Xeno & Oaklander

Analogica eleganza

intervista di Daniela Masella

Sean McBride e Liz Wendelbo, in arte Xeno & Oaklander, rappresentano una delle più alte espressioni della minimal synth-wave in cui ci si possa imbattere al giorno d’oggi. Noti per le loro melodie glaciali, cupe e arrangiate con il solo utilizzo di sintetizzatori analogici, Sean e Liz si reinventano continuamente per estendersi al di là dei limiti dettati dalla coldwave anni 80. E per il loro ultimo album, in uscita il prossimo autunno per Electric Voice Record, dicono di essere riusciti a fondere insieme feeling barocco con minimal sound. Titolo scelto per quest’ultima fatica “Par Avion”: indicazione in francese per le spedizioni via aerea, perché in fondo, sostiene Liz, “le canzoni sono come lettere che spedisci nel futuro o come cartoline che arrivano dal passato”.
 
Xeno & Oaklander si sono incontrati per caso, destino o per una specifica ragione?
Liz: (ride) Aspetta come ci siamo incontrati noi?
Sean: Era a una delle feste di Scot, io ci andavo spesso e te eri con Gill.
Liz: Ah, sì, è vero. Scot è una musicista svedese.
Sean: Un’artista.
Liz: Sì, un’artista performer che vive in un edificio abbandonato, un’antica fabbrica di noodle credo o qualcosa del genere.
Sean: Sì, era una fabbrica di noodle.
Liz: Un posto veramente deserto e isolato, in cui vivono anche altri artisti. Così Scot un giorno organizzò una festa e Sean scese giusto dal suo studio di registrazione al piano di sopra, mentre io ero al piano di sotto che mettevo su qualche disco minimal-electro, dato che ero il dj della serata e fu così che c’incontrammo la prima volta, era nel 2003, ottobre del 2003.
 
I riferimenti nella vostra musica sono profondamente legati alla minimal wave anni 80, anche se in alcuni casi per ritmo e cadenza sembrate avvicinarvi di più a un sound gotico e marziale. Vi sentite legati anche a questo tipo di musica o per niente affatto?
Liz: Mmm una correlazione con la musica gotica…
Sean: Bah, non credo. La maggior parte della musica gotica è piuttosto con chitarra, tipo il death-rock. Il martial industrial è più post-anni 90 e poi la minimal wave non è un vero e proprio genere.
Liz: Oh sì, invece lo è e all’origine era chiamato “minimal electronic”.
Sean: No, originariamente non c’era proprio alcun termine per descriverlo.
Liz: Sì, il termine c’era ed era “minimal electronic”, ma in un modo o in un altro noi crediamo che quello che facciamo sia a un livello che vada oltre. Perché la “minimal electronic” parte anche dagli anni 70 e quello che oggi noi suoniamo ne è più che altro un’estensione.
Sean: All’inizio eravamo interessati a questo tipo di gruppi, perché avevano un’infrastruttura minimale, sia in termini di produzione, sia in termini di grafica, visual, ma soprattutto per gli strumenti che usavano, che erano semplici, diretti. Erano i tempi della musica fatta in casa, quando i sintetizzatori cominciarono a essere commercialmente disponibili. Era la prima volta che l’elettronica poteva essere prodotta in un garage, poi a partire dalla metà degli anni 80, con l’avvento della tecnologia digitale, questo suono analogico, questa sorta di purezza del sound venne dimenticata. Voglio dire, normalmente la gente preferisce le cose nuove, ma per come la vedo io, dal 1978 al 1984, ci fu una vera e propria epoca d’oro della strumentazione musicale ed è questo quello che noi cerchiamo di riprodurre, poi è semplicemente per caso che abbiamo delle similarità con questo tipo di musica, perché, come diceva prima Liz, noi in realtà cerchiamo di essere un’estensione di tutto questo.
 
Cantate spesso in lingua inglese, altre volte in francese, altre in italiano, altre volte ancora mescolate insieme in un unico brano lingue diverse: la scelta di una specifica lingua è dettata da un particolare modo di vedere il mondo o rappresenta per voi solo una combinazione di suoni che di volta in volta si adegua meglio alla vostra musica?
Liz: Beh, con le canzoni sono interessata a esplorare la poesia e la filosofia che c’è dietro, dietro le stesse parole se vuoi. Le canzoni sono come un poema o un manifesto. Se passo dal francese all’inglese, è semplicemente perché parlo le due lingue. Sono nata in Norvegia, cresciuta in Francia e poi mi sono stabilita a New York.
Sean: Io parlo un po' di francese, un po' di ungherese, russo, ma penso che la cultura e l’identità sia qualcosa di puro, che prescinda dal linguaggio.
Recentemente avete collaborato anche con John Foxx per il remix di una sua canzone (“That Sudden Switch”, dall’album “Evidence”, Metamatic, 2013). Com’è lavorare con John Foxx? Vi ha condizionato in qualche modo?
Sean: Ci siamo incontrati durante un nostro concerto, o meglio lui era venuto a uno dei nostri concerti a Londra e ha veramente apprezzato quello che stavamo facendo sul palco. Così dopo abbiamo cominciato a parlare e ha voluto che ci occupassimo del remix di una delle sue canzoni. Dopo qualche giorno ci ha inviato un file con il brano e noi nel nostro home studio abbiamo fatto il remix.
Liz: Sì, era veramente interessato alla nostra musica. La prima cosa che mi ha detto quando ci siamo visti è stata “Oh Liz quello che trovo veramente affascinante della vostra musica è che voi eliminate semplicemente tutto ciò che non è necessario”.
 
