Ditz

Never Exhale

2025 (DITZ)
post-post-punk, noise-rock

La prima volta che ho visto citato il nome dei Ditz sulla stampa specializzata è stato in occasione di un’intervista alle Lambrini Girls, quando il duo inglese li ha nominati fra le sue formazioni preferite. A volte può bastare una semplice frase per accendere d’improvviso l’hype intorno a un progetto musicale. Le due band sono accomunate dalla medesima provenienza geografica. Non so se siete mai stati a Brighton. Adoro le città che affacciano sul mare, anche quelle che ti costringono a fare running con il vento che ti taglia il viso, anche quelle dove noi italiani evitiamo di fare il bagno perché l’acqua ha perennemente temperature ostili. Ma Brighton ha le coloratissime beach huts, in pratica dei piccoli garage metallici posti in sequenza direttamente sulla spiaggia, perfetti per una schitarrata davanti la brace accesa domenica mattina verso ora di pranzo. Passeggiando per le vie di Brighton, salta all’occhio la quantità di negozi di strumenti musicali: una concentrazione per numero di abitanti che in Italia non conosciamo. E poi ci sono i super-affollati beach party estivi, insomma, è evidente quanto la musica possa essere centrale in questo luogo posizionato a sud di Londra, motivo per il quale quasi ogni mese leggiamo di un’interessante next big thing che arriva proprio da lì.

“Never Exhale” è il secondo album dei Ditz, inaugurato dal rumore di una macchina che si accende, la Volvo V70 utilizzata durante il loro precedente tour. Inizia così un viaggio allucinato, che nella prima traccia assume le sembianze di una colonna sonora horror, sinistra e rumorosa. Due minuti di terrore smorzati dall’incedere dance-punk (sta andando molto di moda fra le nuove leve, vedi Fat Dog e affini) di “Taxi Man”, giustamente scelta come singolo apripista. La voce di Callum Francis si innesta alla perfezione su questi suoni, incitando a proseguire la guida: “So I get back in the car/ And I tell him to keep on driving” è lo slogan ripetuto fino allo sfinimento. Vivace anche la successiva “Space/Smile”, altro capitolo che si consuma nello spazio di un paio di minuti, mentre il carico ansiogeno continua ad aumentare. In “Senor Siniestro” il cantato è inizialmente insensibile, prima della deflagrazione che avviene verso metà traccia, anticamera alla quale fanno seguito scariche elettriche e riff chitarristici.

Se il disco terminasse qui, sarebbe già un gran bel sentire, e invece ci attendono ulteriori sei brani a qualificare ancor meglio un lavoro che si posiziona idealmente a metà strada fra il post-post-punk socialmente incazzato degli Idles (con i quali sono stati di recente in tour) e quello ancor più deturpato dei Gilla Band: occhio a “Four”, mi darete ragione…
L’atmosfera diviene sempre più esasperata proseguendo nell’ascolto: in “God On A Speed Dial” il disagio si tocca con mano, così come nel drammatico, claustrofobico crescendo che caratterizza “Smells Like Something Died In Here”. La tensione non si allenta nemmeno nel finale, fra una “18 Wheeler” che prende a prestito il noise-rock dei Sonic Youth, il tocco gotico di “The Body As A Structure” e le ultime deviazioni sancite dalla conclusiva “Britney”, a sviluppare una sintesi sonora che non mancherà – ne siamo certi - di avere grande impatto anche nella trasposizione live.

06/02/2025

Tracklist

  1. V70
  2. Taxi Man
  3. Space/Smile
  4. Senor Siniestro
  5. Four
  6. God On A Speed Dial
  7. Smells Like Something Died In Here
  8. 18 Wheeler
  9. The Body As A Structure
  10. Britney