Clare And The Reasons

The Movie

2008 (Fargo)
alt-pop

Sembra quasi una liturgia magica che accompagna l’ascoltatore raffinato da ormai oltre quarant’anni: ogni volta che Van Dyke Parks sfiora un progetto, questo acquista immediatamente una qualità riconoscibilissima: spesso un capolavoro. Sia che suggerisca qualcosa in produzione e suoni il piano qua e là, come in questo caso, o che arrangi un disco con quel sapore inconfondibilmente caraibico, losangeliano...

Considerazione sul genio di Van Dyke a parte, questo album d’esordio di Clare Muldaur Manchon, figlia d’arte del mitico Geoff Muldaur, è un piccolo gioiello di pop raffinato, arrangiamenti che oscillano tra i Beach Boys migliori e il pop femminile contemporaneo, da Joan As Police Woman alla Goldfrapp più intensa.
Le canzoni, sofisticatissimi arrangiamenti orchestrali a parte, sono in sé bellissime, con testi arguti, ricchi di humour e intelligenti (cosa ahinoi non frequentissima!).

L’iniziale “Pluto” si avvale di un incredibile incipit di archi pizzicati, che ricordano le evoluzioni di Van Dyke Parks in “Orange Crate Art”, mentre “Nothing/Nowhere” è un valzer spettrale introdotto dalla chitarra acustica di Clare e poi trasformato in un’atmosfera disneyana che ricorda i Beach Boys di “Surf’s Up”, con tanto di basso e batteria in sincopi wilsoniane e un duetto vocale straodinario on Sufjan Stevens. Forse la traccia migliore dell’intero album. Magica.
“Under The Water” sembra un brano di George Harrison, con archi e suoni sixties. La voce di Clare si adagia sui glissati beatlesiani, persino la batteria (Ludwig: si sente) ricorda lo stile di Ringo; il brano finisce con suoni ed effetti ambientali, ancora una volta un raffinato omaggio alla ricerca compiuta negli anni Sessanta dai grandi pionieri inglesi.

In “Cook For You”, Clare sola con la chitarra e l’orchestra con un contrabbasso in evidenza. Qui i testi sono davvero ironici e intelligenti.
“Go Back” un brano slowtempo, più rock e convenzionale ma non per questo meno affascinante. Ancora echi di Brian Wilson in “Love Can Be A Crime”, straordinaria ballad jazzy accompagnata al piano da Van Dyke Parks.
Un disco straordinario - che si chiude con “Pluton”, una rivisitazione del tema del primo brano in versione late night, e per di più in un affettato ipersensuale francese: geniale - il cui unico difetto riscontrabile è forse nell’eccessiva uniformità delle atmosfere dei brani. Ma forse anche un eccesso opposto sarebbe segnalabile quale mancanza di omogeneità. Certo, pur per figlia d’arte che sia, un esordio a dir poco inconsueto. Un album bello, davvero molto bello.

19/10/2008

Tracklist

  1. Pluto
  2. Nothing/Nowhere
  3. Under The Water
  4. Alphabet City
  5. Cook For You
  6. Rodi
  7. Sugar In My Hair
  8. Go Back
  9. Love Can Be A Crime
  10. Science Fiction Man
  11. Pluton

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