Gang Of Four
Solid Gold
(Emi, 1981)
PROLOGO - "I clown cibernetici sono tra noi. Il circo è sulla nostra poltrona e il dramma si sviluppa su un tubo catodico. Gli ioni interferiscono con le onde alfa. I mutanti elettronici sradicano i fili della memoria e il mondo perde la sua immagine. In una cantina di Leeds, quattro ragazzi dell'Art School si trastullano con dei vecchi sintetizzatori, accumulano le grida sulla pista di un magnetofono adattato in sincro. Un basso pesante fa vacillare le pareti. Un tipo immobile, aggrappato all'asta del microfono aspetta. Un altro frusta la chitarra con un accordo lancinante, ripetitivo. Il tizio al microfono mormora qualcosa d'intelligente e ritorna alla sua postazione. “La comunicazione di massa tira il suo cappello ai grandi della storia. Le cose che accadono nel mondo sembrano così reali che potrebbero svolgersi in mezzo al vostro living-room. Quale che sia il loro orrore, gli avvenimenti sono mostrati in modo commesti-bile. L'uomo è un turista che non lascia la sua poltrona”.
Una pila di tredici televisori crolla in un fracasso di parole e d'immagini inutili. Il chitarrista non ha cambiato accordo. Il basso batte, abissa i marchingegni degli amplificatori troppo piccoli. Il tipo al microfono è congestionato. La tensione cresce. La chitarra esplode. Il basso si è ucciso. Si ascolta la batteria. Tutto s'arresta come colpito da un'atroce sferzata. “Come posso sedere e gustare il mio tè con tutto quel sangue che scorre alla televisione? Alle sei meno un quarto ascolto le notizie. Mangiando il mio cibo mentre siedo guardando la macchia rossa dell'uovo che sembra tutto il sangue che non si vede alla televisione. Guarda, sangue fresco sullo schermo a 18 pollici. Il cadavere è il personaggio nuovo, la carica ionica regala l'immortalità. Giù per le strade, gli assassini sembrano disperati, hanno dichiarato la guerra del sangue allo stato borghese. Ancora corpi ora, non più movimento. Cinque uomini giacciono stesi sulla schiena. Erano nati per giacere immobili, per difendere la massa stagnante? La guerriglia è il nuovo divertimento”.
PRIMA RAPPRESENTAZIONE - Nel 1980 è sembrato che la Gang of Four fosse sparita dalla faccia della terra. Due anni prima erano apparsi dall'oscurità e avevano incendiato il pubblico e la critica inglese per le loro elettrificanti performance e per l'abilità a presentare le loro idee socialiste in un modo che schivava gli ottusi eccessi della propaganda tradizionale. Ma era stata solo un'errata interpretazione. Dietro alla pubblicazione del singolo “Outside The Trains Don't Run On Time” e un concerto al Rainbow con gli Steel Pulse, i Gang of Four avevano inanellato ben due tournée negli Stati Uniti e una in Europa. Alla fine dello scorso anno il gruppo aveva anche preso in considerazione la possibilità di registrare questo loro secondo album agli studi di Nassau di Chris Blackwell con la collaborazione di Alex Sadkin, il produttore di Grace Jones. Ma il piano è fallito quando Sadkin ha deciso di rimandare il tutto ad un secondo tempo. Sarebbe stato un atroce paradosso. Riuscite ad immaginare una delle più aggressive e politicizzate band inglesi che abbandona il provocante establishment thatcheriano per una spiaggia caraibica?
Così “Solid Gold” è stato registrato negli studi Abbey Road di Londra con la collaborazione di Jimmy Douglass, un produttore di colore che ha lavorato per lungo tempo in America in alcune produzioni disco.
