In esclusiva nazionale per OndaRock e Il Fatto Quotidiano, Antony Hegarty si racconta.
Sorprende trovarlo qui a Sanremo, Antony, che mi accoglie alle sei del pomeriggio nella sua camera d’albergo. Era arrivato da New York pochissime ore prima. Fasciato da una tunica nerissima che gli copre l’intero corpo, siede timido sul divano, gambe incrociate e raccolte a sé. Vista la situazione, tradisco un misto di timidezza e timore. Coi minuti, però, l'atmosfera si scioglie e Antony si lascia andare.
Ecco l'intervista che ci ha concesso, si ringrazia Spin-Go e in particolar modo Micro per la pazienza e l'assoluta disponibilità.
A quanto pare ultimamente sei entrato molto in sintonia con le orchestre sinfoniche, mi viene da pensare subito alle recenti esibizioni con la London Symphony Orchestra. Il Festival di Sanremo è celebre nel mondo anche per l'importanza della sinfonia orchestrale che accompagna le singole canzoni in gara conferendo così un aspetto singolare e riconoscibile delle stesse. C'è una relazione tra le tue recenti incursioni nell'universo sinfonico classico e l'attuale presenza al Festival?
In realtà sono stato invitato a questo festival per cantare una canzone, ed è ovviamente per me un onore esserci. E' ovviamente una possibilità fantastica per condividere la mia musica.
Sono ormai tre anni che viaggio e suono con le orchestre di tutto il mondo. Ed una delle cose che adoro di più fare. Ogni sera entri in contatto con persone diverse, con le quali sul palco devi trovare un feeling, una sintonia, una sincronia. I migliori concerti sono quelli nei quali tutto questo sentire si unisce in un tutt'uno.
Come mai hai scelto "You Are My Sister" per la tua esibizione?
Ho scelto "You're My Sister" perché è un pezzo molto semplice, parla del mio rapporto, fatto di amore e rispetto, per la mia vecchia sorella. Onora le donne ed è una sorta di sintesi di tutto quel che ho fatto, e racchiude ciò che di più caro ho.
Cosa è rimasto degli insegnamenti ricevuti alla School for The Performing Arts di San José? Quanto è servita nella tua musica una tale formazione?
E' stata importantissima, mi ha reso quel che sono, aperto a nuovi mondi. A partire dall'esplorare il mio corpo, dal capire che non c'è differenza tra materiale e pensiero. E' un unicum, e questa è la mia natura fatta di opposti che però convivono.
La mia anima è il risultato di tutto questo, e ciò che per me conta è trovare un continuo equilibrio. Negli ultimi quindici anni sono diventato via via più "estremo", il mondo fisico e psichico si compenetrano.
E' stata quindi fondamentale per la tua crescita spirituale?
Sì, per me è importantissimo cercare il legame delle cose, quel quid che crea la connessione delle emozioni e della mente. Non credo riuscirei a fare musica senza questa empatia. Sono nato in una famiglia cattolica e quindi cresciuto con una formazione cattolica. Poi però le cose sono cambiate e ho capito che la mia mente era in una gabbia.
Da ragazzo ero assolutamente diviso tra corpo e mente. D'altronde sono stato cresciuto in un contesto cattolico, era inevitabile che questo accadesse. Poi durante i miei studi alla School for The Performing Arts ho scoperto la danza.
La danza?
Sì, so che può sembrare strano però è stato il vero trait d'union verso quell'unione di cui parlavo. Mi ha permesso di capire il mio corpo, ha creato la connessione che mi ha fatto rendere conto che ero vivo e vitale. E che potevo esprimermi.
Qual è il tuo rapporto con la Chiesa? Cosa ne pensi del Papa "uscente"?
Il problema non è che ce n'è stato uno così, quanto che ce ne sarà un altro non diverso. Sono figure che hanno un grande potere, ma che non lo usano, propongono stili di vita e di pensiero che non hanno nulla a che fare con una condotta che aiuti le persone.
Mi riferisco all'Africa che muore di fame, alla questione dell'omofobia. Perpetuano il silenzio su questioni che non dovrebbero essere taciute. Il mio giudizio su di loro è che altro non sono che disgustosi anziani.
La tua voce è così unica e particolare, che a volte sorge il dubbio che debba essere quasi preservata. Ultimamente hai fatto molte collaborazioni con gli artisti più disparati, non temi che questo possa in qualche modo inflazionare la tua voce?
David Tibet uno dei miei migliori amici ed è per me una responsabilità esserlo. Moltissimi artisti, e ne sono onorato, hanno mostrato pubblico apprezzamento per me. Lui, Lou Reed, Laurie Anderson, ed è una cosa che mi riempie il cuore. La loro libertà parla per loro.
Quando lavoro con qualcuno lo faccio solo nel caso in cui so che ci sia un legame speciale, un qualcosa che ci unisce e che accomuna. Non mi sento schiacciato in questo senso dalle collaborazioni, dal momento che le "concedo" solamente a persone in cui credo fermamente.
Sono rimasto impressionato dal risultato del riarrangiamento "sinfonico" dei tuoi pezzi in "Cut The World", dato che suonano più scarni e più focalizzati sulla tua voce che le versioni in studio. Questa scelta di pubblicare un live riflette il bisogno di un cambio di direzione nella tua musica?
Non ho progetti. Continuerò a suonare e a impegnarmi nelle arti visive. Nuovo album? Non lo so, davvero, quando arriverà lo pubblicherò. Non ho nessun tipo di pressione, mai ne ho avuta e mai ne voglio avere.