Ain Soph

Ain Soph

I cantori del Kali Yuga

Gli Ain Soph sono un gruppo leggendario in ambito dark-esoterico che, nel corso degli anni, ha saputo conquistarsi un seguito esiguo ma selezionato, raggiungendo un vero e proprio status di culto all'interno della scena oscura italiana e internazionale

di Cesare Buttaboni

Il termine Ain Soph significa “Una delle tre forme del nulla, del non essere, del privo di forma, l’indifferenziato originario”. Non si tratta di una scelta casuale, in quanto mette subito chiaro gli intenti dei protagonisti. Gli Ain Soph utilizzano la magia in maniera creativa e come “scienza dell’io”. La formazione ha subito diverse variazioni (a parte un nucleo centrale) sia in studio che dal vivo. I primi componenti furono Foraenovis e Atrocity Histerics. Tutti i membri degli Ain Soph si nascondono dietro a nomi magici e a lungo il gruppo è stato avvolto da un’aura di mistero. La loro arte si può comprendere appieno solo se si ha una certa affinità con il pensiero della tradizione e con autori come Oswald Spengler, Julius Evola, René Guenon e Erns Junger, oltre che con tutto il pensiero magico. Non a caso sono stati definiti come “i cantori del Kali Yuga”. Tuttavia le loro composizioni hanno una tale forza e suggestione che possono essere tranquillamente apprezzate anche dal profano e da chi non si interessa a questi argomenti. Hanno iniziato la loro attività registrando una serie di nastri non destinati alla pubblicazione, ma intesi come veri e propri rituali “magici”. Si sono formati a Roma nei primi anni 80 dopo un concerto al Piper Club dei Rosen + Kreutz, all’epoca uno dei gruppi fondamentali della scena gotica romana. Nei Rosen + Kreutz suonavano Crucifige e Spectre, futuri membri degli Ain Soph. Avvicinati da Thx e Foranevis, Crucifige abbracciò subito con entusiasmo il progetto (parteciperà come ospite nella prima cassetta e poi si unirà al progetto) mentre Spectre lo troveremo successivamente.

