31/03/2014

Toy

Circolo degli Artisti, Roma


Corsi e ricorsi storici. Quante volte abbiamo la sensazione di aver visto o ascoltato una band come i TOY dagli anni 60 ad oggi? Trame psych-pop-rock che si intrecciano con rigurgiti kraut e post-punk, melodie assassine immerse in una coltre di elettricità, dove la voce emerge a stento e i synth disegnano architetture lisergiche. Sono giovani, sono belli, c’è la tastierista figa (Alejandra Diez, spagnola) e pure il cantante (Tom Dougall, fratello minore di Rose Elinor delle Pipettes) che pare la reincarnazione di Richard Ashcroft (non che sia scomparso, eh!), sia per via dei lineamenti del viso, sia per l’aspetto da eterno imbronciato.

Le abbiamo viste o ascoltate un migliaio di volte proposte di questo tipo, eppure i TOY hanno qualcosa che ci rapisce, qualcosa che sa catturarci, e che nel nostro immaginario li fa elevare dalla massa di nuove band in circolazione. E in effetti sembrano davvero fra i più promettenti gruppi della nuova generazione inglese, forti di due album che hanno per una volta messo d’accordo sia pubblico che critica. Rispetto al tour precedente, risalente a poco più di un anno fa, oggi i ragazzi hanno un disco in più in carniere, e possono proporre una sorta di best of delle due produzioni, innalzando ulteriormente la già buonissima qualità media del proprio spettacolo.

Se le danze sono aperte egregiamente dallo strumentale “Conductor”, nel quale basso e chitarre si scambiano i ruoli, ergendo il primo a strumento solista e imponendo alle seconde il ruolo ritmico, è con i due pezzi-manifesto incisi finora che il set s’impenna. “Dead And Gone” (dall’album d’esordio) e “Join The Dots” (title track dell’opera seconda, pubblicata a dicembre 2013) sono le tracce più intense ed elaborate fin qui incise dal gruppo, e la dimensione live conferisce loro ulteriore status, in particolare quando la band si sente libera di lasciarsi andare a un po’ di sano noise, infierendo sulle sei corde e lanciando a briglie sciolte le pedaliere multi-effetto e i potenziometri dei synth.

Il valore aggiunto, rispetto alla stragrande maggioranza delle formazioni psych-rock di area inglese attualmente in cerca di visibilità, risiede proprio nella capacità di unire la tradizione psichedelica britannica con certe divagazioni rumoristiche d’origine newyorkese (ah, gli intramontabili Sonic Youth…), incastonando il tutto in maniera assolutamente naturale, senza forzatura alcuna. Aggiungendo a questi ingredienti un approccio motorik tipicamente kraut, delineato soprattutto dall’incessante lavoro di basso e batteria (con l’effetto di rendere le canzoni anche ballabili), ecco che i TOY si stanno ritagliando uno spazio piuttosto personale all’interno del panorama musicale contemporaneo.

Il concerto dura un’ora e un quarto, quindi non tantissimo, ma lo spazio temporale è sufficiente per dimostrare tutte le indiscutibili qualità del quintetto, il quale raccoglie applausi dal pubblico presente (buona l’affluenza nonostante si tratti di un lunedì) e lascia la scena senza concedere bis. Alla fine della serata la sensazione è quella di aver assistito allo show di una band già matura e compiuta, nonostante l’ancora giovanissima età dei componenti, e con immensi ulteriori margini di crescita. A dispetto della bontà del materiale sin qui confezionato, l’impressione è che il grande capolavoro debba ancora arrivare, e sia ormai alle porte. Speriamo che i ragazzi non si perdano per strada.

Setlist

  1. Conductor
  2. Colours Running Out
  3. Too Far Gone To Know
  4. Dead And Gone
  5. You Won’t Be The Same
  6. Endlessly
  7. Kopter
  8. As We Turn
  9. Left Myself Behind
  10. It’s Been So Long
  11. Fall Out Love
  12. My Heart Skips A Beat
  13. Motoring
  14. Join The Dots

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