E riguardo al vostro ultimo album? Si sa che “Sheen” è il titolo del singolo estratto..
Sean: Sì, “Sheen” è il titolo del singolo del nostro ultimo album che s’intitola “Par Avion” (Electric Voice Record, ndr) e che uscirà a ottobre.
Liz: E’ un termine francese. E’ utilizzato per l’invio delle cartoline, l’equivalente in inglese di “air mail” (ridono).
 
E troveremo in “Par Avion” qualcosa di diverso rispetto a “Set And Lights” o il nuovo album è esattamente sulla stessa lunghezza d’onda?
Sean: Beh, certamente non sarà completamente diverso, ma ci saranno molte cose nuove che abbiamo voluto esplorare.
Liz: C’è una sorta di luminosità che è in contrasto con la fredda precisione e l’utilizzo dei sintetizzatori. E’ come se ci fosse qualcosa di più caldo, una luce, incorporata nel nostro abituale cold sound. In definitiva, potremmo dire che è un lavoro più barocco, sì, è un album con un feeling decisamente barocco.

E per quanto riguarda l’ispirazione delle vostre canzoni? Voglio dire, pensate ai testi e alle parole prima di concepire la musica o viceversa?
Sean: Dipende. E’ sempre diverso.
Liz: E’ bello scrivere le canzoni quando viaggi. E’ questo in sostanza quello che faccio io: scrivo delle canzoni quando viaggio e poi quando ritorno in studio provo a ri-arrangiarle, cercando di superare il contrasto tra la pratica in studio e l’ispirazione spontanea che avevo avuto quando le avevo scritte. Viaggiare è molto importante e le canzoni sono come lettere che spedisci nel futuro o come cartoline che arrivano dal passato.
 
E nelle performance live, quanto è importante il feeling con il pubblico? Riesce a essere un fattore determinante e a influenzarvi profondamente?
Sean: Le performance live sono sempre molto differenti le une dalle altre. E ciò non è legato tanto al pubblico, quanto alla struttura in cui siamo, al sound system che abbiamo a disposizione.
Liz: Anche al mood del momento e cosi ogni concerto è inevitabilmente diverso da un altro, e tutte le canzoni e le nostre interpretazioni dipendono veramente dallo stato d’animo in cui troviamo.
Sean: Noi vogliamo divertirci e misurarci di volta in volta con nuove sfide. Non ci interessa di suonare nello stesso modo mille volte.
Liz: Anche perché è tutto in analogico e dal vivo, quindi quando sei sul palco puoi suonare tutto il tempo che vuoi, basta lasciare andare la drum machine e improvvisare un po' di più, lasciandosi guidare giusto dalla tua intuizione.

Ed è facile coordinarvi tra di voi?

Liz: Sì, perché, come accennavo prima, è più di dieci anni che noi suoniamo insieme, quindi ci conosciamo molto bene e conosciamo il nostro “performance style”, quindi se Sean si sente d’improvvisare un’estensione sul finale di una canzone io lo seguo e la estendo semplicemente.
 
Avete appena cominciato un tour europeo che vi porterà dalla Francia, in Spagna, poi in Uk, Italia, Germania: secondo voi, la minimal music di stampo europeo è molto diversa da quella americana?
Sean: Sì, ci sono delle differenze. Io penso che la minimal europea sia vicina a qualcosa di più “originario”.
Liz: Perché in fondo proviene da qui, la “minimal electronic” viene dall’Europa.
Sean: Sì, poi si è diffusa in tutto il mondo tra il 1975 e il 1984, ma il tipo d’identità, lo stile, l’immagine sono senza dubbio europei. Si differenziano l’una dall’altra soprattutto nell’utilizzo della voce...
Liz: E anche già nel suono. Non so, ma c’è qualcosa di più DIY nel suono americano, forse meno limato, non lo so, non sono sicura, ma questa è la mia impressione.

E voi vi sentite più europei o americani?
Liz: (ride)
Sean: Beh questa è una domanda difficile. Io amo l’Europa, ma non potrei mai essere europeo.
Liz: Ma io lo sono!
Sean: Lei lo è… quindi io sono un outsider sia in America che qui! (ride)

E per finire una domanda veloce che richiede un’altrettanto veloce risposta (proibiti lunghi tempi di riflessione): tra le vostre canzoni qual è quella con cui vi identificate di più?
Liz: Beh dal nostro ultimo album è senza dubbio “Par Avion”, la canzone.
Sean: Sì, concordo pienamente (ride).

E tra quelle passate?
Liz: E tra quelle passate, credo “Sentinelle”.
Sean: Mmm per me... emh... “Zuruck” che è stata la prima canzone che abbiamo fatto insieme, di cui non in realtà non esiste alcuna registrazione, ma è stata senza dubbio una delle nostre migliori performance, quindi, sì, “Zuruck” è decisamente una delle mie canzoni preferite tra quelle passate.

Discografia

Vigils (Ep, Xanten, 2006)7
Sentinelle (Wierd, 2009)7,5
Sets & Lights (Wierd, 2011)6,5
Par Avion (Ghostly, 2014)7
Topiary (Ghostly, 2016)7
Hypnos (Dais, 2019)7,5
Vi/deo (Dais, 2021)7,5
Pietra miliare
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