Jürg Frey

l'âme est sans retenue I

2017 (Erstwhile)
sperimentale, field recordings

I classici secondo Erstwhile: da emblema delle improvvisazioni più radicali, lo scorso anno l'etichetta di Jon Abbey ha dato l'avvio alla sua prima serie antologica dedicata alla composizione contemporanea. Un sentiero già solcato in maniera esaustiva dalla decennale Another Timbre, alimentata dal cultore Simon Reynell, ma che nel formato in dischi multipli della label americana sembra assumere un'ancor maggiore ufficialità.

Significativo che i primi autori rappresentati e tributati dalla sigla ErstClass appartengano entrambi al collettivo internazionale Wandelweiser: i "composers of quiet" (Alex Ross), dediti all'esplorazione di forme sonore pure e prossime al silenzio, sono alcune delle figure più coraggiose e radicali della musica sperimentale contemporanea, oggi finalmente e meritatamente emerse dall'ombra grazie al contributo di queste label indipendenti.
La pietra fondante, lo scorso anno, è stata l'integrale per pianoforte solo di Michael Pisaro ("The Earth And The Sky", 2016), eseguita dal fedelissimo Reinier Van Houdt. Persino più imponente e di notevole rilevanza documentaria è il secondo capitolo, un recupero dall'archivio del compositore svizzero Jürg Frey, sinora mai pubblicato su disco.

Tanto monumentale nella durata quanto, prevedibilmente, essenziale nell'estetica sonora: i nastri de "l'âme est sans retenue I" (1997/98) durano complessivamente sei ore esatte, la gran parte delle quali è occupata da un silenzio artificiale assoluto, inframmezzato da brevissimi squarci di field recording effettuati a Berlino, che si aprono e richiudono in dissolvenza per pochi secondi. Lo splendido paradosso sotteso all'opera nel suo insieme è che queste registrazioni di scarsa qualità "incorniciano" quasi sempre contesti en plein air pressoché immoti, creando così un contrasto continuativo tra due tipi di silenzio, entrambi impossibili: l'uno in quanto vuoto creato per via digitale, irriproducibile con gli strumenti a nostra disposizione; l'altro in senso cageano, ossia scevro da suoni prodotti intenzionalmente ma "abitato" dal caso e dal fruscìo intrinseco al mezzo di registrazione. Di fatto, gli elementi più musicali che vi capiterà di sentire in queste tracce sono un organo di chiesa, a qualche decina di metri, e l'effetto Doppler di un aereo che attraversa il cielo.

Un lavoro che si dispieghi in maniera così uniforme, per un tempo di molto superiore alla media di qualsiasi genere, sembrerebbe offrire ben poche chiavi di lettura che ne sovrastino la pura fenomenologia. Tuttavia, a una prima fase di assestamento atta a comprendere la sola direzione in cui procede l'opera, ne segue un'altra in cui si rende invece evidente il dialogo vivo tra i suoi elementi di base: contro ogni aspettativa, nasce man mano un autentico sentimento di attesa per l'apertura di quelle modeste finestre sulla realtà, e se da un lato la loro durata rimane pressappoco la stessa, capita invece che gli intervalli tra di esse arrivino a protrarsi per interi minuti lungo i quali si sperimenta un vago senso di abbandono, l'incertezza di un ritorno che ragionevolmente avrebbe del beckettiano. Giunti a questo livello esperienziale, il brano si rivela nel suo significato più profondo e può dirsi compiuto:

Il silenzio non esula dall'influenza dei suoni precedentemente ascoltati. Questi suoni rendono il silenzio possibile grazie al loro cessare e dargli un barlume di contenuto. [...] il silenzio, nella sua globale, monolitica presenza rimane sempre unito di fronte a un infinito numero di suoni o forme sonore. Entrambi marchiano il tempo e lo spazio in quanto sorgono all'apparenza, in un senso esistenziale. Insieme essi includono l'intera complessità della vita.
(Jürg Frey, "Architektur der Stille", 1998)
Al di sotto della vasta superficie leggermente increspata de "l'âme est sans retenue I" si cela una dichiarazione poetica incontrovertibile, l'inaspettato basamento di un percorso musicale che si protrae da oltre quarant'anni: in ogni suo aspetto esteriore, il suono si eleva a tratto distintivo di ciò che esiste, per quanto brevemente, immerso nel mare dell'esperienza sensibile che ci accomuna; e come onde che si sollevano delicatamente, gli apparenti achrome di Jürg Frey acquisiscono un valore che altrimenti sarebbe quasi di certo passato inosservato, o addirittura andato perduto.
Se mai nella vostra vita deciderete di affrontare queste ore di ascolto nella loro interezza, avrete preso parte anche voi a una battaglia, che è da sempre quella di Erstwhile: ristabilire l'egemonia del "suono" sulla "musica", e continuare a immaginare le possibili declinazioni di un'utopica arte per l'arte.

Il titolo dell'opera [trad. "L'anima è sfrenata"] riprende una frase del poeta francese Edmond Jabès, tratta dal libro "Désir d'un commencement, Angoisse d'une seule fin" ("Desiderio di un inizio, orrore di una sola fine").

18/10/2017

Tracklist

l'âme est sans retenue I (5 CD)