylana (voce), 7RAYS (sintetizzatori, percussioni), Ishq (sample e altro), Clark (sintetizzatori), Emma Smith (violino), Daisy Vatalaro (violoncello) e Cherif Hashizume (modulari), Jon Hopkins ripercorre alla sua nuova maniera anche i fasti dei bei tempi, quelli di "Immunity" per intendersi, quando le macchine a disposizione avevano ancora un significato terreno, addirittura trasferibile sulle piste ballo, dunque non solo trascendentale. Accade subito in "Altar" e "Palace/ Illusion", con le pulsazioni e le melodie di "Open Eye Signal" che tornano in auge e mutano in vapore, o incenso per restare in tema. Due lente catarsi introduttive di un disco appunto altamente meditativo, ma asciutto e coeso quanto basta per smarcare Hopkins dalla spocchia new age delle collane editoriali e dalla fascinazione orientale che subentra impietosa una volta varcata la soglia dei quaranta. "Trascend/ Lament" rimarca infatti questa magica sospensione ideata da Hopkins sotto forma di liturgia ancestrale, con le voci filtrate a mo' di angelo che entrano in punta dei piedi tra un episodio e l'altro.

Se volessimo fare un parallelo, non potremmo non citare le recenti uscite di Steve Roach e Michael Stearns, in particolare il sottovalutato "Beyond Earth And Sky" del 2021, soprattutto per la fase centrale dell'album, in cui il ritmo si fa più ossessivo e tribale, mentre i suoni decadono e si ricongiungono, emancipando così l'opera su direzioni meno prevedibili. È un'ascesa che termina con "Dissolution", configurando un atterraggio emotivo che ricongiunge i timpani e la mente con la luce inseguita nei primi istanti di "RITUAL", fino ad abbracciarla nella conclusiva "Nothing Is Lost", che pare quasi una traccia di Michel Uyttebroek e soci.

Con "RITUAL", Jon Hopkins si consegna, almeno per ora definitivamente, all'elettronica ambient, insomma alla quiescenza come stato d'animo da assemblare musicalmente in studio. Un disco comunque sia riuscito, ma anche da prendere o lasciare.

05/09/2024

Tracklist

  1. Part I - Altar
  2. Part II - Palace / Illusion
  3. Part III - Transcend / Lament
  4. Part IV - The Veil
  5. Part V - Evocation
  6. Part VI - Solar Goddess Return
  7. Part VII - Dissolution
  8. Part VIII - Nothing Is Lost

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