Disperso tra i languori di accordi evanescenti, linee di basso sfumate e una voce sottile, che si muove lenta tra il salmodiare e il bisbiglio ipnotico da tradizione ASMR. Quello di Perila, alias di Alexandra Zakharenko, giovane russa ormai di casa nella capitale tedesca, è sin dagli esordi del 2019 un cammino coerente dentro un'estetica tanto gentile quanto inflessibile. "The Air Outside Feels Crazy Right Now", undicesimo album (senza contare la sterminata scia di oltre venti Ep già pubblicati), non introduce mutazioni nella poetica abbracciata: visioni di lande gelide, foreste sopite e un'aura di solitudine vissuta con la serenità di chi ha trovato rifugio in una dimora tra gli alberi.
È una formula che richiama lo psychedelic-folk, ma filtrato attraverso la lente sfocata della scena berlinese contemporanea. In verità, di folk resta più un'eco che una struttura: la strumentazione è in gran parte elettronica, fatta eccezione forse per qualche interferenza, come il lieve tocco pianistico, suonato con grazia su melodie vocali lontane e contemplative ("Barefeeter"); quello di Perila è un disco folk nel cuore, non nella forma, capace di evocare un immaginario pastorale grazie all'astrazione algoritmica. Una natura ricodificata in linguaggi digitali ("Fossil"), che fonde laptop-music a sprazzi di basso e chitarra elettrica, unici frammenti materici che rimandano alla tradizione psichedelica ("Gooshy").
L'opera si muove lungo un tracciato più limpido rispetto alle inquietudini dei suoi lavori più noti: non vi si ritrovano la turbolenza mistica di "How Much Time It Is Between You and Me?", né le ombre inquietanti che popolavano gli sketches di "Intrinsic Rhythm". Qui, la tensione si trasforma in quiete, in una sorta di colloquio segreto tra l'io e un ecosistema incontaminato. Perso tra le onde di nenie vocali ("Everyday Hope"), il viaggio richiama per certi tratti l'esperienza ultraterrena di Ayami Suzuki, ma anche l'immagine di una Vashti Bunyan che accarezza i tasti di un piano dimenticato, in una casa ormai derelitta ("Unseen").
Difficile dire cosa resterà di questo sussurro interiore. Gli otto frammenti raccolti qui sono come una conversazione tra le pieghe del non detto, un discorso a bassa voce, fatto di parole rarefatte da cui affiora qualcosa che vibra sotto la superficie. Lo spunto ha un fascino quasi stregato, anche se non tutto, necessariamente, ci sarà svelato. Eppure, rimane addosso la sensazione di un'attesa. Quella per ciò che Perila vorrà ancora raccontarci.
25/04/2025