24 Grana - Di Bella

I mille colori della Napoli indipendente

intervista di Michele Corrado

È un momento molto caldo per i 24 Grana e per il loro frontman Francesco Di Bella. Hanno da poco intrapreso un vero e proprio reunion tour che li sta vedendo, dopo circa nove anni di iato, ricevere di nuovo l’abbraccio del pubblico. Francesco, invece, ha appena pubblicato un disco collaborativo (“Play With Me”) in cui rilegge alcuni dei suoi classici insieme a esponenti di spicco della scena alternativa italiana. Ne abbiamo approfittato per una corposa chiacchierata su tutto questo e su tanto altro, proprio con Di Bella. Gli spunti offerti sono tanti, così come i pensieri innescati dalle sue parole, qualche risata e il piacere incommensurabile di percepire il calore tutto napoletano della sua voce.

 

Ciao Francesco, come stai?
Ciao, eccomi! Come ti chiami?

 

Michele.
Michele come?

 

Corrado.
Ah, Michele Corrado. ma tu hai già scritto dei 24?

 

Si, certo la vostra monografia, ovviamente per OndaRock.
Ah, bellissimo. Grazie!

 

Allora Francesco, dopo nove anni di pausa, due a causa pandemia, tu e gli altri 24 Grana siete finalmente tornati insieme sul palco. Avete già percorso un breve tour di 5 date in giro per l’Italia, ma ne seguiranno numerose altre. Com’è stato ritrovarvi? Ma, soprattutto, com’è stato ritrovare l’abbraccio del pubblico?
Beh, è stato tutto abbastanza incredibile, siamo ancora freschi di emozione! Sai, abbiamo suonato anche sabato scorso. Sono le prime date, ancora non ci sembra vero di essere tornati tutti insieme su un palco. Per una band come i 24 Grana, che comunque prima di questa pausa ha fatto un percorso molto lungo, è stato davvero emozionante riprendere da dove eravamo rimasti. La sensazione è stata questa, sia a livello di crew, di band, di “furgone”, non so se mi spiego. Sono tornate in vita tutta una serie di emozioni che ci hanno sempre caricato prima di salire sul palco. Trovare poi un pubblico, diciamo così… che ci ha aspettati, è stata un’emozione bella forte. Pensare che comunque quello che abbiamo prodotto musicalmente abbia un senso ancora oggi, anche a 25 anni di distanza dal nostro primo disco (“Loop”, ndr), ci ha dato proprio la misura di quello che siamo stati come band. Il pubblico ci ha dato davvero una grande voglia di continuare, stiamo salendo sul palco veramente eccitati al massimo. Divertendoci, ma anche con una consapevolezza diversa rispetto a quella che avevamo quando, circa dieci anni fa, avevamo interrotto. Soprattutto con Nando (Armando Cotugno, ndr), che mancava in formazione dal 2009.

Sì, in effetti era passato tantissimo tempo.
Sai, noi siamo una band nata e cresciuta insieme. Con Nando e Renato (Minale, il batterista, ndr) facciamo musica insieme dal 1988. Siamo praticamente degli amici di infanzia che per un po’ si erano allontanati e poi si sono ritrovati, con le idee più chiare e la mente più fresca. Sicuramente tutti gli anni, tutti i concerti, tutti i chilometri insieme a strettissimo contatto ci avevano esauriti un po’ e così credevamo di aver smarrito un po’ quell’energia che ci aveva tenuti insieme. Alla fine noi questo portiamo: energia, voglia di scoprire il passato, ma con gli occhi che guardano sempre al futuro della musica, a come si potrebbe evolvere un suono anche così territoriale come il nostro, che certamente deriva dalla canzone napoletana. Ci sarebbe davvero tantissimo da raccontare sugli stimoli che ci ha dato questa reunion. Soprattutto do molto valore al fatto di suonare tranquillamente, di essere più padroni del suono e della performance. Trovo sia un momento molto interessante per la band. Io sono sempre stato molto legato al suono e per questo ho scelto di fare un percorso solista, perché volevo trovare una nuova freschezza. E la cosa grandiosa è che questa freschezza oggi la sto ritrovando proprio con i 24 Grana.