La trilogia magica e Ars regia

Il loro primo disco, intitolato I, pubblicato su cassetta, è ancora oggi un lavoro pregno di un fascino esoterico senza tempo e cattura tutta l’energia di quel mitico periodo. Immaginatevi di essere in una chiesa sconsacrata mentre si celebra una messa nera: è questa la sensazione che avrete ascoltando queste composizioni esoteriche, composte con mezzi e manipolazioni elettroniche estremamente semplici: il risultato è in ogni caso garantito e riuscirà a trasportarvi realmente in un’altra dimensione.
In copertina (nell’edizione in vinile del 1992) troviamo il simbolo dell’aquila romana che tiene fra gli artigli due daghe. Si nota fin da subito un collegamento con la tradizione e con il simbolismo solare trattato in maniera approfondita da Julius Evola in “Rivolta contro il mondo moderno”. In realtà il grande nome tutelare di quest’opera è il famigerato mago Aleister Crowley, scrittore, occultista, poeta, pittore e alpinista: siamo di fronte indubbiamente a una personalità forte e a tutto tondo. Il suo testo più conosciuto è il celebre “Magick”, e proprio a questo testo sapienziale gli Ain Soph hanno attinto per celebrare i loro rituali magici. L’approccio è estremamente naif ma ha una potenza evocativa e un feeling genuino unico.
L’album è diviso in 2 parti e contiene 4 tracce: la prima è un lungo loop infinito e monotono in cui possiamo ascoltare anche rintocchi di campane, percussioni e rumori inquietanti. Il pezzo è stato composto e ispirato dal già citato “Magick” di Aleister Crowley e dall’opera “La magia della cabala” di S.L. MacGregor Mathers. Nelle note di copertina si può leggere questo: “Il pezzo è stato composto dopo la lettura del Rituale ‘del Silenzio e della Segretezza: e dei nomi barbari dell’evocazione’ (Magick) e lo studio dell’opera ‘La magia della Cabala’ di S. L. MacGregor Mathers. Esso costituisce una base per facilitare la ricerca dell’esatta vibrazione (pronuncia) dei nomi barbari. Il ciclo vibratorio predominante nel pezzo, se assimilato da chi lo ascolta, conduce in uno stato fisico e mentale atto a favorire tale ricerca”.
I è diviso in 2 parti e contiene 4 tracce; la prima è molto meditativa: si tratta di un lungo loop infinito e monotono in cui possiamo ascoltare anche rintocchi di campane, percussioni e rumori inquietanti. Il pezzo è stato composto e ispirato dal già citato “Magick” di Aleister Crowley e dall’opera “La magia della cabala” di S.L. MacGregor Mathers. La seconda parte è decisamente più interessante e varia. La prima sezione è degna della colonna sonora di un film horror ed è sempre ispirata dalla lettura di Crowley (descritta nel booklet come “la registrazione di un coinvolgimento reale), mentre la successiva, ispirata dalla lettura di un testo di Paul Huson, ha un’atmosfera realmente mistica che vi porterà in una dimensione oscura alla ricerca di una realtà nascosta.
L’ultima sezione è un rituale esoterico cupo e oscuro, dove vengono recitate formule che descrivono i compiti dell’adepto ed è tratto dal “Liber Cheth” di Aleister Crowley. Indubbiamente viene in mente quanto stavano facendo all’epoca (siamo nel 1984) i primi Current 93, alfieri dell’esoteric-industrial. Tuttavia, rispetto a quanto prodotto dalla Corrente, c’è un approccio più naif e, allo stesso tempo, più mistico e sacrale, che li rende unici. Molto semplicemente, come da loro stessi dichiarato riguardo al paragone con il gruppo di David Tibet e con gli Psychic Tv, “probabilmente, come noi, avevano captato le stesse vibrazioni che si agitavano nell’aere”.
In Italia invece l’esperienza più vicina a quella degli Ain Soph è stata, per certi versi, quella dei Sigillum S, gruppo industrial che, in lavori come "Bardo Thos Grol", ha esplorato universi sonori e mistici affini (non a caso i due gruppi hanno anche condiviso un nastro pubblicato dalla Cthulhu). Tuttavia, nonostante l’evidente rozzezza del materiale sonoro, il fatto che si trattasse di un'esperienza che andava al di là del mero discorso musicale rendeva e rende in qualche modo unici questi esperimenti.
In questa prima incarnazione, Ain Soph erano Foraenovis e Atrocity. Certo, per apprezzare appieno questo tipo di musica è sicuramente importante provare anche un po’ di interesse per tematiche “esoteriche”, ma non è strettamente necessario: se avete il gusto estetico per l’avanguardia esoterica dei primi Current 93 e per certo dark-industrial, troverete pane per i vostri denti.

artist_7378_01Il successivo II vede la formazione allargarsi: entrano Claudedi, Crucifige, Emma e Katia. La copertina è di color giallo e replica la grafica della prima cassetta. Come da loro dichiarato, “il disegno raffigura la Tavoletta dell’Unione (prevista dal sistema di Enoch) o dello Spirito ed è la sintesi delle tavolette relative ai quattro elementi fondamentali: acqua, aria, terra e fuoco”.
Dal punto di vista musicale le coordinate rimangono le stesse, anche se lo sonorità diventano più stratificate. L’atmosfera è sempre quella di un rituale occulto e il tutto suona come una una sorta di messa satanica. Può venire in mente il paragone con i dischi degli Jacula (leggendario gruppo dark-prog italiano del compianto Antonio Bartoccetti) e con alcune cose di Paul Chain, ma questo solo a livello di sensazione, in quanto gli Ain Soph hanno un loro suono riconoscibile. Si tratta di un lavoro di oltre 70 minuti diviso in tre lunghe composizioni. Si nota una maggiore cura nella manipolazione dei suoni: l’effetto è ancora più efficace del pur ottimo esordio e l’atmosfera creata assomiglia un autentico “concerto dell’orrore”. La prima traccia, intitolata “Prima Chiave”, ha dei riferimenti espliciti al linguaggio “enochiano”. La leggenda vuole che questo idioma sia stato rivelato da un angelo a John Dee e Sir Edward Kelly. Una voce invasata recita testi esoterici ed è accompagnata da cupi rimbombi e da sonorità occulte e malate. Gli altri pezzi sono caratterizzati da ambientazioni non lontane dal dark-ambient e dall’industrial.
Sul piano estetico II è probabilmente il miglior disco della trilogia.

