I was bored, bought a jet, made a billion
Nah, fuck that, bitch, I need a trillion
Nah, fuck that, bitch, I need to feel it
Il classe 2000 Noah Olivier Smith
alias Yeat è un rapper e produttore californiano che ha iniziato a farsi conoscere nel 2018 con alcuni brani e un Ep, "Deep Blue Strips". È TikTok che porta la sua musica a un pubblico più ampio nel 2021, grazie al
sound allucinato e futuristico della sua trap e dai testi semplici e sopra le righe di brani come "Get Busy". L'album d'esordio "Up 2 Me" (2021), che arriva dopo un filotto di quattro
mixtape e altrettanti Ep, lo impone come uno degli esponenti di punta della nicchia stilistica del
rage, una sottospecie di trap con synth imponenti e cinematografici, atmosfere allucinate,
beat semplici e ripetitivi,
sample o melodie brevi in
loop.
Più che la sovrabbondanza di brani, alcuni abbastanza omogenei da confondersi, Yeat si distingue grazie a uno stile che aggiorna Future a un'estetica futuristico-distopica diventata più diffusa negli ultimi anni, come certificato da "
Utopia" (2023) di
Travis Scott. I successivi album "2 Alive" (2022) e soprattutto il visionario "Afterlyfe" (2023) sfruttano il suo
sound e il suo stile fino allo sfinimento, aggiungendo variazioni su variazioni senza mai mostrare l'ambizione di andare davvero oltre, pur consegnando all'ascoltatore brani spesso ossessivi e distorti, che hanno pochi paragoni nella scena.
Nel giro di tre album in tre anni, sembra che tutto quello che Yeat doveva dire sia stato già detto. Poi, a sorpresa, questo "2093" cambia le carte in tavola.
Dando nuova linfa alla ricerca di un
sound distintivo, l'album ci catapulta in un mondo futuristico e immaginifico, intriso di fascinazioni
sci-fi sin dall'uno-due iniziale dell'esplosiva "Psycho CEO" e della più melodica e pensosa "Power Trip", due brani diversi e cangianti, prima di spostarsi su un
dancefloor del futuro remoto con "Breathe". È l'inizio di un susseguirsi di canzoni che allargano il campo d'azione di Yeat in modo sostanziale, anche abbracciando il rumore e la distorsione ("More"; "Keep Pushin'") o l'estetica
rave in chiave distopica ("Riot & Set It Off").
Se da un lato, però, l'opera si distingue per la forza evocativa e l'audacia delle produzioni, dall'altro la sua omogeneità tematica e gli arrangiamenti assordanti possono affaticare. La scaletta di ben 22 brani per 70 minuti fa il resto, soprattutto quando vira verso pezzi più tipicamente trap.
Il
sound è il fulcro di "2093", un mix complesso di
autotune a profusione,
texture elettroniche e suoni industriali che riesce a trasmettere un senso di distopia avvolgente, claustrofobica e allo stesso tempo affascinante, permettendo anche alcune esplorazioni emotive ("Bought The Earth").
Le produzioni sono impeccabili e spettacolari: ogni traccia è un mosaico minuzioso di synth taglienti e stratificati, montati su
beat imponenti e spesso asimmetrici, con echi, riverberi e distorsioni a fungere da collante. Le scelte sonore suggeriscono un film di fantascienza mai girato, dando vita a un paesaggio sonoro unico, che riesce a trasportare l'ascoltatore in un altro tempo e in un altro luogo. Certamente un film valido più per la spettacolare messa in scena e gli effetti speciali che per i dialoghi e il messaggio: i testi sono ripetitivi e spesso demenziali nella loro semplicità.
Ci sono dei brani che si distinguono nella lunga scaletta, come la trap ipnotica di "U Should Know" o il balletto
southern dal futuro remoto "I LUV", ma "2093" è un album più di
soundscape che di canzoni. Non lascia indifferenti: se ogni tanto la monotonia può scoraggiare, la cura per i dettagli sonori e la forza evocativa lo rende un lavoro di grande impatto, un
unicum per la musica trap e una finestra sul mondo tra 69 anni. Forse è Yeat il Future del... futuro.
03/10/2024