Fantastico. Guarda, volevo conservare questa domanda per dopo, ma direi che dato quello che mi hai appena detto, che hai parlato di freschezza, di stimoli, direi che è il caso di anticiparla. Contestualmente alla reunion dei 24 Grana avete anche pubblicato un pezzo nuovo, “A raccolta”, con la collaborazione di Clementino. È lecito aspettarci nuovi brani con la band o addirittura un nuovo disco?
Allora, prima di tutto sottolineo che sono due i brani inediti. L’altro, a cui teniamo molto, si chiama “Orso”, una canzone uscita per una compilation edita da Black Candy e curata da Lucio Leoni, cui hanno collaborato tanti nomi del giro indipendente italiano. È una canzone dedicata a Lorenzo Orsetti (anarchico e antifascista italiano che ha combattuto a fianco dei curdi nella guerra in Siria, ndr), così come tutto l’album. Ovviamente, visti i trascorsi politici dei 24 Grana, scrivere una canzone su di lui per noi è stato molto importante. È un pezzo che dal vivo ancora non abbiamo proposto, ma lo faremo senz’altro presto, perché è proprio in linea con il nostro profilo. Non so se ti è capitato di ascoltarlo…

No, purtroppo mi è sfuggito, ma lo farò non appena finiamo l’intervista.
Ottimo, grazie. Comunque sì, con i giusti tempi vogliamo sicuramente comporre nuova musica insieme. Abbiamo questo ostacolo di Armando che vive e insegna informatica a Londra, sai, la scuola assorbe tanto. E poi la nostra modalità compositiva è sempre stata molto basata sulle jam session, sul fatto di passare del tempo insieme, quindi non so se riusciremo a breve a comporre nuovi singoli o addirittura un album, ma è chiaro che farebbe piacere a tutti.

Perfetto, quindi c’è speranza.
Assolutamente sì, però dovrebbe essere, come tutti gli altri album che abbiamo fatto, un disco che abbia un senso. Non lo faremmo mai soltanto per soddisfare il mercato. Lo sai, noi ci siamo sempre mossi con tutt’altro tipo di logiche.

Nel bene o nel male, basta dare un’occhiata a tanti tra i dischi più acclamati degli ultimi anni, la pandemia ha ispirato tantissime composizioni. Tu hai scritto qualcosa in questo stranissimo periodo?
Sì, chiaramente ho scritto anch’io delle canzoni. Ho anche registrato qualche demo e vedremo che fine faranno. Scrivere durante la pandemia per me ha significato affrontare una scrittura molto intima e solitaria. Erano talmente tante le informazioni che arrivavano dai mezzi di comunicazione, che per me, che invece ho sempre cercato le mie storie camminando, incontrando persone, annusando storie nell’aria, trovarmi di fronte a tutto quello che mi arrivava dai social e dalla televisione non mi ha toccato molto come argomenti di scrittura. Quindi mi sono ritrovato a scrivere di cose che succedevano dentro di me e così non so se ti tratti di materiale buono per un album.

Ma veniamo a te. Quest’anno hai festeggiato 25 anni di carriera e lo hai fatto nel migliore dei modi possibili: con un nuovo disco. “Play With Me” è quello che potremmo definire un vero e proprio disco collaborativo, nel quale tantissimi e importantissimi artisti della scena alternativa italiana hanno interpretato insieme a te alcuni dei tuoi pezzi più iconici. Come è stato rielaborare brani tuoi e dei 24 Grana e adattarli all’ospite di turno? Come avete lavorato? Raccontaci qualcosa sul processo creativo dietro al disco.
Beh, è stata tutta questione di fiducia e stima. Io e Alfonso Bruno abbiamo fatto tutte le parti di voce e chitarra, rileggendo “Ballads”, il live che portiamo in giro insieme da un po’, e poi abbiamo affidato le canzoni alla cura di amici che ho incontrato durante il mio percorso artistico. Riccardo Sinigallia, Cesare Basile, Paolo Benvegnù, Marina Rei, ad esempio, oltre ad altri che conoscevo di meno ma mi piacevano per alcune peculiarità, anche dialettali. Come Lucio Leoni, che con me condivide tanto come il cuore per la periferia e che, non a caso, ho fatto giocare con “Nuova Gianturco”. È stato un po’ per divertirsi, un po’ per fare un po’ la conta degli amici, ma soprattutto per vedere come le canzoni rispondono messe in bocca o nelle mani di artisti e colleghi che mi piacciono. È stata davvero una bella soddisfazione, perché, sapere che altri interpreti hanno voglia di giocare con le tue canzoni, per un autore di canzoni come me, è stato sicuramente molto soddisfacente. Un bel punto, un motivo d’orgoglio.

