Supertramp

The Logical Song

Supertramp - "The Logical Song"
(1979 - Inclusa nell'album "Breakfast In America", A&M, 1979)



Nel 1979 fu chiesto a Paul McCartney quale fosse la sua canzone preferita dell’anno. L’ex-Beatle non ebbe dubbi: “The Logical Song dei Supertramp”. Per Roger Hodgson, autore del brano, era il traguardo di una carriera intera: “Sono cresciuto con i Beatles ed è stato meraviglioso sentire che McCartney amava la mia canzone”. Potremmo anche fermarci qui e forse basterebbe, trattandosi di popular music e dei massimi luminari della materia. Ma quel prodigio d’artigianato pop, oltre alla sua bellezza, nascondeva anche risvolti inaspettati. E se non siete troppo “cynical”, avrete di che goderne...

L’aggettivo non è certo casuale, ma non è quello che ha ispirato la canzone, così come non lo è nemmeno il “logical” del titolo. Già, perché è “liberal” la chiave di volta di tutto. Quel termine, chissà come, affiora tra le labbra di Roger Hodgson mentre è seduto al suo inseparabile piano elettrico Wurlitzer in una calda giornata di Los Angeles, dove i Supertramp si sono trasferiti per consumare la celebre Colazione che avrebbe cambiato per sempre le loro vite: gli ex-squattrinati freak finanziati dallo Zio Sam (il miliardario olandese Stanley August Miesegaes) si accingevano a divenire superstar mondiali. Il barbuto Roger, maestro impareggiabile di ars melodica, aveva in canna da un paio di mesi una progressione di accordi che però non riusciva a trovare sbocchi. Intere giornate passate a rimuginare e canticchiare, poi, come per magia, arriva quella parola e – per dirla con Enzo Carella – “il pensiero va in canzone”. L’escamotage è una sequenza di aggettivi in rima, basta metterli in fila: magical, practical, intellectual, cynical, radical, fanatical, criminal e, naturalmente, logical. “Per la prima volta ho dovuto consultare un dizionario per un mio brano – confesserà il candido Roger - Volevo trovare più parole possibile che finissero in al”.
Eccola, allora, “The Logical Song”. “Una canzone nata dai miei interrogativi su ciò che contava davvero nella vita – racconta il suo autore - Ci insegnano come comportarci durante tutta l'infanzia, ma raramente ci viene detto qualcosa sullo scopo più profondo della vita. Passiamo dall'innocenza e dalla meraviglia dell'infanzia alla confusione dell'adolescenza, che spesso finisce nella disillusione nell'età adulta e molti di noi passano la vita cercando di tornare a quell'innocenza. Penso che sia ancora attuale oggi: quello che ci insegnano a scuola è tutto molto bello, ma che dire di quello che non ci insegnano e che crea così tanta confusione nelle nostre vite?”.

Tutto qui? Eh, mica tanto… Perché nel frattempo quella progressione di accordi al Wurlitzer (già magica di suo, per la verità) si era arricchita di tutta la fiera della fantasia strumentale in dote all’ispiratissima compagine britannica nell’anno domini 1979. Fantasia rimasta intatta anche nel momento della sottrazione, della sintesi. Se infatti la formula dei loro primi dischi, portata a compimento nel kolossal “Crime Of The Century”, sposava la grazia dei ritornelli pop alla maestosità strumentale del prog e a certe asprezze blues-rock ascrivibili alla seconda penna del gruppo, Rick Davies (che con Hodgson pareva quasi incarnare una riedizione del dualismo Lennon-McCartney), il nuovo album in incubazione in California doveva solo mettere a fuoco la scrittura pop, deponendo definitivamente l'ascia del progressive. Con l'accento sulla triangolazione voce-tastiere-fiati, corroborata da arrangiamenti scintillanti e da una produzione tirata a lucido.
Facile a dirsi (ora), meno a pronosticarsi (allora). Poco prima della pubblicazione del disco, Davies scommette 100 dollari con il batterista Bob Benberg sul fatto che negli Usa il disco non raggiungerà le prime 5 posizioni: come puntare una fiche sul colore sbagliato dopo aver giocato tutte le altre sul numero vincente... “Breakfast in America” frantumerà le classifiche, restando per 6 settimane al n. 1 della Top Ten americana e, con 18 milioni di copie vendute in tutto il mondo, si consacrerà uno dei più fortunati bestseller della storia del rock.

“The Logical Song” è la sua nave rompighiaccio nel blu cobalto della celebre copertina dell'Lp, griffata dalla rubiconda cameriera e dalla skyline di Manhattan, New York, carpita dal finestrino di un aereo. Una canzone perfetta dalla prima all’ultima nota, da quel portentoso incipit che entra a gamba tesa e già emoziona ("When I was young it seemed that life was so wonderful") fino al suo intero fluire in chiave C minore tra gioie e angosce, scandito dal riff di piano percussivo e ritmico, dai suoi policromatici cori degni dei Beach Boys, dal tripudio di fischi e trilli di tastiere (incluso, dopo la parola “digital”, il suono del gol di un videogame Mattel con il quale Davies si dilettava tra una session e l’altra!), prima del gran finale, con il debordante grido del sax di John Helliwell, quasi un'allegoria d'una condizione alienata, sottolineata dai versi più disperati del brano: "There are times when all the world's asleep/ the questions run too deep/ for such a simple man/ won't you please, please tell me what we've learned/ I know it sounds absurd/ but please tell me who I am". E poi la conclusione, tra sassofono, drumming concitato, effetti digitali misti a Wurlitzer e gli isterici gorgheggi. Tutto si gioca sull’abbacinante contrasto tra le liriche amare e sconsolate e le tonalità strumentali, di contro chiare e trasparenti, terse e pulite.

