Nasce già come un cult-album l'esordio dei gallesi The Reads, con un suono adulto e raffinato adatto a raccogliere consensi maggiormente tra i fan dei Porcupine Tree e degli Elbow che non tra i seguaci di nuove leve quali Arctic Monkeys o Horrors. "Stories From The Border" è, infatti, un album rock elaborato e lontano dalle effervescenze indie: armonie ricche di spazi vuoti e prive di urgenza evocano il suono classic-rock dei Pink Floyd e il pop dei Coldplay in un melange sonoro comunque piacevole.
È difficile raccontare un album come "Stories From The Border": il suono raffinato e la padronanza tecnica dei musicisti catturano l'attenzione e celano alcune ingenuità tipiche di un esordio. L'album, perfettamente in bilico tra risvolti pop e tentazioni sperimentali, raccoglie i frutti di anni di attività concertistica con un tono aulico che spesso sconcerta e a tratti entusiasma.
La prima traccia "Good Omens" definisce i contorni del sound, un crescendo armonico e romantico dal finale epico e robusto, un tono elegiaco che il gruppo conserva nonostante la evidenti diversità. Elementi prog e folk si fondono nelle elaborate "12 Lines Of Life" e "The Book", con spunti creativi lodevoli che evocano Steven Wilson e i suoi Porcupine Tree.
In tutto l'album i Reads si dimostrano abili nel gestire sonorità familiari con classe e autorevolezza, una padronanza che riesce a donare varietà ad una situazione sonora apparentemente uniforme. Scivola il piano tra le note notturne ed elettro-acustiche di "The Soil Life", si incastrano trame ritmiche pulsanti di basso in "Broken Backs", che accoglie altresì un buon assolo di trombone, e non mancano leggere influenze country in "Galaxy Egg".
Senza alcun dubbio il passato dei musicisti e la loro frequentazione dell’elite discografica risuonano nelle dodici tracce dell'album: non c’è ingenuità o candore, ma consapevolezza. È questa la forza che sostiene canzoni apparentemente flebili come "AMB" e "Avalon", trasformandole in piccoli mantra pop. La produzione eccellente di Frank Arkwright (Smiths, Arcade Fire, Gomez) alterna spessore e delicatezza dando un godibile equilibrio all'album e sottolineando le tracce più raffinate ("Nothing Bound" e "Supersaver Returns") con un sapore agrodolce, che seduce ma lascia gli scettici perplessi.
28/10/2011