In III troviamo invece grande protagonista Crucifige, tanto che sarebbe più corretto parlare di un suo disco solista. Ma dal punto di vista etico ed estetico rimane comunque un lavoro degli Ain Soph. Il lavoro presenta materiale eterogeneo. Il pezzo forte è “Rituale OO”. Come si può leggere nel booklet, la composizione è concepita unicamente come “base per un rito di Bhakti Yoga ed è utilizzabile anche come base per concentrazione rituale”. Chiaramente l’aspetto formale ed estetico viene messo in disparte, a favore di quello filosofico ed esoterico. Purtroppo questo è il limite di questi esperimenti che, alla fine, risultano prolissi e noiosi alle orecchie di chi non ha un interesse particolare per queste tematiche. Tuttavia, se ci pone con il giusto approccio, sono innegabili le suggestioni meditative e ipnotiche di questa musica.
Il lato B comprende invece 3 capitoli che si avvicinano di più a quanto già ascoltato in I e II. Il primo movimento, intitolato evocativamente “Il fallimento di Gesù”, è un ambizioso esperimento di Crucifige nel solco dei Current 93 di “Nature Unveiled”. Crucifige fa tutto da solo e riesce a creare una genuina atmosfera esoterica e parareligiosa. Tuttavia siamo molto lontani dai livelli della Corrente anche a causa di una registrazione pessima, peggiore persino delle prime incisioni dei primi lavori. Tuttavia si manifesta una tensione tenebrosa e apocalittica non disprezzabile.
Il secondo movimento, “Oscurità visibile”, è caratterizzato dalle sonorità minimali delle tastiere su cui si sovrappone il vocione di Crucifige. Il brano risulta privo di spessore e, sinceramente, fine a se stesso. Chiude l’album l’ultimo movimento, ovvero “L’immondizia, la città, e la morte”: si tratta di un loop infinito di manipolazioni elettroniche a cui viene sovrapposta una voce che recita litanie incomprensibili. Qui Crucifige si ricollega al materiale dei due album precedenti, ma con minor efficacia. Tuttavia, al di là di qualche limite, non si può negare una certa originalità a queste composizioni. Notevole risulta poi la dura critica del mondo moderno e alla cilvità occidentale. Le sonorità di questi nastri sono avvolte da un’atmosfera esoterica e mistica, degno accompagnamento di un libro di Julius Evola o di un romanzo occulto di Gustav Meyrink.

Per fortuna il valore di queste registrazioni non passerà inosservato, tanto che di loro si interesserà la Misty Circles. Questa etichetta pubblicherà in cassetta i primi 3 lavori a nome Ain Soph, che costituiscono una vera e propria trilogia del pensiero magico. Successivamente la trilogia verrà ristampata in cd dalla meritoria Old Europa Cafe.

