Era un giovane esordiente, Thomas White, quando con gli Electric Soft Parade entrò nello scenario britpop grazie a una lunga serie di melodie memorabili e inattesi corpi strumentali tanto fluenti quanto inusuali. Questi ultimi anticipatori di una svolta accennata nell’ottimo album del 2013 “Idiots”, e quindi ripreso sette anni dopo con l’altrettanto temerario “Stages”, lavoro che ha segnato il ritorno della band dopo la parentesi orchestral-baroque-pop di Thomas White con i Fiction Aisle.
I White Magic For Lovers sono l’ennesima nuova incarnazione del musicista (Brakes, The Feltro Media, First We Take Manhattan sono le altre da aggiungere alla lista), formazione completata da Alfie White, partner non solo artistico ma anche di vita con il quale Thomas è recentemente convolato a nozze, oltre a un numero esiguo di ospiti ai quali spetta il compito di rifinire ulteriormente le delicate e fragili composizioni del duo.
Ai più attenti non è sfuggita la presenza di Thomas White dietro le ultime prove di Rose Elinor Dougall, che hanno visto l’ex-Pipettes evolversi verso un folk-pop dai toni elegantemente pastorali, un elemento che, messo insieme all’esperienza con i Fiction Aisle, anticipa le atmosfere e le direttive artistiche di “The Book Of Lies”.
La musica dei White Magic For Lovers è tanto discreta quanto apparentemente effimera, caratteristiche che forse non si addicono a una fruizione fugace e distratta: “Book Of Lies” è un disco ingannevole, pronto a mostrare le proprie virtù solo dopo un certo numero di ascolti.
Affascinata dalla sontuosa eleganza delle orchestre anni 70, la band apre l’album con cinque minuti abbondanti di svolazzi melodici degni di un film in bianco e nero (“Axelrod”), atmosfere che pian piano vengono stemperate da soluzioni pop-rock che si insinuano in composizioni di pari eleganza (“If”), fino a modificarne la struttura verso soluzioni più tipicamente indie-pop (“A Riddle Without A Clue”).
Tra bucoliche rivisitazioni delle magie vocali dei Beach Boys (“Count The Rings”),
e ballate struggenti che i fan di Nick Drake difficilmente potranno non apprezzare (“The Edge Of Nowhere”) l’album dei White Magic For Lovers prende forma e mostra tutte le sue particolarità. Tra pagine più riflessive (“Suppose”) e brani pop di facile acchito (“The Boy From The Bookshop”) la band incastona canzoni strutturalmente più ambiziose, dove emergono quelle diversità legate all’origine geografica dei due musicisti.
L’elegante bossa nova della title track e il sobrio equilibrio della ballata in stile Simon & Garfunkel di “When The Sky Darkens Down” spostano l’asse verso l’America, prima che una tipica e caliginosa malinconia British infetti una delle canzoni più avvolgenti e incantevoli dell’album, “Your Time Hasn't Come Yet, Baby”, una traccia dalle sonorità vellutate e dai gradevoli riverberi psichedelici che anticipa il tasso glicemico della conclusiva “Illusion”, ennesima delizia di un album che celebra gioie e dolori di un romanticismo d’antan, al cui fascino è impossibile resistere.
05/03/2025