La stagione invernale al Covo Club di Bologna è cominciata quest’anno davvero nel migliore dei modi e all’insegna di significative novità: il sorprendente sold-out fatto registrare dagli M+A nella serata di apertura è servito infatti anche per testare ufficialmente il nuovo impianto audio, importante miglioria per un locale prossimo a festeggiare il venticinquesimo anno di attività. Nonostante si sia solo agli inizi, il programma propone già uno degli appuntamenti più attesi dell’anno: la coppia Angel Olsen-Rodrigo Amarante.
La concomitanza con un evento di portata nazionale come il RoBOt Festival ci aveva fatto presagire il peggio in termini di presenza del pubblico, ma saremo piacevolmente smentiti. La sala concerti del Covo offre un buon colpo d’occhio, grazie anche ai numerosi supporter di Rodrigo Amarante. Definire un musicista come Amarante come “spalla” ci appare assai riduttivo, vista la lunga carriera musicale del brasiliano: più corretto sarebbe definire l’ex-Los Hermanos come co-headliner. Il suo è un set acustico dove a farla da padrone sono i brani dell’esordio solista “Cavalo”, senza dimenticare qualche classico dal passato.
I brani sono eseguiti con un’intensità rara e seguiti dal pubblico in un silenzio quasi religioso, come se si temesse di spezzare l’incantesimo messo in piedi dal cantautore sudamericano. Amarante canta indistintamente in tre lingue - portoghese, inglese e francese - senza alcuna difficoltà e senza lasciare nulla del proprio talento per strada. La tensione si spezza solo negli intervalli fra una canzone e l’altra, quando Rodrigo intrattiene il pubblico con battute sul tiramisù e nel finale, mentre Amarante viene scortato giù dal palco una volta terminato il proprio tempo.
Un rapido cambio palco e Angel Olsen è pronta assieme alla band. Il suo “Burn Your Fire For No Witnesses” è uno dei dischi più discussi e, di conseguenza, apprezzati dell’anno e ha consacrato la cantautrice del Missouri come una realtà consolidata dei circuiti alternativi. La doppietta iniziale “Free”-“Drunk And With Dreams” è davvero da brividi, la Olsen mette subito in mostra delle doti vocali fuori dal comune. L’artista sarebbe in teoria anche leggermente malata, come lei stessa ammette, ma questo non ne scalfisce minimamente la performance e se non fosse per qualche leggero colpo di tosse fra un brano e l’altro non ce ne accorgeremmo nemmeno.
Fa impressione vedere come rapidamente cambi lo sguardo di Angel Olsen: tesissimo, concentrato durante l’esecuzione dei pezzi e, una volta portati al termine, eccola distendersi e sorridere. Il live mette in luce anche l’anima elettrica della cantautrice di casa Jagjaguwar: la parte centrale del set è caratterizzata da sonorità più ruvide, con brani come “Lights Out” o “High Wild” portati verso il limite consentito. La Olsen è l’elemento catalizzatore sul palco, con i suoi gorgheggi e la sua presenza statica.
In un’altalena emozionale che va dall’intensa “Acrobat” alla elettrizzante “Sweet Dreams”, ci si avvicina al finale passando per uno degli highlight della serata: “Hi-Fi”. La conclusione è affidata a “Iota” che, per gli ultimi sette minuti in compagnia della magnetica statunitense, ci riporta al clima intimo iniziale.
Un’ottima serata di musica non c’è che dire, di quelle che vorremmo vivere spesso.