Chi ha detto che un lutto si possa affrontare solo tramite la solita ballata triste? O che la vita notturna post-pandemia, nella moderna New York, debba sottostare per forza alla stanchezza della gentrificazione più spietata? Certo, la vita scorre inesorabile ed è impossibile non notarne le cicatrici, incise sia sulla pelle che dentro al cuore. Ma la musica elettronica ha un lato B, una forza catartica tutta sua, talvolta sottile da captare sotto un andamento in 4/4, ma è proprio questo il messaggio esplicito del qui presente ascolto, titolato come un’esortazione: “Love Louder”. Lungi dall’essere un semplice schiamazzo riempi-pista, il lavoro inanella con grazia una sequenza di setati beat e limpide melodie, cangiando dall’emozione di un addio alle rabbie e ai rimpianti d’amore, e alla sensualità notturna più languida e conturbante, perché la vita arriva tutta assieme, non sta a noi stabilire la sequenza dei suoi guai.
Due veterani della scena underground newyorkese, adesso, ne rimettono assieme i cocci rotti a modo loro; Eli Escobar, dj e promoter, oggi anche direttore di un club tutto suo, e Nomi Ruiz, la calda voce di burro fuso un tempo nota come Jessica 6 e prima ancora nell’organico degli Hercules & Love Affair.
I due collaborano assieme da anni, il loro primo incontro su nastro risale al 2011, ma “Love Louder” ne incorona finalmente la sinergia: house ovviamente, ora ruvida e stradaiola, poi in tintarella alle Baleari, contornata da folate lounge e blip meccanici, ma anche notevoli richiami alle tensioni del synth-pop anni Ottanta, per un ascolto pulsante ma talvolta imperscrutabile e solitario. Nomi, innata presenza notturna, abile cantautrice e vocalist cresciuta a pane, r&b e hip-hop, cavalca con versatilità ogni stile e genere. Il risultato non aggredisce l’ascoltatore casuale né strilla hype da tutti i pori, lascia piuttosto trapelare l’emozione poco a poco.
È quel che accade con la maestosa title track, ispirata dal cantante e tastierista soul Donny Hathaway, implorante e melodrammatica sopra fili di piano elettrico e drum machine per ricordare un amico in comune (il dj Blu Jemz, scomparso nel 2018), o con la disperata “Full Fantasy”, incalzante come un numero dei Pet Shop Boys tra urgenze emotive e ansimanti coretti. L’ipnotica “Blindside” addirittura si agita sopra uno spietato giro di moroderiana memoria per contrastare l’amarezza delle liriche, ben altra pasta la sboccata e aggressiva “Juice”, squadrata e robotica come un macchinario dei New Order, mentre l’introspettiva “Glitter And Gold” offre un obliquo sguardo alla vita notturna queer che fu.
Ma il lavoro sa farsi emotivamente oscuro; sottolineata da ipnagogici tratteggi che paiono usciti dalle mani vintage di Dâm-Funk, “Go Be Gone” dà modo a Nomi di farsi musa desolata e riflessiva, mentre sulla lentezza di “The Spell”, una lacrimevole ballata sintetica in aria Desire/Chromatics, il tema verte verso un amore andato in malora. L’ascolto tocca l’apice compositvo e produttivo con la spiritata “Heathens”, costruita con taglio hip-hop e picchiettìo darkwave sopra una cangiante pulsazione house quasi percepibile al tatto, Nomi stavolta recita, ansima, implora e minaccia, giocando con i cambi di ritmo come se fosse la protagonista di un cabaret.
Eli ha chiamato il proprio club Gabriela in onore di un’amica scomparsa durante la pandemia, in solitaria continua a produrre i lavori più disparati, lambendo anche l’ambient e il sound collage. Nomi bazzica nella scena da due decenni, senza mai ottenere grandi riconoscimenti. Due anime perse sullo sfondo di una New York rumorosa e distratta, mentre l’industria discografica gli sfreccia di lato senza ritegno. Eppure è proprio qui che la loro musica respira e stira i muscoli, nelle situazioni di tutti i giorni, nello scorrere di una vita talvolta cattiva e spietata, da contrastare sempre e soltanto con due parole: “Love Louder”.
02/06/2025