SECONDA RAPPRESENTAZIONE - La causa socialista dei Gang of Four agisce molto più sulla base della coscienza del loro isolamento che su quella di una coscienza di classe. Di qui l'angoscia a cui nessuna di queste quattro splendide individualità riesce a sottrarsi. È la loro dignità. “Non c'è dignità che non getti le sue radici nel dolore”. Il dolore isola, e si nutre della solitudine che produce. Sottrarsi ad esso è il grande sforzo di questa musica, l'enorme pathos del suo linguaggio. Il loro sforzo di rivoluzionare il mondo li ha portati, prima di molti altri, a rivoluzionare l'arte.
I Gang of Four hanno attirato la nostra attenzione su quella separazione che esiste tra il desiderio e la dignità, tra le tendenze e la volontà di dominarle o di utilizzarle. Le contraddizioni — vedi il contratto con la Emi — sono l'ultima cosa che può disturbarli. “Noi ci vietiamo qualsiasi ricerca della popolarità, ogni ambizione di rappresentare qualcosa. Ci vietiamo anche la benché minima falsità: di creare o intrattenere false rappresentazioni intorno a ciò che è possibile. Non accumuleremo nulla. Rinunciamo al risparmio, alla previdenza per noi e per i nostri. Questa virtù per cui moriremo non ha bisogno di nessuna raccomandazione”. Tutto agisce in profondità. Fino all'annullamento totale. Lo scarico di tutte le energie è questa loro grande virtù. Il disco è di un'intensità mostruosa. Ricattura la corrosività del suono live che la precedente produzione di “Entertainment” sembrava aver attutito. Un suono nervoso, pieno di tensione, elastico. Una danza tribale, tutta interiore. Un funky imperfetto, irregolare, irrigidito nei suoi tremendi palpiti. Una musica da danza meccanica e perversa. Un mon-taggio perfetto, pieno di breaks, di cadute, di riprese.
“Paralysed” è il primo pezzo della prima facciata. E ho ancora voglia di alzarmi per andare a riascoltarlo. In questo momento, mentre scrivo, tutte le intonazioni di Jon King di Andrew Gill sono nella mia testa ed io le faccio sfilare quando mi annoio.
EPILOGO - La musica dei Gang of Four è tutto: l'immagine del concetto come l'ascolto del mondo. Dave Allen, Hugo Bumham, Andrew Gill e Jon King si sono trincerati nell'anonimato per proteggersi meglio: in pieno corpo a corpo con il mondo per farsene eco e per bombardarci.
Difficile dire se dietro a questa acquisizione - ritmo, percussione, reiterazione, canto-recitativo ecc. - si riesce a intravvedere un tipo di percezione diversa. Tutto è incredibile, ribollente, furioso. Gli arrangiamenti tradizionali sono stati sostituiti con delle architetture marziali, interamente intrecciate da una ritmica dirompente, sulla quale si riversano delle tremanti colate di chitarre: torturate, impulsive, centripete. Lo stesso piano riflette una miriade d'immagini e di emozioni diverse. Un chiaro-scuro dipinto di colori cangianti. Un abbrutimento logico. “Solid Gold” è la storia di un naufragio o, meglio, di uno smarrimento, di un completo sprofondamento nella realtà.
Là dove gli Xtc, dopo aver dato un colpo di coda furioso al fondo del Mare Nero, hanno innalzato i loro periscopi irridenti per dominare di nascosto il mondo; incarnazione a buon mercato dei domatori della realtà, megalomani attaccati rigidamente al loro timone. Là dove, dicevamo, gli Xtc si sono irrigiditi nell'affermazione di un humour strafottente o di una sincera isteria, i Gang of Four si sono lasciati completamente invadere, sommergere, asfissiare. “Solid Gold” ci dà la misura di un gruppo che si interroga costantemente, che verifica infaticabilmente le cose, la vita, il mondo che li circonda. Qualcosa di sbalorditivo, di entusiasta, di inequiparabile. Qualcosa da ascoltare dieci, cento, mille volte; per serbarne il segreto ed averne di nuovo desiderio. SIPARIO.
(da Rockstar, 1981)