A volte, per decretare la riuscita ottimale di un concerto, o di uno spettacolo nel senso più ampio del termine, basta un piccolo gesto fatto da poche persone, non necessariamente compiuto dalla band o dall'artista sul palco. Possono essere sufficienti anche un ragazzo e una ragazza che decidono di rompere l’austerità di un teatro, andandosi a posizionare in piedi a ridosso del palco.
E’ quello che è successo all’Antoniano di Bologna, per l’atteso concerto dei Daughter, andato sold-out in prevendita per la bellezza di circa 600 tagliandi staccati, numeri importanti per una band con all’attivo un solo disco ("If You Leave") e non particolarmente adatta a passaggi radiofonici, soprattutto in Italia. Il teatro bolognese ha da qualche tempo avviato una sinergia con un altro nome storico del capoluogo emiliano, ovvero il Covo Club, ospitando nomi come John Grant, Low e in ultimo proprio la band londinese. Fra le altre cose, Bologna nell’arco di 10 giorni può vantare una serie di concerti da far invidia a qualsiasi altra città italiana: Local Natives, Steven Wilson, Suede, Suuns, Mark Lanegan (oltre ovviamente ai Daughter) sono i nomi di punta di un novembre particolarmente intenso.
La scelta del teatro come location porta alcuni vantaggi correlati, primo fra tutti il rispetto degli orari annunciati, cosa sempre più rara ormai da queste parti; il set di Majke Voss Romme aka Broken Twin inizia dunque alle 21.15 e si fa apprezzare per la personalità che quest’artista danese mette in campo. Lei alla tastiera e violino affidato a Nils Gröndahl, per composizioni minimali e struggenti, impreziosite dalla voce davvero impressionante della Voss Romme; la biografia ufficiale recita a proposito delle sue canzoni: “Comprendono la solitudine, l’amore e riflettono i pensieri di una ragazza che sta entrando nell’età adulta, fissandosi sul concetto di toccare le persone portando nel mondo qualcosa di bello”. Un Ep all’attivo (“Hold On To Noghing”) e un Lp in fase di completamento, Broken Twin sarà con molta probabilità uno dei nomi da tenere d’occhio per il prossimo anno.
Tutt’altra attenzione però riscuotono gli headliner della serata, quando salgono sul palco intorno alle 22.15: pubblico, molto traversale dal punto di vista anagrafico, già in adorazione, ma comunque seduto, composto e rispettoso. Pure troppo forse, anche per gli standard dei Daugher, tanto che già alla fine del secondo brano Igor Haefeli invita i presenti ad alzarsi, qualora lo volessero. Invito che però cade nel vuoto, forse per eccessiva ritrosia del pubblico italiano, capace di parlare ininterrottamente per tutta la durata di un concerto in un club, ma timoroso anche solo di respirare una volta seduto a teatro. Così, per un quarto di concerto si assiste a una performance perfetta dal punto di vista stilistico e sonoro - altro vantaggio del trovarsi a teatro - ma poco empatica (specie per chi si trova a fondo sala): un fattore non da poco per un gruppo che fa dell’empatia uno dei propri punti di forza. “You’re a very respectful audience” arriverà a dire Igor Haefeli, quasi imbarazzato da cotanto immobilismo. Del fatto che i Daughter sul palco ci sappiano realmente fare e che non siano declinabili solo come “frutto dell’hype”, ne avevamo già avuto conferma nel precedente passaggio in Italia e da allora possiamo dire che il set dei londinesi è addirittura migliorato.Elena Tonra e Haefeli sono i due veri catalizzatori d’attenzione della serata: la prima grazie a quel misto di timidezza/spontaneità che suscita simpatia al primo impatto, oltre chiaramente per via del ruolo centrale come autrice/cantante; il secondo è la mente musicale del progetto, colui che, più degli altri, crea e inventa per dare alle canzoni quel tocco di valorizzazione in più nella loro veste live. Ma dicevamo, in apertura di questo report, come un semplice piccolo gesto possa fare la differenza: è quello che accade durante l’esecuzione di “Winter” quando due ragazzi vanno a posizionarsi in piedi a ridosso del palco. Da qui a far alzare in piedi metà teatro è questione di un attimo: molti vanno a sedersi in terra, davanti alla prima fila, altri si sistemano in piedi, occupando gli spazi laterali e la zona centrale, colmando così con la loro presenza fisica a ridosso del palco, la distanza emotiva che finora li aveva separati dalla band sul palco. Il concerto a questo punto decolla: i Daughter sul palco si sciolgono, complice l’atmosfera informale - per gli standard teatrali - che si viene a creare; il pubblico, pur mantenendo il dovuto “rispetto” per il luogo, è finalmente libero di muoversi e trasmettere anch’esso qualcosa alla band. Il resto lo fanno i miglioramenti che la band mostra di aver compiuto rispetto a pochi mesi fa, grazie a qualche accorgimento in orbita Xx in fase di arrangiamento dei brani; highlight della serata una relativamente movimentata “Candles” e l’ormai inno “Youth”, dove questa volta non registriamo il singalong del pubblico, ma piuttosto un sussurro diffuso: tutti sanno le parole, ma nessuno vuole rovinare il momento magico.
Il bis è ancora affidato a “Get Lucky”, cover che certamente ha portato fortuna e tanti nuovi fan alla band inglese, e non ci sentiamo di escludere che diverse persone presenti in sala si siano approcciate ai Daughter per la prima volta proprio grazie a questa versione del brano dei Daft Punk. Questa sera l’esecuzione è decisamente più curata e meno improvvisata rispetto a luglio, quando, presi alla sprovvista, i Daughter si erano visti costretti a un encore richiesto a gran voce; segno che ora questo terzetto di giovani inglesi è ben consapevole dell’affetto e del seguito che nel giro di un anno circa è riuscito a ottenere dalla propria fanbase.
La serata finisce così, con un assalto al banchetto del merchandising e tante facce soddisfatte, tutte concordi sull’aver assistito a un’ottima performance.
Un ringraziamento particolare a Martina Gibertini per i contributi fotografici.
Still
Amsterdam
Love
Landfill
Winter
Candles
Shallows
Human
Smother
Tomorrow
Youth
Home
Encore:
Get Lucky (Daft Punk cover)