Con Ars Regia, uscito su cassetta per la Nekrophile Records nel 1986, gli Ain Soph compongono il loro capolavoro di magia cerimoniale. L’album sarà poi ristampato in cd dalla stessa Nekrophile nel 1992 e dalla francese Athanor nel 2003 (con 2 copertine di diverso colore, per la precisione 900 esemplari in colore verde e  100 in rosso). Come scrive Marco Deplano nelle note di copertina, Ars Regia è probabilmente "uno dei lavori più completi mai partoriti dal circolo esoterico romano Ain Soph, il quale trascende il concetto di band dedicando ogni istante della propria Arte a qualcosa di superiore, un qualcosa che non è alla portata di coloro che perdono loro se stessi nella spirale creata dall’implosivo vortice della modernità".
Si tratta di un’opera nera pregna di concetti alchemici. L’Ars Regia è stata trattata nello specifico da Julius Evola in “La tradizione ermetica”. Per Evola, l'Ars Regia è una delle vie iniziatiche occidentali per raggiungere uno status spirituale superiore. Gli Ain Soph non sono mai stati così oscuri e occulti come in questo disco, un autentico scrigno oscuro carico di significati.
Musicalmente qui gli Ain Soph uniscono la musica meditativa e dark-ambient con un afflato liturgico. Il risultato è molto affascinante e, a mio avviso, superiore alla stessa trilogia. Dopo la traccia iniziale "V.I.T.R.I.O.L.", un maestoso mantra cerimoniale, è la volta di “Credo”(G. Kremmerz)”. Si tratta di un lungo loop ipnotico in cui si ha la vivida sensazione di trovarsi in una cripta sotterranea durante la celebrazione di un rituale antico. Gli Ain Soph non sono mai stati tanto intensi ed evocativi come in questo pezzo, da ascoltare al buio in religioso silenzio. “Lapis Niger” è caratterizzata da ambientazioni liquide e dark-ambient. In “Honorii Ponteficis Evocatio” riluce un sontuoso organo a canne che crea un’atmosfera cupa e sacrale.
Sul lato B “Gradalis” è una lunga invocazione elettronica meditativa macabra ed ermetica. La conclusiva “Apanathismos” continua il rituale in maniera lugubre: come scrive Aldo Chimenti in “Rumori sacri”: “È l’ultimo passaggio del rito in cui gli elementi si ricompongono in una forma più pura, l’opera al rosso (Rubedo) che promette il conseguimento della pietra (oro) filosofale". Non sono molto imparziale, in quanto questo è il mio disco preferito degli Ain Soph anche se l'album successivo del 1988 gli è superiore sul piano formale.

Kshatriya: la via dell'azione

unnamed.000_01Kshatriya
è un termine sanscrito che indica “la casta dei guerrieri”. Si tratta di un lavoro molto importante nella carriera “ainsophiana” in quanto, per la prima volta, viene lasciata da parte la musica strettamente liturgico-rituale per creare qualcosa di diverso, un modello etico che attinge agli antichi insegnamenti della Tradizione: il guerriero Kshatriya visto come simbolo dell’azione in un mondo contemporaneo di rovine. Dietro a questa concezione, ci sono pensatori come Oswald Spengler, l’autore di “Il tramonto dell’occidente”, Rene Guénon e ancora una volta Evola con il suo “Rivolta contro il mondo moderno”.
Si tratta del loro primo disco stampato in vinile, che mostra, in copertina, una bella immagine di una scultra di Ares opera di Lisippo. Ma, al di là di questi riferimenti comunque importanti per capire il contesto culturale degli Ain Soph, il disco è stupendo. La musica primigenia contenuta nella trilogia fatta di oscuri loop circolari lascia il posto a una maggiore strutturazione formale. I semi di questo lavoro erano già stati gettati comunque in Ars Regia. Per l'occasione i membri di questa registrazione erano Clau-D.E.D.I., Crucifige, Eliana, Forenovis, Stavrogin e Corrado (Circus Joy).
La prima traccia “Decimus Gradus” è caratterizzata da un loop di pianoforte accompagnato dalla bellissima voce di Eliana, cantante del Coro dell’Opera di Roma. La successiva “Monsalvat” è avvolta da un’aura sulfurea: l’inizio ricorda i primi esperimenti rituali, poi il suono alterato di un violino collegato ai distorsori della chitarra e quello di un organo a canne rendono l’atmosfera generale sacrale e pagana: le parole sono attinte dal “Book Of Thoth” di Crowley. Con "I.A.O." il tono diventa satanico e occulto: oscuri rimbombi ci portano in una dimensione via via sempre più sacra e mistica, mentre una voce che sembra provenire da oscure catacombe di un’epoca passata recita in trance un testo in latino (“In Deus Nascimur, in Jesu morimur, per Spiritu Sanctum reviviscium”). La title track incarna lo spirito dello Kshatriya attraverso il testo recitato da Corrado Mancini dei Circus Joy, mentre la musica è una sorta di caos organizzato in cui distorsioni di chitarra, pianoforte e basso creano un magma tellurico di rara potenza. Chiude questo album straordinario la lunga - 14 minuti - “Stella Maris”, composizione elegiaca e oscura in cui un celestiale canto femminile ci introduce verso atmosfere rituali in cui una voce spettrale recita un testo criptico in latino.
Con Kshatriya gli Ain Soph si mettono sullo stesso livello dei primi Current 93 (pur conservando un loro linguaggio riconoscibile) e creano un’opera che, ancora oggi, è vista come una vera e propria pietra d’angolo del genere rituale esoterico.