Alcuni di questi artisti li hai fatti addirittura cantare in napoletano! Mi vengono in mente ad esempio Pierpaolo Capovilla e Marina Rei, il primo di Varese e la seconda di Roma. Immagino che debba essere stato divertente. Come ci sei riuscito? Peraltro Marina sembra una naturale con il nostro dialetto…
Sì, Marina non è nuova con il napoletano, avevamo già fatto due pezzi insieme. Peraltro lei ha origini campane. Il papà è stato un grande batterista napoletano, Vincenzo Restuccia, che ha lavorato con chiunque, da Enno Morricone come capo orchestra agli Squallor, mentre la mamma è salernitana, una violoncellista del teatro Verdi, se non mi sbaglio. E quindi il napoletano e il salernitano ce li ha nel sangue. Con Pierpaolo invece è stato diverso, ci siamo fatti tante risate. Lui era felicissimo perché quando viene a Napoli si diverte un mondo, ama la lingua napoletana, gli piaceva molto il testo di “’O diavolo”…

Infatti devo dire che gli è molto congeniale, lui ce l'ha questa presenza scenica un po’ mefistofelica.
(Ride) Sì, lui il diavolo lo fa meglio di me. Io lo dico sempre, a me piace quando gli altri cantano le mie canzoni perché io non le so cantare. È bello sentirle cantare da altre voci.

Metaversus”, che per molti è uno dei dischi indie italiani più importanti di fine millennio, per tanti anche il vostro capolavoro, prende in parte ispirazione da un libro di fantascienza, “Snow Crash” di Neal Stephenson. Il “metaverso” che incontriamo nel libro e quindi nella tua canzone “Nel metaverso” non è molto dissimile dall’omonima realtà virtuale creata proprio in questi anni da Mark Zuckerberg. La potremmo chiamare una fonte di ispirazione profetica… se ventitré anni fa ti avessero detto che il “metaverso” sarebbe esistito davvero, ci avresti creduto?
Forse non che si sarebbe chiamato “metaverso”, ma ero assolutamente convinto che ci stavamo andando a finire dentro. La denuncia era un po’ quella: venivo da anni di collettivismo e lo dicevo sempre, annusando l’aria avevo l’impressione che tutto si stesse spingendo verso un ego e un individualismo esasperati. E così mi è venuta poi la voglia di rubare questo vocabolo, e non solo, perché in effetti “Snowcrash” parla proprio di questo, di persone che si trasformano in un avatar e vivono più tempo nel mondo virtuale che nella realtà.

Che in effetti è esattamente quello che sta succedendo.
Sì, io poi per il titolo ho usato un latinismo, come per incastonare il concetto nella pietra.

