Marina Satti

P.O.P.

2024 (Minos)
greek-pop, aegean-folk, neoperreo

E se vi dicessi che finalmente qualcuno dalle parti di Atene ha trovato una strada per modernizzare il pop greco? Una strada che non solo sia realmente improntata a percorrere il cammino verso la contemporaneità, ma che trovi nel mentre il successo necessario per attecchire, e perché no, anche sconcertare parte del pubblico? Magari operando un po' come la cara Rosalía in Spagna, adattando al canovaccio della tradizione locale suoni, ritmi e attitudini provenienti da tutto il mondo. Occhio però a definire Marina Satti, esplosa in popolarità lo scorso maggio grazie alla sua apparizione all'Eurovision Song Contest, come il derivato greco della celebre popstar spagnola. Con un'attività tracciabile indietro al 2006, e un ricco percorso nel mondo del jazz, del canto polifonico e del teatro, giunge alla musica pop con un bagaglio ben più sostanzioso e un'esperienza che esplora, dapprima con “Yenna” nel 2022, e quest'anno con “P.O.P.” (doppio senso che oltre al genere indica il corrispettivo ellenico per “D.O.C.”), il potenziale ibrido della secolare eredità musicale greca, perché no, togliendosi anche qualche sassolino dalla scarpa.

Laddove nel primo album gli influssi contemporanei provenivano più dalla sfera r&b, opportunamente rarefatta e “misticizzata”, quanto va proponendo Satti nel più recente Ep pesca piuttosto dal glocalismo di stampo latino e dal post-club più severo, lasciandoli interagire in piena libertà con le ossature ritmiche del folk dell'area greca, che si tratti del syrtos cicladico, del pentozali cretese, del hasapiko tipico della zona macedone. Il tutto con grande divertimento e una generosa dose di ironia: dal meta-video, tutto incentrato sui cliché associati alla Grecia, di “Zari”, la canzone in gara all'Eurofestival e momento tra i più sfrontati degli ultimi anni di concorso, alle forme più aeree di “Tucutum”, il risaputo tratteggio ritmico del reggaeton sa diventare tutt'uno con le pesanti derive dei fiati settentrionali. L'autrice ora lancia i suoi strali, ora diventa amante ferita, gioca con i generi e le loro decostruzioni.

Cori maschili, vocalizzazioni a profusione, improvvisi break melodici, ritornello e controritornello strumentale, il tutto senza mai sacrificare la forza pop dell'assetto. Satti dimostra ripetutamente come si fa, come operare di scarto e sorpresa, che si tratti di calzare i panni di vecchie glorie del cinema nazionale (l'attenta ricostruzione del canto e della personalità di Aliki Vougiouklaki nel brillante ballo-scongiuro di “Lalalala”) oppure dire addio ai tanti migranti morti nella traversata mediterranea, nello straziante abbraccio marino di “Ah thalassa”.
Apparentemente un patchwork delirante, un aggancio di mille clip sonore pescate da chissà dove, “Mixtape” e i suoi dieci minuti costituiscono il fulcro concettuale dell'intero progetto, una clamorosa replica a un intero sistema mediatico che ne criticava la scelta per l'Eurofestival, che ne prediceva il fallimento (tanto che “Zari” è disco di diamante in Grecia), che la accusava di giocare sporco con un globalismo affettato (poco importa che l'impronta sia sempre tangibilmente, fieramente greca).

Per quanto impossibile da seguire a chi non parla la lingua, nel suo impressionante, divertito avvicendarsi di umori, sonorità, atteggiamenti (si passa dal rap al laiko contemporaneo in un battito di ciglia), diventa, con buona pace di Kendrick Lamar, il dissing più intelligente e meglio strutturato dell'anno. Stin iyia sou, Marina!

05/01/2025

Tracklist

  1. Tucutum
  2. Zari
  3. Stin iyia mas
  4. Lalalala
  5. Eimai kala!!!!!!!!
  6. Mixtape (ft. Lefteris Pantazis, Vlospa, OGE, Rack, Efi Thodi)
  7. Ah thalassa




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