Nel 1989 esce una cassetta per la Chulhu. Si tratta di uno split senza titolo con i mitici Sigillum S ufficiosamente conosciuto come Simulacra. Le 3 tracce presenti ci mostrano gli Ain Soph esoterici al loro meglio: “Rex Tremendae” riesce a creare un’atmosfera da messa nera in cui la voce di Crucifige riecheggia un canto gregoriano, mentre la musica alterna momenti pacati ad altri luciferini. La successiva “Estey” è una delicata ballata medievale in cui si anticipa quella che sarà la svolta “cantautorale” del gruppo, ma viene subito seguita dalla dirompente “Katabasis”.
L’ultima traccia è invece un lied del XII secolo scritto da Jacques De Cambrai con il testo in francese che è un’ode alla Vergine Maria: emerge un autentico e sincero senso del sacro – scandito dalle imponenti sonorità liturgiche dell’organo – che porterà in seguito Crucifige a diventare un sacerdote.
Il disco è stato ristampato nel 2016 in cd dalla Old Europa Cafe.

Nel 1990 gli Ain Soph se ne escono invece con un disco diverso, che si presenta con una bellissima copertina raffigurante un bel bimbo biondo avvolto da bolle di sapone. Ain Soph viene pubblicato dall’olandese Staalplaat in cassetta e, successivamente, in cd. Ci sarà anche un’edizione sempre in cd della Elfenblut.
Già la grafica inconsueta lascia trasparire la volontà di differenziarsi da tutto il calderone industrial esoteric del periodo, fatto di immagini truci e parareligiose. In realtà la prima traccia, intitolata “V Chiave di Enoch”, si riallaccia tematicamente alla magia rituale già esplorata in passato, anche se la musica (sempre minimale) è qui più ariosa, ecclesiastica e meno cupa. La successiva “Giahilya” è un breve strumentale per pianoforte e tablas.
Con “Azazel” troviamo Crucifige ispirato alla voce, in quello che è una sorta di inno accorato a questa divinità del pantheon giudaico. Notevole anche “Hand In Hand”, costruito sui testi del Flauto Magico. “La Route” presenta i testi in francese di Roger Arnaud Rivière, mentre “Chorale I” e “Chorale II” sono due lieder cantati in tedesco. Ma il momento forse più intenso di tutto il disco è “Datemi pace”, che musica testi di Francesco Petrarca.
Il disco è valido ma è chiaro che qualcosa è cambiato: la musica ha sempre una sua forza magnetica anche per la grande interpretazione di Crucifige, ma siamo di fronte a un lavoro di transizione - come da loro stessi ammesso. Si tratta del preludio a quella che sarò la loro svolta “etica” che avverrà con l'album successivo.