“Nuova Gianturco”, così come anche altri episodi della tua discografia, è estremamente legato a Napoli, la tua città. Ora ti faccio una domanda un po’ cattiva. C’è un quartiere, o anche due o tre così non si piglia “collera” nessuno, cui sei particolarmente legato? E perché?
Allora, i quartieri cui sono più legato sono questi. Anzitutto la mia zona, quindi diciamo tutta la parte Nord della città, dalla periferia ai Colli Aminei, rione alto e tutta la parte che va verso Scampia. Poi il centro storico, chiaramente, dove mi sono nutrito di tutti i suoni della musica napoletana. Proprio dove vai a raccogliere musica diciamo, come in primavera si raccolgono fragole e ciliegie. E poi sicuramente proprio Gianturco, che mi ha fatto vedere in qualche modo la periferia sorridere, grazie alle attività che si facevano lì negli anni 90. Ovviamente parlo di Officina 99 (celebre centro sociale napoletano, ndr), il primo posto che io abbia incontrato dove si facesse attività dal basso, per aiutare il quartiere e dove, soprattutto, si poteva esprimere una cultura libera. Lo stesso suono dei 24 Grana è nato perché a Officina potevi sperimentare, nei pub no. E quindi ho sempre questa idea di Gianturco come un corteo festante di gente.

Per tutta una serie di ragioni e concatenazioni, penso al cinema di Sorrentino e Martone, al rinnovato slancio turistico, al misterioso Liberato, con il quale pur partendo da suoni completamente diversi condividete un certo utilizzo del napoletano, ma anche all’Amica Geniale "streamata" in tutto il mondo grazie a Hbo, oltre che a diversi investimenti internazionali avvenuti in città, ultimamente Napoli è davvero sulla bocca di tutti. Te lo dico da campano trapiantato a Berlino, ne parlano davvero tutti e tutti bene. Potremmo dire che la città sta vivendo una sorta di rilancio a livello mondiale. La cosa sta ovviamente portando tanto fermento, ma anche una progressiva gentrificazione. La città sta veramente cambiando? E come?
Allora, caro Michele, anzitutto diciamo che hai citato tutte cose che piacciono tantissimo anche a me, insomma quelle che fanno vedere una bella bandiera di Napoli. Una bandiera che, noi prima di tutti, dobbiamo imparare a sventolare. Sono contento anche che tu veda tutto questo da Berlino, che oltre a essere lontana è anche un filtro, una lente, molto interessante. Detto questo, io ora vivo a Salerno, non da lontanissimo come te, ma la guardo anche io Napoli da un’altra prospettiva. Ne sono ovviamente sempre affascinato, innamorato, ma riesco a vedere che tante volte quando la città si specchia troppo su se stessa esibisce dei limiti. È chiaro poi che Napoli ha una vocazione turistica e la gentrificazione ne è una diretta conseguenza. È una cosa che non riguarda soltanto Napoli, riguarda il nostro modo di vivere, il calcio come la musica, e soprattutto lo sfruttamento dei patrimoni artistici e culturali di una città. Speriamo come sempre che la città vada in mani buone e consapevoli, perché la forza e l’energia Napoli ce l’ha e ce l’avrà sempre ed è chiaro che più si lasciano esprimere gli spiriti liberi e meno si punta su retorica e cartolina e più l’immagine e la città stessa cresceranno.

Eh sì, hai detto delle cose molto importanti, ci vogliono mani buone e consapevoli. Sono due città molto diverse, ma la stessa Berlino non è più quel crocevia di culture alternative che è stata per un abbondante decennio dopo la caduta del Muro, ma si muove ahimè sempre più in direzione di una gentrificazione spersonalizzante modello Londra.
Sì, è vero, Berlino è una città che adoro e che visito periodicamente, dato che ci vive mia cognata.

Beh, dovete venire a farci una data allora, io qualche contatto ce l’ho.
E fammi sapere, Michele. Berlino peraltro ha una bellissima comunità campana, sarebbe bellissimo. Peraltro è una delle città del cuore dove non mi è mai capitato di suonare, né con i 24 né da solo. Quindi se abbiamo idee, perché no…

