Il transito identitario da Antony ad Anohni non è stato indolore per l'artista inglese naturalizzata americana. Al di là della confusa trama ideologica e dello stridente contrasto tra elettronica e canto angelico, l'album del 2016 "Hopelessness" sembrava destinato a non aver alcun seguito, anche le sparute collaborazioni con i CocoRosie e gli Hercules And Love Affair non facevano presagire nulla di nuovo.
Come un fulmine a ciel sereno, un singolo in chiave soul ha anticipato l'inatteso ritorno. Non è inaspettato che Anohni affidi al linguaggio della musica soul il prosieguo di una storia che racconta di oppressione, pregiudizi, identità, perdite, abusi, razzismo, violenza, diritti. "My Back Was A Bridge For You To Cross" riannoda i fili di un discorso che appartiene alla filologia della musica rock, ripartendo dall'iconico "What’s Goin' On" di Marvin Gaye: album che non a caso fu indicato da una pregiata rivista inglese come il disco del secolo, una scelta peraltro assunta mentre ancora ribolliva il post-punk e il grunge era alle porte.
Il ritorno di Hegarty è un singolare insieme di deja-vu e di rinnovato fervore politico e sociale, entrambi scanditi dal recupero dell'appendice "and The Johnsons" e dalla copertina dedicata all'attivista politica e drag queen Marsha P. Johnsons. Anohni celebra personaggi della musica rock che hanno affrontato con tenacia e coerenza le incongruenze e le diseguaglianze sociali, catturando nei quasi cinque minuti di "It Must Change" il mix di romanticismo e politica di "What's Goin' On", nel graffio di solo novanta secondi di "Go Ahead" il guizzo irriverente dell'Hendrix di "Star-Spangled Banner" e nell'appassionante racconto dell'ultimo dialogo con Lou Reed, "Sliver Of Ice", la tenera eppur dolente poesia noir della Grande Mela.
"Hopelessness" aveva tutte le caratteristiche di un disco apocalittico (di lì a poco fu eletto Donald Trump), "My Back Was A Bridge For You To Cross", invece, riapre in parte alla speranza: sonorità più dense e pluridimensionali prendono il posto delle gelide atmosfere elettro-disco del precedente album. La purezza espressiva e le infinite sfaccettature musicali e vocali di Anohni si adagiano su inebrianti trame blue-eyed-soul, dopotutto anche un disco come "I'm A Bird Now" non era indenne da influenze soul (basti citare "Fistful Of Love").
La presenza di Jimmy Hogarth (produttore di successo per James Blunt, Duffy e Amy Winehouse) è foriera di una musicalità seducente e non priva di una poetica consapevolezza. C'è la volontà di raggiungere un pubblico più ampio senza rinunciare alle proprie idee ed è quindi normale che l'artista affidi pensieri e parole - "Non voglio essere testimone, vedere tutta l'angoscia e il dolore del nostro mondo, perché sono vivo adesso?" - a un groove soul che sembra uscire da un album di Winehouse.
Di questa novella genuinità Anohni fa strumento di comunicatività viscerale, autentica. L'autrice si confessa senza remore nel delicato gospel-soul di "It's My Fault", riannoda le sofferenze passate per poter andare avanti e donare forza alle nuove generazioni nell'altrettanto accorata e minimale ballata per chitarra e voce "You Be Free", ma soprattutto regala una delle canzoni più potenti dal punto di vista sonoro e lirico qual è "Scapegoat". "Oh, sei così annientabile, posso dire solo quello che voglio, posso usarti come una toilette, posso prenderti a pugni, prendi tutto il mio odio, nel tuo corpo": "Scapegoat" è il grido di chi non cede pur se sconfitto, una ballata graffiante, cantata con un vibrato quasi insolente e un crescendo musicale che a tratti evoca "Purple Rain" di Prince, ed è soprattutto il più potente brano di denuncia della transfobia che un'artista possa immaginare.
Seppur ammaliante, "My Back Was A Bridge For You To Cross" è un album così denso da risultare imperscrutabile a un primo ascolto, il vero miracolo di Anohni è aver reso un tal manifesto ideologico un coinvolgente insieme di canzoni da amare, travolgenti nella loro genuina matrice soul-jazz-blues ("Can't"), a volte affini a una preghiera laica dove ognuno può identificarsi e lasciarsi cullare da sonorità cosmic-soul, intessute da un affascinante dialogo tra psichedelia, soul e rock che profuma di classico ("Rest").
Difficile immaginare indifferenza o superficialità da parte dell'ascoltatore che incrocerà il nuovo progetto dell'artista inglese: "My Back Was A Bridge For You To Cross" è un album che dà voce a tutte le sofferenze e diseguaglianze, ma non è necessario essere parte di una qualsiasi categoria per comprenderne la toccante universalità e potenza emotiva. Sarà più complesso rinunciarci per far posto a futuri ascolti. Un eccellente ritorno.
19/07/2023