Ma a far decollare il brano è anche l’interpretazione di Hodgson (due ottave di estensione) con quel suo falsetto inaudito e inafferrabile: non piacione da mattonella fluo come quello dei Bee Gees, non ostentatamente celestiale come quello di Jon Anderson degli Yes, piuttosto il grido naif di un'anima candida, di un folletto fuoriuscito da un fantasy. Uno stile vocale unico, che nessuno saprà più eguagliare, forse proprio perché frutto di una combinazione irripetibile. Ma non è solo il canto a connotare il brano come profondamente hodgsoniano (Davies si limiterà ad aggiungere l’armonia vocale sul secondo ritornello): l’intero testo – al di là dello scioglilingua degli aggettivi – è una sorta di autobiografia del cantante, che allude soprattutto ai suoi anni in collegio, un ragazzo "timido e sensibile", profondamente colpito dal divorzio dei suoi genitori quando aveva solo 12 anni: “Mi hanno mandato via per insegnarmi come essere ragionevole, logico, responsabile, pratico/ E mi hanno mostrato un mondo in cui potrei essere così affidabile, clinico, intellettuale, cinico”. In un’intervista del 2012, Hodgson aggiungerà ulteriori dettagli: “Avevo 29 anni quando ho scritto il brano, cercavo risposte. La domanda scottante era: ‘per favore dimmi chi sono’. Adesso non ho ancora tutte le risposte, ma sapevo che c'era qualcosa di più profondo là fuori: un luogo di pace. E alla fine l'ho trovato”.

Completata in due settimane di perfezionistiche session, fino a quando l’ultimo tassello del mosaico non fosse andato al suo posto, “The Logical Song” diventerà la massima hit dei Supertramp conquistando il n.7 nel Regno Unito e il n.6 nella Us Billboard chart (in Italia dovrà accontentarsi dei “Dischi caldi” arrivando al 14º posto). Varrà alla band inglese il prestigioso “Ivor Novello Award” (premio della critica britannica riservato agli autori delle migliori composizioni liriche e musicali) nella categoria regina "Best Song Musically and Lyrically". La rivista Rolling Stone non avrà esitazioni a definirla “un piccolo capolavoro”. Per chi scrive, anche grande, fin da quella indimenticabile festa delle Medie (a casa della cugina di Ornella Muti!) in cui avvenne la prima folgorazione. Tra le cover più temibili, da segnalare quella che la campiona in chiave hard trance ad opera degli Scooter con il titolo "Ramp! (The Logical Song)" e finanche una surreale versione italiana di Elisabetta Viviani (“Canzone logica”).
Ma, al di là del successo, resterà la sua splendida solitudine di stravagante unicum nella storia del pop. Del resto, era e rimane essenzialmente un inno di libertà. Più liberal che logical, più magical che cynical.

When I was young
It seemed that life was so wonderful
A miracle, oh it was beautiful, magical
And all the birds in the trees
Well they'd be singing so happily
Oh joyfully, oh playfully watching me

But then they sent me away
To teach me how to be sensible
Logical, oh responsible, practical
And then they showed me a world
Where I could be so dependable
Oh clinical, oh intellectual, cynical

There are times
When all the world's asleep
The questions run too deep
For such a simple man

Won't you please
Please tell me what we've learned
I know it sounds absurd
Please tell me who I am

I said now what would you say
Now we're calling you a radical
A liberal, oh fanatical, criminal

Oh won't you sign up your name
We'd like to feel you're acceptable
Respectable, oh presentable, a vegetable!

Take, take, take it

But at night, when all the world's asleep
The questions run so deep
For such a simple man
Won't you please
Won't you tell me
Please tell me what we've learned
Can you hear me
I know it sounds absurd
Why won't you help me
But please tell me who I am
Who I am, who I am, who I am

'Cause I was feeling so logical
Digital
One two three four
Liberal



Discografia

supertrampthelogicalsong_cover_01



Autori: Roger Hodgson, Rick Davies
Produttori: Supertramp, Peter Henderson
Etichetta: A&M
Pubblicazione: marzo 1979
Durata: 4:11

Musicisti:

Roger Hodgson - pianoforte elettrico Wurlitzer, chitarra elettrica, chitarra a 12 corde, voce, cori;
Rick Davies - sintetizzatori Elka e Oberheim, organo Hammond, Hohner Clavinet con wah-wah, cori;
John Helliwell - sassofono contralto, fischietto a sirena, cori, fiato nell'introduzione;
Dougie Thomson - basso elettrico;
Bob Siebenberg - batteria, castagnette, timbales, campanaccio

Cover:

Elisabetta Viviani - Canzone logica
(singolo, 1979)

Scooter - Ramp! The Logical Song
(singolo, 2001)

Pietra miliare
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