Sei molto attivo con i laboratori di songwriting, che a ben pensarci non sono una realtà molto diffusa. Il cantautore viene anzi spesso visto come una specie di interprete solitario, tu invece sembri credere nella possibilità di una collegialità del ruolo. Di lavorare insieme e tirare fuori delle canzoni. Ci spieghi brevemente cosa aspettarci partecipando a uno di questi workshop?
Esatto, è proprio questa la faccenda, quella dei lupi solitari. Io sono cresciuto un po’ come una mosca bianca, come un lupo solitario come dici tu, anche perché nel mio giro di amici ero l’unico che si dilettasse a scrivere canzoni, e quindi non potevo mai confrontarmi con nessuno, se non leggere qualche intervista dell’epoca riguardo il songwriting. E quindi quando qualcuno ha iniziato a riferirsi a me come songwriter, come autore, ho pensato che in qualche modo la mia esperienza si potesse trasferire. Che io potessi consegnare informazioni che avevo in qualche modo elaborato, insomma scambiarle con qualcun altro. E così pensai che una cosa buona da fare fosse proprio mettere insieme i cantautori, i songwriter, non necessariamente dei cantanti… che poi tutti si cantano le canzoni che scrivono (ride). Così nel 2016 circa e nata quest’idea dei laboratori, anche grazie alla Fondazione Alfonso Gatto, una fondazione di poesia presente qui a Salerno nel centro storico, che mi ha concesso uno spazio. Allora feci un post dove invitavo a incontrarci, un po’ come a un’anonima alcolisti e in maniera assolutamente orizzontale, tra cantautori. I primi anni sono arrivati dei ragazzi proprio alle prime armi e che adesso invece sanno un po’ come funzionano le cose. Alcuni stanno già provando a incidere qualcosa, in alcuni casi a registrare addirittura un disco. Poi io raccontai la mia esperienza a Dario Sansone dei Foja e così è nato un laboratorio anche a Napoli. In seguito sono stato coinvolto da alcuni amici, sia di Roma che di Torino, per delle esperienze simili e così ho potuto arricchire ancor più l’idea di cosa fosse un laboratorio di songwriting. Diciamo che è un’attività quasi di palestra, alleni il processo creativo e lo alleni proprio perché sei insieme ad altre persone. C’è un confronto continuo, non ti senti solo. Poi alla fine, l’unico modo di fare uscire una canzone è quello di provare a scriverla.

Ci segnaleresti qualche nome interessante emerso da queste tue esperienze? Qualcuno che ha già inciso qualcosa che varrebbe la pena scoprire magari.
Certo. C’è Verrone, ad esempio, che ha davvero belle canzoni e dovrebbe pubblicare qualcosa di più compiuto a breve. Verrone ha anche una bella canzone insieme a Beef, un cantautore salernitano. Verrone invece è napoletano, quindi c’è anche uno bello scambio Napoli-Salerno e la loro canzone, pubblicata da poco, si chiama “Rivoluzionari”. Poi ci sono gli Aliante di Pontecagnano, che hanno appena pubblicato un disco, anche loro sono davvero molto interessanti. Poi, sai, in tutti questi anni di laboratori ho visto transitare circa cinquanta cantautori. Molti di loro daranno i primi frutti proprio adesso, dopo che la pandemia li ha un po’ bloccati, sia come pubblicazioni che aggregando un po’ di gente live. Questi ultimi che ti ho citato, gli Aliante, hanno fatto un bellissimo concerto alla chiesa dei Morticelli qui a Salerno giusto la settimana scorsa. Ecco, loro possono certamente colpire. E poi ne sono particolarmente fiero, perché li conosco dal 2016 e vederli ora, così consapevoli delle loro capacità, mi fa molto contento.

Francesco, le domande sono finite, ti ringrazio tantissimo per il tuo tempo, ma soprattutto per i bellissimi spunti offerti.
Grazie a te e mi raccomando: salutami Berlino.

Certo, poi magari ci vediamo qua.
Sarebbe bellissimo, grazie!

Discografia

24 GRANA
Loop(La canzonetta, 1997)
Metaversus(Compagnia generale del disco, 1999)
K-album (Sintesi 3000, 2001)
Underpop(La canzonetta, 2003)
Ghostwriters (La canzonetta, 2008)
La stessa barca (Sintesi 3000 / La canzonetta, 2011)
FRANCESCO DI BELLA
Francesco Di Bella & Ballads Cafè (La canzonetta, 2013)
Nuova Gianturco (La canzonetta, 2016)
'O Diavolo (La canzonetta, 2018)
Play With Me (Black Candy, 2022)
Pietra miliare
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