Static

Re: Talking About Memories

2005 (City Centre Offices)
electro-pop

Hanno Leichtmann è personaggio per il quale l'abusata definizione di "eclettico" vale ancora la pena di essere spesa. Berlinese, batterista d'estrazione free-jazz, al punto d'esser scelto da John Zorn per il concerto berlinese del suo "Cobra" nel 2004, ha dimostrato di saper frequentare con uguale disinvoltura tanto i territori del groove e del nu-jazz (con gli Ich Schwitze Nie, e soprattutto i Paloma, ma è da menzionare anche il progetto house Vulva String Quartet) che quelli strettamente electro-pop. Abilissimo generatore di suoni, prima scelta in studio di registrazione per gente come Lali Puna, Tarwater e To Rococo Rot, Leichtmann è anche un conteso dj, nonché consulente del Museumquartier di Vienna, uno dei centri culturali più prestigiosi del mondo. Niente male come biglietto da visita, che dite?

Static, alla terza uscita sulla lunga distanza, è un one-man project che si propone di vestire d'abiti pop gran parte delle esperienze di cui abbiamo accennato, e "Re:Talking About Memories" è l'album che, ancor meglio dei precedenti, riesce a plasmarne i connotati per ricondurli alla forma canzone, vista come summa ideale fra ricerca sonora e facile ascolto. L'intenzione che già emergeva nei primi due buoni lavori, per quanto diluita in un processo creativo non sempre coeso, assume i contorni dell'opera finita grazie a una minuziosa selezione di suoni, a una sezione ritmica dalle dinamiche elevate, alla cura maniacale del dettaglio, e a un set di composizioni che, anche quando prendono pieghe strumentali, non sono mai esercizi di stile fine a sé stessi. Un mood di gran classe, insomma, un caldo velluto colorato a tinte pastello, che gioca nostalgicamente sul filo dei ricordi, poggiandone l'equilibrio su semplici ma toccanti melodie. E chi se non Ronald Lippok, frontman dei Tarwater, può meglio incarnare questo spirito? "Return of She" è figlia del suo parlato da macchina umana, che naviga trasognato su un romantico caracollare midtempo, per quello che potrebbe essere il più bel brano mai scritto dai Tarwater, appunto, e uno dei più riusciti pop elettronici di questo 2005.

E se i due strumentali che seguono, "One After 808" e "A Song For You", sono i rifugi entro i quali perfettamente s'incontrano beat rotondi e innocenti tastierine, è la sorprendente cover di un vecchio brano degli Assembly, "Never Never" (progetto 80's targato Vince Clarke, già leader dei Depeche Mode, a metà strada fra Yazoo ed Erasure) a rubare la scena. Una canzone destinata a colpire dritta al cuore, soprattutto per la spiazzante interpretazione di Christof Kurzmann che già si prestò come vocalist nel precedente album di Static. Kurzmann, viennese, è un altro autorevole globetrotter della scena alternativa teutonica su cui varrebbe la pena dilungarsi, ma è cantante solo a tempo perso. Eppure qui sfodera un registro fra il dimesso e il dolente di quelli che restano, un Lou Reed sul viale del tramonto che canticchia on the road un hit degli Yazoo, ma anche il fantasma di Johnny Cash alle prese con "Personal Jesus" dei Depeche Mode (e questa, come molti di voi sapranno, non è frutto di fantasie malate ma una scintillante realtà).

E' per questo che "Point Of Hope", successiva al jazzato strumentale per laptop e tromba "Shift, Smash, Surge, Swell" non può contare sull'effetto sorpresa: c'è ancora Kurzmann al microfono, questa volta più composto, con un'altra interpretazione d'alto livello per una ballata la cui attitudine si avvicinerebbe più a Cat Stevens che ai Notwist, se non fosse per la drum machine che sorregge gli arpeggi chitarristici di Martin Siewert (a proposito, se qualcuno si fosse perso "Ballroom" dei Trapist, di cui Martin è il chitarrista, che provveda alla bisogna; è tutta un'altra musica, ma che musica).

C'e' tempo per altri due saggi strumentali che si distinguono per sostanza e gran mestiere, "Colours In Patches" che strizza l'occhio tanto al nostro Populous che alle cose meno "hip-hop" del più recente catalogo Anticon, e lo scolastico ma non disprezzabile chill out di "Sync & Sake"; infine per il commiato, affidato all'indolenza notturna di "The Moon Had A Crack", che suggella attraverso la voce di Lars Rudolph la toccante vena malinconica di Leichtmann. Un disco da ascoltare, insomma, e a cui prestare la giusta attenzione.

02/03/2015

Tracklist

  1. Return Of She
  2. One After 808
  3. A Song For You
  4. Never Never
  5. Shift, Smash, Surge, Swell
  6. Point Of Hope
  7. Colours In Patches
  8. Sync & Sake
  9. The Moon Had A Crack

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