Dalla magia all'etica e le forze dell'antitradizione

11406618_10153522043106874_687556864049607416_o_02In Aurora si passa alla forma canzone e a un approccio che mette in primo piano l’etica. Indubbiamente si tratta di un punto di svolta nella loro carriera. Griffato in copertina da un ritratto di Julius Evola, è un lavoro in cui si evoca la caduta del mondo della tradizione a causa delle democrazie e del liberalismo. Come recitano le note di copertina “Ogni lavoro compiuto - e questo non fa eccezione - dovrebbe prima di tutto spiegarsi da solo: con i suoi pregi e difetti che ognuno a suo modo percepisce e valuta. Queste note sono perciò rivolte soprattutto a quegli ascoltatori che da tempo seguono il nostro lavoro, e certo noteranno un cambiamento: dal rumore alla musica, dalla magia all’etica”.
Si tratta di una sorta di concept che prende spunto dalle memorie di un repubblichino all’indomani dell’8 settembre 1943 e deve qualcosa anche a un libro come “I proscritti” di Ernst Von Solomon, un testo culto per certa destra radicale (narra l’epopea dei Freikorps tedeschi) ma che è in ogni caso un capolavoro potente e molto evocativo.
Musicalmente il disco fa gridare al tradimento i seguaci talebani dell’esoteric industrial. Tuttavia rimane, anche in questa nuova fase filosofica ed artistica, un linguaggio riconoscibile che appartiene solo agli Ain Soph e che ha una sua linea portante ben precisa. Musicalmente il gruppo si avvicina a una sorta di cantautorato dal gusto rétro fra Paolo Conte e Jacques Brel, mentre la figura di Evola aleggia su tutta l’opera. Il sound è lontano dal contemporaneo neofolk di Current 93 e Death In June e recupera invece la tradizione della canzone italiana.
Non mancano imperfezioni: il cantato di Crucifige non è sempre impeccabile, anche se le sue interpretazioni e il suo carisma non si discutono. Tecnicamente lo stile è molto naif e le composizioni (caratterizzate dal suono delle chitarre acustiche e dal pianoforte) appaiono troppo semplici. Ma, nonostante questi limiti, Aurora avrà un certo successo sotterraneo, tanto da essere adorato da Albin Julius dei Der Blutharsch e da influenzare molti nomi della scena martial-industrial, oltre a gruppi come Ballo delle Castagne, Egida Aurea, Ianva e L’Amara.
Fra le canzoni da ricordare spiccano l’iniziale, frizzante e simbolica “Tutti a casa” (che narra degli eventi successivi all’8 settembre del 1943) e la disillusa e struggente “Gli amanti tristi”. Ma personalmente ho apprezzato molto i brani cantati in francese (“Ramayana”, “Liberté ou mort”, “Vent”) che paiono provenire da qualche cabaret all’alba dell’Apocalisse, mentre in “Le Départ” viene utilizzato un testo del grande scrittore argentino Jorges Luis Borges. “Tempi duri” è invece una gustosa combat-song, molto esplicita nel testo. Oltre a Crucifige al canto, figurano nella line-up ClauD.E.D.I. al basso, Von Sebottendorff alle tastiere e Spectre alle chitarre.
Pubblicato in origine dalla Chulhu nel 1992, Aurora sarà poi ristampato dalla Old Europa Cafè in versione standard e anche in una speciale edizione limitata e numerata.

Bisogna attendere il 2002 (quindi 10 anni) per vedere pubblicato il nuovo disco, intitolato Ottobre. Come si può leggere nelle note di copertina, “Ottobre costituisce la naturale continuazione concettuale di Aurora; ma mentre lì si affrontava il mondo della tradizione qui ci si immerge nella manifestazione più virulenta delle forze dell’anti-tradizione, ossia il comunismo”. Anche qui abbiamo un concept, incentrato stavolta sul punto di vista di un giovane russo alle prese con il crollo del comunismo. È un lavoro incentrato sulla dicotomia tradizione-antitradizione. La loro visione risulta però un po’ troppo schematica e tende a giudicare in maniera semplicistica il comunismo come il male assoluto.
Dal punto di vista musicale il disco è meno scarno del predecessore, e le composizioni sono più ariose ed elettrificate. Il sound si avvicina per certi versi a una psichedelia oscura e gotica (ai nostri piacciono molto i Velvet Underground). La chitarra elettrica è molto presente e caratterizza le sonorità di quasi tutte le tracce. Il punto debole è però la voce, che appare limitata, anche se l’interpretazione non è disprezzabile.
Pur avendo un suono più articolato di Aurora, Ottobre non ne possiede però il fascino. Sicuramente da ricordare la lunga “Le nevi eterne” (viene in mente l’Evola di “Meditazioni delle vette”) che rappresenta il pezzo forte del disco. In “Falce, Svastica e Martello” si rievoca invece il famigerato patto di non aggressione Molotov-Ribbentrop.
A lungo andare emerge un po’ di stanchezza, ma il marchio degli Ain Soph resta sempre ben riconoscibile. In questo disco il gruppo è formato da Spectrae (chitarra e programmazioni ritmiche) che ha sostituito Crucifige diventato, come si diceva, un sacerdote, da Frater Vitriol al basso e da Ezov alle tastiere.

