Non rappo per la rete
Che cazzo ne sapete?
Tra influencer e boomer
Oggi il Führer farebbe lo youtuber
"
Caos" (2022) era stato una sorpresa, dopo una serie di album meno brillanti. Nel frattempo
Fabri Fibra è diventato più conosciuto anche presso un pubblico di giovanissimi in quanto giudice di "Nuova Scena", il
talent show a tema rap di Netflix, trasposizione nostrana del format "Rhythm + Flow". "Mentre Los Angeles brucia" è un album più eterogeneo e meno puntuto, che come il precedente ha dei cali d'ispirazione ma registra anche delle zampate da vecchio leone della scena, ormai arrivato in prossimità dei cinquanta.
Se "Caos" iniziava con un
sample di Gino Paoli, questa volta tocca a
Francesco Guccini introdurre la cupa trap de "L'avvelenata (Pretesto)". Anticipa soprattutto lo spirito delle canzoni più aggressive e cupe, come la trap "Karma Ok" ("Tu puoi ammazzarti come il cantante dei
One Direction"; "Tutti i miеi drammi, e il disco lo droppo/ Chi cazzo pensavi fossi
Sangiovanni?"), la muscolare "Sbang" (ft.
Noyz Narcos) o la lugubre e amara "Come finirà?" ("Casa pulita così sembra tutto a posto"), ma in realtà una buona parte della scaletta è tutt'altro che avvelenata. Ci sono almeno due tentativi di hit, sinceramente non molto convincenti: la malinconia pop-rap di "Che gusto c'è" (ft. Tredici Pietro) è una critica sociale fin troppo insipida e risaputa; "Stupidi" (ft. Nerissima Serpe & Papa V) serve soprattutto a farlo conoscere dai minorenni, ma siamo troppo vicini alla vecchia "Dietro front" con Emis Killa.
Meglio l'elettronica misto pop-rap di "Milano Baby" (ft.
Joan Thiele), un acquerello relazionale dolente che ricorda "Stavo pensando a te" e la tragica denuncia sul malessere giovanile di "Tutto andrà bene". Si trova spazio anche per una dedica al figlio che mai avrà ("Figlio"), fin troppo scontata nello sviluppo.
C'è anche un pizzico del Fibra dei primi tempi: quello sgangherato e caustico di "Tutti pazzi" ("Mai andato nel dark web/ Ci trovi solo armi e puttane/ Come le canzoni rap italiane/ Al numero uno tutte le settimane") e quello che racconta l'inferno della vita domestica in "Mio padre" ("Dentro me so di essere fottuto/ Sarà che non parlo con nessuno/ Passo dentro periodi di buio/ Colpa della infanzia che ho avuto"). Ricompare persino un brano degli Uomini di Mare, lo storico trio in cui Fabri Fibra militava prima della carriera solista: "Verso altri lidi" è a tutti gli effetti un classico, qua lucidato e con un nuovo
beat ma ancora di un'altra categoria, nonostante risalga al 1999.
"Mentre Los Angeles brucia" non è la mezza rinascita che fu "Caos". Alterna varie incarnazioni di Fabri Fibra: l'
hitmaker, il rapper intimista, l'ultraquarantenne che vuole (e può) essere ancora attuale e anche l'artista
cult, che può rimandare ai suoi classici in modo più o meno esplicito. Quando indovina le rime, è ancora infallibile, senza dover sfoggiare virtuosismi e senza perdere di comunicabilità. Nel marasma di pubblicazioni del nostro hip-hop
mainstream, è comunque un album sopra la media, ma nella sua discografia sembra soprattutto un pretesto in più per ricordarsi che
Fabri Fibra c'è ancora e può ancora aggiungere qualcosa alla (nuova) scena.
20/06/2025