Quando la qualità abbonda, la semplicità è più che sufficiente. È quel che si prova accostandosi al mondo di Rochelle Jordan, affascinante cantautrice di origini anglo-caraibiche, cresciuta in Canada e oggi di stanza a Los Angeles. Una outsider di lusso, direbbero alcuni, e non è difficile intuirne i motivi, a partire dalla conduzione di una parsimoniosa carriera giocata esclusivamente attraverso etichette indipendenti, per consentirsi libertà espressiva e tempistiche dilatate - tolti un paio di mixtape di rodaggio, a oggi si contavano appena il debutto in chiave nu-r&b, "1021", e il più recente "Play With The Changes", che aveva schiuso le porte dell'elettronica da ballo.
Ma "Through The Wall" è già il suo apice, per qualità sonora e compiutezza melodica: un'ora di felpati battiti house ed elastiche linee r&b, condotta con mano rilassata ma scattante, pronta a captare l'umore più impercettibile con una grazia che non perde mai l'equilibrio. Il risultato è un ascolto classico e orecchiabile, ma arricchito da una produzione che ne colora lo sfondo con pennellate di contemporaneità: da sotto l'atmosfera notturna, fanno capolino un portfolio di variegati breakbeat, scampoli di sciarpine lounge, macchinari garage, inserti rap e lievi friggiture post-club, tutto abilmente filtrato dentro diciassette tracce d'invidiabile fattura. Al centro c'è comunque Rochelle, che si muove abile e sensuale attraverso i ricordi anni Ottanta di Karyn White e Jody Watley, e dei Novanta di Adeva e Lisa Stansfield, salvo riportare tutto a casa con innata freschezza post-moderna.
Irresistibile, insomma; la breve preghiera "Grace" dà modo agli ascoltatori di prendere posto sotto la console, così, quando "Ladida" parte in quarta su una squadrata piano-house, sembra di stare su uno yacht in direzione Ibiza nell'estate del 2001 - stesso discorso per l'avventata "Doing It" e per una "Get It Off" che invece ne richiama con affetto le coeve mode hip-hop di Busta Rhymes e Mariah Carey.
L'autrice ha poi modo di rallentare il ritmo nella piovosa doppietta "Never Enough" e "Words 2 Say", o di rosolarsi alla Luna con "Bite The Bait", a un passo dalla prima Kelela, anche se è l'argentata "Sweet Sensation" a fornire il saggio produttivo più raffinato in scaletta - davvero impressionante la gamma elettronica tessuta attorno al brano con sottigliezza impalpabile.
Ma basta un attimo, "TTW" riparte in corsa da sotto i tacchi a spillo, legandosi ad altri numeri house come "Sum" e una favolosa "Close To Me" che sarebbe potuta essere della prima Katy B.
Manco a dirlo, "Through The Wall" non ha paura dei sentimenti: due irresistibili momenti come "The Boy" e "Crave" espletano un incontenibile appetito carnale senza un grammo di volgarità, tra stilettate di tastiera e ansimanti cori in rincorsa, due brani che già da soli reggerebbero il peso dell'intero album.
È la stessa Rochelle a sentenziare senza mezzi termini: "I'm Your Muse", una mossa che potrebbe risultare insostenibile in bocca ad altri, ma quando viene intonata da una bellezza mozzafiato sopra uno scuro tappeto dubstep, il risultato è elettrizzante. Il finale "Around" offre un club-rap limpido e sensuale, a riprova di una versatilità sempre pertinente al contesto, che poi è l'ingrediente chiave di un album tanto semplice quanto avvincente per chiunque abbia la pazienza di farsi avvolgere da tali spire elettroniche.
Perché inevitabilmente Rochelle Jordan non è nome da grandi platee e un disco come "Through The Wall" è troppo raffinato per far buca nel distratto continuum dell'era streaming. Ma a noi va bene così, anzi, meglio tenersi strette artiste come lei, capaci di pescare dalla tradizione con mano sicura senza mancare di una visione personale. Dritto tra gli ascolti più avvincenti dell'anno: Mother has arrived.
10/10/2025