Formatosi nelle orchestrine jazz dei 60's, Lucio Dalla è divenuto uno dei cantautori italiani più geniali e versatili, attraverso un universo poetico capace di spaziare dalla canzone politica a memorabili ballate. Con due "trilogie" sugli scudi, a cavallo tra anni 70 e 80.
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Lucio Dalla
Lucio Dalla, l'uomo nato il 4 marzo 1943, è stato uno dei più innovativi e versatili autori e interpreti della canzone italiana. Merito di una serie consecutiva di album che, soprattutto a cavallo tra i decenni 70 e 80, ha creato un universo lirico e musicale di incomparabile magia. La sua morte per infarto a Montreux (Svizzera), il 1° marzo 2012, a pochi giorni dal suo 69esimo compleanno, ha gettato nello sconforto almeno tre generazioni di italiani, cresciute con le sue canzoni, sempre stralunate, ironiche e al tempo stesso cariche di profonda poesia e umanità.
Dopo la strepitosa Trilogia delle Automobili realizzata assieme al poeta Roberto Roversi, l'omino bolognese, chiamato a scriversi da solo per la prima volta tutti i testi, si è rivelato autore sensibile e fantasioso, mescolando idealismo politico e sentimenti, eccentricità e humour. Il piccolo clown peloso incompreso e deriso negli anni 60 si è preso così una clamorosa rivincita. Come nella favola del rospo che si trasforma in principe.
Nel corso della sua carriera, Dalla ha tessuto e incitato un linguaggio originale per la canzone d'autore, uno spirito d'osservazione critico e tenace, coniugato con lo sguardo riflessivo e pietoso sulla natura umana. Cronache di ferite che non si rimarginano e di speranze ardenti che non si estinguono. La salvezza è riposta in vincoli d'affetto sempre possibili, valore aggiunto che mitiga ogni dramma.
Sempre spiazzante e autoironico, il cantautore emiliano è riuscito a sfornare versi sbalorditivi, scandagliando i sentimenti, inventandosi curiose riflessioni filosofiche, trasformando piccole storie quotidiane in affreschi universali. E sul piano musicale, nel suo periodo migliore, ha coniato uno stile nuovo per la canzone d'autore italiana, prontamente definito dalla stampa dell’epoca “Dalla-sound”: un suono roccioso, denso, riconoscibilissimo. Una miscela di radici mediterranee, visceralità soul e soft-rock anglosassone, alla quale – oltre allo zampino di Ron - hanno contribuito in modo cruciale i musicisti della sua band, i futuri Stadio.
E se nell'ultimo periodo della sua carriera non sono mancati i passi falsi, la brillantezza dell'artista ha continuato a regalare, a tratti, qualche residuo bagliore di un talento impareggiabile.
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