Il rituale continua

10847236_10153067002306874_6568964211192810460_o_01La Old Europa Cafè ha pubblicato anche Rituals (prodotto dallo stesso Rodolfo Protti, boss dell’etichetta), un mitico “live” risalente al 1985, dunque al primo e leggendario periodo degli Ain Soph. Come recita il booklet, si tratta di un concerto privato dal vivo registrato “in una mansarda di un elegante palazzo del 1800 a Piazza Venezia”. Per l’occasione gli Ain Soph erano Thx/Crucifige/Foraenovis/ClauDEDI.
In Rituals possiamo ascoltare alcuni brani tratti da I e II. La musica è oscura, quasi una sinfonia dell’orrore e una degna colonna sonora di un film sulla magia. Una registrazione irrinunciabile per chi ha amato la loro prima trilogia.
Andrebbe poi segnalato anche il singolo "Baltikum", sicuramente uno dei loro pezzi più apprezzati: si tratta di un travolgente anthem elettrico e punk ispirato al citato libro di Ernst Von Solomon “I proscritti”.

Dopo una lunga assenza, gli Ain Soph infine ritornano nel 2018 con un disco in cui si riconosce sempre il loro stile, ovvero Finis Gloriæ Mundi. Il titolo si riferisce a un libro attribuito all’alchimista Fulcanelli, l’autore de “Il mistero delle cattedrali”. Prendendo spunto da questo testo, il gruppo si concentra sull’abisso morale e materiale in cui sono cadute le civiltà nel mondo attuale: ne emerge  una visione apocalittica e pessimista della realtà, in cui sembra esserci solo spazio per l’oscurità.
La prima traccia “Vanità” è un trascinante mantra rock psichedelico orientaleggiante che deve sicuramente qualcosa ai Velvet Underground. La successiva “Ombre nel silenzio” inizia in maniera sperimentale per poi diventare una classica ballata folk in cui viene recitato un testo di Pasolini. “Figli di nessuno” è una sorta di cabaret apocalittico che potrebbe essere suonato in qualche locale fumoso in un prossimo futuro decadente.
In “Gos At Home” troviamo invece come ospite alla voce Annabel Moynihan dei Blood Axis che recita uno scritto di Meister Eckart, famoso teologo e religioso tedesco, mentre “Screams Form The Abyss” è una danza elettronica futurista in cui si ripete l’ossessivo ritornello di “Nothing Is True, Only Roxy Music in Ipad”. La conclusiva “L’Angelo sterminatore” è una sorta di ritorno alla musica rituale delle origini in cui si cita Bunuel e si recuperano la tradizione cristiana e la Sacra Bibbia. C’è spazio anche per una orrorifica ghost-track che sembra uscire da uno dei primi lavori del gruppo.
Finis Gloriæ Mundi è un altro tassello fondamentale dell’epopea degli Ain Soph, che si confermano come una delle realtà più incisive della scena oscura italiana.

Nel 2021 viene ristampato e rimasterizzato Live at Paper Club 1986, il live del loro primo concerto, risalente agli anni Ottanta. L'album esce in cd digipack limitato a 616 copie. Siamo di fronte ad un documento unico. Suonare una certa musica nel tempio del Beat, di quella cultura rock angloamericana sempre assimilata con tanta solerzia dagli italiani, era un atto rivoluzionario. Dal dissacrare al riconsacrare: in fondo, potremmo definirlo un esperimento sonoro alchemico. Dal vile metallo, all’oro in un tentativo di elevarsi dalla banalità dell’edonismo rock mente la gente in sottofondo gridava: “basta!” (e altri insulti). Altri, in pochi ovviamente, avrebbero applaudito e apprezzato. Certi rituali non sono per tutti.

(Contributi di Marco De Baptistis in Finis Gloriæ Mundi e Live at Paper Club 1986)

 

Ain Soph

Discografia

I(Autoprodotto 1984)
II (Misty Circles 1985)
III(Misty Circles 1985)
Ars Regia (Nekrophile Rekords 1986)
Live At Piper Club(Misty Circles, 1986)
Kshatriya(Misty Circles 1988)
Ain Soph / Sigillum S (Cthulhu Records 1989)
Ain Soph (Staalplaat, Staaltape 1990)
Aurora (Cthulhu Records 1992)
Октябрь (Old Europa Cafe,Misty Circles 2002)
Rituals (Old Europa Cafe 2003)
Prima dell'Aurora (Hau Ruck! SPQR 2004)
Finis Gloriæ Mundi (Old Europa Cafe 2018)
Live At Piper Club 1986 (SPQR, 2021)
Pietra miliare
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